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Crisi, la borghesia è allo sbando e il Paese servo degli interessi delle banche. Gli ipocriti allarmismi sulle tensioni sociali

Post n°7726 pubblicato il 07 Maggio 2013 da cile54

Pronti ad usare il manganello contro i disoccupati

Draghi, la Marcegaglia, e prima ancora Letta. Proclamare ufficialmente che la disoccupazione può innescare tensioni sociali ormai è una specie di sport nazionale. Ci si misurano più o meno tutti, chi banalizzando, chi con un pizzico di falsa coscienza, chi nell’ignoranza più totale. Tutti sanno benissimo che se anche dovesse esserci un po’ di ripresa – per l’Italia non prima del primo trimestre del 2014 – non avrà una sensibile influenza sulla disoccupazione. Primo, perché la caratteristica del mercato del lavoro è quella di “registrare” con ritardo gli eventuali incrementi di Pil. Secondo, perché i primi veri effetti si faranno sentire innanzitutto sul rientro dei cassaintegrati. Terzo, perché essendo la crisi del mercato interno la variabile più importante prima dovrà essere sistemato l’indebitamento degli italiani. Sorge quindi il dubbio che tutto questo allarmismo e questo soffiare sul fuoco della rivolta sociale, invece di pensare a scelte profonde che invertano la tendenza, funzioni un po’ come cura preventiva. Il “ve l’avevamo detto” come massima rappresentazione dell’ipocrisia conservatrice, infatti, è una vera e propria iattura, perché prepara il clima tenendo in mano “il mazzo delle carte”; e, secondo, si riserva, proprio per questo motivo, il diritto ad agire per primo. A quel punto chi scende in piazza a protestare passa, per l’opinione pubblica, non per quello che non ce la fa più a campare, ma per quello che trasgredisce l’ordine sociale.

Che la bolla stia montando, e che Draghi pensi di sgonfiarla passando come un bulldozer sui diritti acquisiti, e infiocchettando il tutto con il sofisticato termine di “riforma”, ce lo fanno capire i “compagni” della Consob, che in sussulto di realismo capitalista si sono accorti che il nemico non è più lo spread ma la mancanza di lavoro. Sentire infatti oggi il presidente della Consob Giuseppe Vegas nel discorso annuale a Milano dire frasi sui pericoli della recessione non è infatti una roba che può passare inosservata. Vegas dice che "un'austerità senza speranza può diventare il detonatore di una crisi generalizzata". E se la prende con i banchieri cattivi e con i poteri forti e fa un discorso di quelli che strapperebbero un sacco di applausi nella trasmissione di Santoro. "La risposta va trovata agendo direttamente nell'economia reale", dice ancora, ma prima della fine del mantra, Vegas pronuncia le parole serie che risvegliano dal sogno sognato, quelle che contano per davvero. Per Vegas il rilancio nell'economia reale si dovrebbe ottenere puntando su "maggiore concorrenza e produttività": le stesse identiche di Draghi. Sono dei geni assoluti quelli come Vegas, prima sparano baggianate dicendo che maciullando l'art.18 ed i diritti dei lavoratori si abbassa lo spread. Poi quando la crisi è senza precedenti dicono che il nemico non è più lo spread ma la disoccupazione annunciando che per investire nell'economia reale occorre ancora più concorrenza e produttività (che tradotto per i mortali vuol dire più compressione salariale e maggiore flessibilità ).

Tutto questo sa di forte disorientamento dalle seconde linee in giù. Se prima l’Italia poteva vantare il primato di una borghesia inesistente, oggi quell’”inesistenza” appare completamente fuori rotta. Da una parte De Benedetti invoca la patrimoniale e, dall’altra, Della Valle veste i panni del nuovo Agnelli, mentre pezzi interi di imprenditori del Nord dopo l'ubriacatura leghista non nascondono le loro simpatie per Grillo. Del resto, lo stato comatoso in cui si trova il Parlamento, sta lì a raccontare di una fluidità mortifera della classe dirigente, ormai non solo incapace di tenere insieme il quadro in una fase così difficile, ma di avere tutta l'intenzione di affidarsi all’uomo forte, che sia Napolitano o Draghi, non fa differenza. E se c’è da usare il manganello contro i disoccupati lo si faccia pure senza risparmio.

Su tutto questo, il si salvi chi può delle banche ha qualcosa di agghiacciante. La Bce ha provato a battere i piedi, ma la cosa non ha prodotto alcun riverbero, nemmeno a livello politico. Evidentemente tre o quattro uomini forti degli istituti di credito tengono un po’ tutti per le palle. Quasi fumettistico Draghi che dopo un anno di blocco del credito, con gente che si suicida a ripetizione, scopre che i soldi che la Banca centrale ha prestato alle banche invece che finire nell'economia reale sono stati ridepositati dalle stesse banche presso la Banca Centrale Europea in attesa che si aprano nuove occasioni per speculare. Per bloccare questo meccanismo il presidente della Bce ha annunciato che " la Banca centrale europea sta studiando l'ipotesi ( studiano l'ipotesi) di rendere negativi i tassi sui depositi a un giorno fatti dalle banche, anche se "ci sono molte complicazioni e molte conseguenze di cui tenere conto e occorre studiare con attenzione" ( stanno studiando l'ipotesi con attenzione).

In realtà sono degli ululati alla luna. Hanno il valore di una minaccia appena sussurrata. Le banche sanno benissimo quel che stanno facendo. E continueranno a farlom tenendosi il gioco le une con le altre. Ha insegnato niente lo scandalo del Libor? Intanto, i capitali stanno razziando titoli a man basa cavalcando sul sentiero sempre in discesa della speculazione. E le banche sono uno dei motori di questi flussi. Che altro dire?

Fabio Sebastiani

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