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L'attacco contro l'Istituto di previdenza dei giornalisti è l'ultimo anello di una catena insidiosa. Vi spieghiamo perché
Post n°5729 pubblicato il 23 Dicembre 2011 da cile54
Governo Monti: attacco frontale all'editoria
L’attacco alla libera informazione è frontale. Subdolo e violento. Al grido di “La casta, la casta!” - che attira immediata simpatia popolare - il governo Monti sta in realtà minando le fondamenta della complessa architettura creata per tutelare l’autonomia dei giornalisti. Una autonomia indispensabile, vitale, che in altri tempi - lontanissimi - ne facevano il Quarto Potere: quella autonomia che serve per garantire spazi alla libera informazione, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, perché i cittadini sappiano cosa avviene davvero nel loro Paese. Un baluardo di democrazia.
Non sono tutti Minzolini e Vespa
Non stiamo parlando dei Minzolini o dei Vespa. Né della “casta” dei giornalisti - che pure c’è, e sta forse in mezza paginetta, in una categoria di 70mila persone dove i trentenni con contratto regolare guadagnano in media poco più di 30mila euro l’anno, e la maggioranza dei giovani (e ormai anche dei meno giovani) è precaria e spesso vittima dello scandalo di articoli pagati una manciata di euro.
Attacco concentrico
Un attacco concentrico: via l’Ordine professionale, in nome delle liberalizzazioni (sono anni che, di governo in governo, giace nelle Commissioni parlamentari la bozza di una seria e radicale riforma: perché l’Ordine non può servire a “fare casta”, ma semmai, al contrario, per sanzionare chi non rispetta l’etica e la verità); via i contributi all’editoria, via l’istituto di previdenza dei giornalisti… via anche il contratto di lavoro, così vecchio visto che festeggia i 100 anni? (per la ministra Elsa Fornero, invitata alle celebrazioni dal Sindacato, ma che ha evidentemente scarso senso dell’ospitalità, sarebbe infatti diventato anacronistico).
Fondi per l'editoria e Inpgi sotto tiro
Ma i punti d’attacco cruciali sono quelli legati al denaro: Fondo per l’Editoria e Inpgi, l’istituto di previdenza. Il Fondo per l’editoria è un ennesimo caso all’italiana, di cui i giornalisti per primi hanno denunciato lo scandalo: in nome della libertà di pensiero voluta dalla Costituzione, il denaro che doveva sostenere l’impresa delle cooperative, dei giornali di idee e di partito, dei giornali per gli italiani all’estero, è finita anche nelle tasche dei vari Lavitola (nella foto), di giornali inesistenti in edicola, di testate che già dal titolo strappano mezzo sorriso, perché resta incomprensibile - o forse no - l’aiuto di Stato.
Chiude Liberazione, tanti altri sono in grandissime difficoltà
Un Fondo eternamente da riformare, sul quale la scure dei tagli ora ha messo ben più che a repentaglio la sopravvivenza di testate storiche: Liberazione a fine anno sospende le pubblicazioni, il manifesto, Avvenire, l’Unità sono in gravissime difficoltà, ma anche Rassegna Sindacale e lo stesso Salvagente hanno già aperto stati di crisi… In realtà quelle che avrebbero pieno diritto di avere sostegno pubblico sono anche un universo di piccole, preziose, testate giornalistiche.
Si rischiano centinaia di posti di lavoro
Il rischio è la chiusura e la perdita di centinaia di posti di lavoro…”Chiudere e basta il sostegno ai giornali non profit, in cooperativa e di partito - ha scritto recentemente “il manifesto - è antieconomico per le casse pubbliche: i costi per la liquidazione di decine di aziende editoriali e la perdita di circa 4mila posti di lavoro saranno ben maggiori (perdita fiscale, ammortizzatori, prepensionamenti, etc.) del finanziamento minimale richiesto per il fondo”.
Il "comma 24" usato contro l'Inpgi
Ma l’ultima, definitiva, irrazionale, mossa del nuovo governo è l’attacco all’Inpgi (insieme alle altre casse privatizzate: ma nelle parole della ministra Fornero con più virulenza contro i giornalisti): si chiama “comma 24” (dell’art.24 della manovra), e ricorda da vicino il paradosso del Comma 22 del romanzo di Joseph Heller, “L'unico motivo valido per chiedere il congedo dal fronte è la pazzia. Chiunque chieda il congedo dal fronte non è pazzo”.
In cassaforte soldi per 50 anni
Alle Casse privatizzate si è sempre chiesto - storicamente e giustamente - di “fare patrimonio” per garantire le pensioni degli iscritti. Oggi si chiede che siano custoditi in cassaforte cinque volte i soldi necessari per pagarle per 50anni… I giornalisti hanno appena fatto una manovra (“per lo sviluppo”, loro sì!) che porta la pensione delle giornaliste a 65 anni ma offre alle aziende la possibilità di assumere i giovani con sgravi previdenziali del 60% per tre anni.
Una categoria precaria per un terzo
Una manovra indispensabile per una categoria in cui un terzo è precaria, sfruttata, sottopagata: tutte caratteristiche negative che configgono gravemente con la possibilità di offrire ai cittadini una informazione libera e non condizionata dai poteri forti. C’è di più, e non è secondario: l’Istituto di previdenza dei giornalisti è l’unico ente in Italia - e non solo in Italia - che proprio a tutela dell’autonomia della categoria dal potere politico e anche dai governi che si succedono, eroga in proprio casse integrazioni, disoccupazione, contributi di solidarietà, è sostituivo dell’Inail, oltre a intervenire con una politica di welfare fatta di prestiti, mutui, case in affitto, interventi eccezionali.
A costo zero per le casse dello Stato
Questo, per la ministra Fornero, determina la “casta”? Il fatto di essere a costo zero per le casse dello Stato e insieme di cercare di sostenere la parte più fragile della categoria dei giornalisti, che oggi è in realtà esplosa nei numeri grazie alle leggi che hanno permesso alle aziende - quelle editoriali come tante altre - di precarizzare un intero settore?
Preso d'assalto un principio costituzionale
Questo governo, volutamente “tecnico” (quindi non eletto), chiamato a intervenire sui conti dello Stato, sull’onda lunga di nuovi totem (la casta, le liberalizzazioni), prende invece d’assalto anche il principio costituzionale di tutela dell’informazione, richiamato poche settimane fa dallo stesso presidente Napolitano. Mentre giacciono, sempreverdi, in Parlamento, le norme bavaglio alla stampa…
Silvia Garambois http://ilsalvagente.netribe.it |
L'informazione dipendente, dai fatti
Nel Paese della bugia la verità è una malattia
(Gianni Rodari)
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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