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Oscurantismo italico. Possibile che tutto questo sia ancora la condizione che milioni di donne e uomini in Italia vivono oggi?

Post n°7455 pubblicato il 26 Febbraio 2013 da cile54

Amori, matrimoni e altri guai

Succede che hai 14 anni, sei maschio e vuoi l’orecchino. Succede che, dopo molta negoziazione in famiglia, finalmente tu possa farti quel benedetto buco.

Succede che il giorno dopo vai a scuola, e un paio di bulli ti bollano come frocio perché l’orecchino l’hai fatto a destra. Tu non lo sapevi, chissà perché avendo due lati sulla faccia uno deve proprio essere quello sbagliato, e peccato che in classe nessuno ti abbia aiutato, e la professoressa, pure lei, abbia confermato che sì, è proprio così, in effetti si sa che i froci l’orecchino se lo mettono a destra.

La storiella, privata e poco edificante è finita male: il ragazzino l’orecchino se l’è tolto, tanto era pesante la pressione su di lui. E si potrebbe terminare qui, rubricando l’episodio come ordinario sessismo e omofobia quotidiana nell’Italia del 2013.

E invece no.

Il secondo episodio non è recente, ma interessante perché è accaduto a ridosso del Pride nazionale di qualche anno fa a Genova, dove da molti mesi si succedevano incontri e dibattiti di avvicinamento all’evento. E siccome la scuola e la formazione sono i luoghi dove iniziare a smantellare il sessismo e l’omofobia le donne e gli uomini del comitato Genova Pride indicono un incontro alla biblioteca internazionale per ragazzi De Amicis con un’iniziativa di presentazione e informazione di letture a tematica lgbt per l’infanzia. Due regine e due re, questo il titolo.

Tra gli obiettivi dell’incontro presentare bibliografie che propongono testi di narrativa per l'infanzia e l’adolescenza con figure di giovani protagoniste e protagonisti libere dai tradizionali stereotipi femminili e maschili.

L’incontro tra le Famiglie Arcobaleno e la biblioteca avrebbe rappresentato un’apertura importante al tema dell’omogenitorialità e dei valori affettivi presenti nell’omosessualità.

Tutto procede bene fino a due giorni prima della data dell’incontro, quando ai giornali arriva una violentissima nota di Nicola Abbundo, capogruppo regionale dei moderati per il Pdl, che al grido di ‘nessuno tocchi i bambini’, chiede a gran voce addirittura “l’intervento presso le competenti sedi Amministrative ed eventualmente Giudiziarie, onde apprestare la miglior tutela dei Diritti dei Fanciulli, in ipotesi coinvolti, anche alla luce della corrispondente convenzione Onu del 1989”.

Il comunicato di Abbundo è un crescendo evergreen di preoccupazione e allarmismo: “A quanto pare, senza nessun tipo di scrupolo nè tantomeno del semplice buon senso, gli organizzatori prevederebbero di ospitare dei minori affinchè questi inventino favole a tematica omosessuale. E’ quanto mai singolare che la tanto millantata libertà educativa dei bambini venga declinata in senso unilaterale e controproducente oltre che contraria ai principi di natura. L’infanzia e l’adolescenza sono due momenti molto delicati per lo sviluppo psicofisico della persona e i genitori, gli educatori, le istituzioni e gli adulti in generale devono avere il massimo rispetto e la massima cura verso i minori: nessuno deve ‘toccare’ i bambini!”

L’incontro ha comunque avuto luogo, con poche bambine e bambini e non numerosi adulti; la stampa è stata tenuta fuori, la polemica ha fortemente inciso sul clima generale. “Le bibliografie che abbiamo diffuso contenevano siti di informazione, curati da associazioni riconosciute e stimate, che lavorano anche in collaborazione con enti pubblici italiani ed europei. Affermazioni come quelle di Abbundo dimostrano i danni di questa censura”, dichiararono allora i portavoce del Comitato Genova Pride. Per la cronaca Abbundo non si scusò mai.

Queste memorie di eventi che a centinaia costellano il rosario di abusi e ignoranza nazionale in tema di libertà di orientamento sessuale si distillano nel divieto di contrarre matrimonio tra persone delle stesso genere.

Anche qui la rete ci aiuta a capire l’insensatezza della situazione: circola in Internet un piccolo video che ritrae un gruppo di donne italiane sotto i 40 anni che stanno lavorando, e all’improvviso una comunica alle altre che presto si sposerà con la sua fidanzata, ma non in Italia. Commozione, abbracci, partenze e biglietti da organizzare. Il video festoso si conclude con la domanda di un bimbo ad una delle donne del gruppo: “Perché si deve andare in Olanda a sposarsi?”.

“Perchè qui in Italia non si può”, è la risposta.

All’ovvio e successivo ‘perché?’ del bimbo la risposta non arriva, e questo silenzio rabbuia il clima di gioia che si era percepito fin qui.

Del resto non sarebbe semplice spiegare ad un bimbo o ad una bimba perché per sposarti, se sei italiana, o italiano, e omosessuale ti tocca farlo in un altro paese; perché appena varcata una frontiera lo stesso gesto, e diritto, impossibile a casa tua diventa reale e normale; perché dirsi famiglia è valido a 300 km di distanza da dove vivi tu ma per te in Italia è ancora una possibilità da conquistare.

Ancora immagini, questa volta dall’estero. Lo spot, che dura circa tre minuti, inizia con l’inno nazionale, e sullo schermo della tv passano gli articoli della Costituzione dove si ricorda che tutti gli esseri umani hanno diritto a libertà, integrità del corpo, uguaglianza e pari opportunità. Poi la scena cambia e, di seguito, una giovane donna si presenta e dice di essere insegnante e lesbica, un giovane uomo si presenta e dice di essere programmatore e gay, un altro si presenta e dice di fare l’operaio e di essere eterosessuale, poi è la volta di una barista transessuale e di una prostituta. Queste persone, in una stanza con sullo sfondo la bandiera nazionale, dicono di avere una cosa importante in comune: godere, tutte, degli stessi identici diritti. Cittadine e cittadini di uno Stato laico che si basa sulla condivisione di diritti, e di doveri, che prima di tutto è lo Stato stesso che salvaguarda e difende.

Siamo in Perù, paese cattolico dell’America latina non privo di problemi sociali ed economici, eppure capace di pensare, finanziare e diffondere via tv e internet un messaggio politico e culturale così semplice, così forte e così laico.

L’Italia, invece, pur essendo la culla e la sede del cattolicesimo, non ha mai smesso, durante il papato di Benedetto XVI , di vivere nell’incubo della crociata. L’ex papa Ratzinger ha costantemente indicato come una ’minaccia per la libertà religiosa’ l'educazione sessuale e civile laica improntata al rispetto delle scelte sessuali, familiari e affettive impartita nel sistema scolastico di alcuni Paesi europei e non.

Nel bellissimo Women - if these walls could talk, trittico cinematografico del 2000 con attrici del calibro di Vanessa Redgrave, Michelle Williams, Chloë Sevigny, Ellen DeGeneres e Sharon Stone si raccontano le vicende di famiglie e coppie lesbiche che affrontano la difficoltà di amarsi e di vivere; si tratta di difficoltà comuni a tutti gli altri nuclei familiari, ma che per loro si trasformano in dramma, o in quasi insormontabili ostacoli solo perché sono coppie lesbiche.

Niente visite in ospedale se la compagna si ammala, niente eredità dopo una vita in comune, nessun diritto adottivo, niente matrimonio: una cittadinanza, di fatto, di serie b, soltanto perché l’orientamento sessuale non è quello etero.

Possibile che tutto questo sia ancora la condizione che milioni di donne e uomini in Italia vivono oggi?

Questo febbraio 2013 sarà ricordato da chi ha a cuore la laicità e il diritto alle pari opportunità come un bel mese: come nel 2005 in Spagna ora anche in Francia il matrimonio è ‘un accordo tra due persone di sesso diverso o del medesimo sesso’.

In gennaio, a distanza di due settimane l’una dall’altra, Parigi ha visto due imponenti manifestazioni, una contro e una a favore del progetto di legge che reca il rivoluzionario articolo 1.

Così come ormai otto anni fa il governo Zapatero resse la prova muscolare della destra oltranzista del clero iberico così oggi il governo Hollande ha superato lo scoglio delle proteste della destra fondamentalista d’oltralpe, che si sono opposte in modo forte al matrimonio tra persone dello stesso genere.

Una bella vittoria, che ha come corollario non di secondo piano quella di essere stata annunciata in Parlamento da una ministra che reca la traccia ereditaria dell’era coloniale francese sul volto e nel nome: Christiane Taubira, originaria di una modesta famiglia della Guyana, allevata da una madre single con cinque figli, lei stessa madre separata di altri quattro, difficilmente da noi in Italia sarebbe diventata Guardasigilli.

Donna, immigrata, e femminista: un mix che rende oggi la Francia orgogliosa, attraverso le sue parole in Parlamento, di poter ospitare il progetto di legge sul ‘matrimonio per tutti’. Buffo, e grottesco, che qui da noi si balbetti ancora di pax e convivenza. Chi chiede di potersi sposare non rivendica, per una volta, nulla: vuole solo poter avere lo stesso diritto di dirsi ‘famiglia’. Una comunità, come si sa, piena di doveri, fatica e oneri più che di onori. E tuttavia, pure nel centro sinistra, c’è chi frena, o balbetta, o nicchia. C’è da domandarsi, davvero, di cosa abbiano paura.

Monica Lanfranco

24/02/2013 www.liberazione.it

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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