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Nella sanità, come in altri settori vitali, i processi di privatizzazione consentono l'infiltrazione mafiosa e criminale
Post n°8133 pubblicato il 25 Settembre 2013 da cile54
Il cancro della corruzione e l’imbroglio della Sanità selettiva Le notizie sull’indagine condotta sulla corruzione in Sanità dall’agenzia non governativa Transparency International Italia, in collaborazione con RISSC (Centro ricerche e studi su sicurezza e criminalità) e Ispe-Sanità sono raccapriccianti. E per di più, ciò che è emerso dimostra chiaramente come sia difficile monitorare un fenomeno, le cui caratteristiche tendono per definizione e naturalmente a garantire l’omertà e l’impunità delle figure coinvolte. Secondo i dati raccolti e riferiti nel convegno “Sprechi e corruzioni in Sanità: quali rimedi?” , nel 2012 solo 4 regioni sembrano essere esenti da questa malapianta o aver registrato un massimo di 2 casi di corruzione. Per tutte le altre regioni si va da un minimo di 2 a un massimo di 10 casi. La maglia nera spetta alla Campania con più di 10 casi. Seguono Calabria, Puglia, Sicilia con 8-10 casi. Ma anche Lombardia e Umbria con 6 -8 casi. La geografia di riferimento tradizionale in ordine al radicamento delle organizzazioni criminali della varie mafie risulta confermata, compresa l’estensione, ormai accertata, anche alla regione più ricca del nord Italia. Alla luce degli 87 casi di corruzione rilevati, le oasi di correttezza procedurale e di onestà sembrano coincidere con solo 4 regioni: Val d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Basilicata. A metà classifica figurano Piemonte, Liguria, Marche, Abruzzo, e in fondo Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Sardegna. Va da sé che nell’analisi di questi dati va presa anche in considerazione la capacità di occultare gli eventi irriferibili che, se elevata, potrebbe offuscare l’entità del fenomeno nelle singole regioni. Insomma non è detto che quello che emerso corrisponda a quello che realmente è. I casi di corruzione analizzati da Transparency Italia rientrano in 5 fasce: nomine, farmaceutica, appalti di beni e servizi, sanità privata e negligenza medica. La corruzione più diffusa è quella che riguarda i farmaci. Si tratta di un settore estremamente a rischio e limaccioso dove la corruzione molto spesso si sostanzia in regali, macchinari, finanziamenti, viaggi premio e così via. Ed è molto difficilmente dimostrabile. Per quanto riguarda le nomine, lo studio rivela come la cattiva politica utilizzi la Sanità come strumento e serbatoio per procacciarsi voti ed arruolare lobby di potere. La nomina a direttore generale e di altri dirigenti apicali rappresentano la merce di scambio. Le garanzie fornite dai manager delle grandi ASl a coloro i quali “politicamente” hanno favorito la loro elezione sono di intuitiva significatività in ordine ai processi di corruzione. E poi c’è l’arcipelago della sanità privata, dove nuotano gli squali più voraci. In questo ambito si interviene sui i Drg per modificare il valore delle prestazione e soprattutto sugli accreditamenti decisi in modo verticistico non per rispondere a una domanda reale ma, spesso, in ragione di interessi inconfessabili. Le infiltrazioni mafiose, il riciclaggio di danaro sporco e tutte le attività correlate fanno il resto. Se con tutta questa putrida zavorra siamo riusciti a mantenere in piedi una Sanità una volta invidiataci dal mondo, oggi ancora passabile (ma per quanto?), è grazie all’eccellenza di figure e di operatori, medici e non, che dimostrano in questo settore una genialità tipicamente italiana ma che rischiano di diventare minoritarie e ininfluenti. Quanto su tutto questo insista la piaga della precarietà medica e paramedica è a tutti noto. A fronte di questo tristissimo panorama, le recenti notizie relative alla nota di aggiornamento del DEF a firma del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Economia Saccomanni, nella quale si discute tra l’altro, di SSN e di LEA, non sono per niente rassicuranti. Districandosi fra i meandri della retorica politichese, infatti, si individuano i punti salienti del documento che sono relativi al potenziamento dei servizi legati alla prevenzione e a quello dei servizi erogati sul territorio. Per ridurre invece i servizi erogati dagli ospedali. La cosa enorme è che si parla di “sanità selettiva”, come se non fosse a tutti noto che nove milioni di poveracci hanno smesso di curarsi perché non ce la fanno a sostenere il costo delle cure cosiddette pubbliche. L’investimento sulla voce Sanità, già ridotto al 7,1% del Pil, rispetto al 9% di qualche anno fa, rimarrà stabile fino al 2014 ma (udite udite!) è destinato a subire un progressivo decremento, arrivando al 6,7% del Pil nel 2017. Ora, per darvi un termine di paragone semplice semplice, vi ricordiamo che in Olanda si spende attualmente per la Sanità una cifra pari al 13% del Pil. Con meno finanziamenti pubblici il numero di fuoriusciti dagli ambiti della tutela sanitaria pubblica arriverà a cifre da capogiro; e questo loro lo chiamano un “nuovo modello” di governance della sanità finalizzato a “garantire prestazioni non incondizionate, rivolte principalmente a chi ne ha effettivamente bisogno”. Insomma, in questi giorni due cose abbiamo capito. La prima è che la corruzione ci fa a pezzi, già lo sapevamo ma gli elementi quantitativi forniti sono egualmente stupefacenti. La seconda è che invece di intraprendere un processo di lotta alla corruzione e di razionalizzazione della sanità che non può non prevedere una nuova e democratica riforma sanitaria che liquidi del tutto i nefasti meccanismi dell’aziendalizzazione, il governo di larghe intese prevede un nuovo salasso con incremento esponenziale e inevitabile dei processi di privatizzazione, che sono quelli più infiltrati dall’intervento mafioso e criminale. Roberto Gramiccia 24/9/2013 www.rifondazione.it |
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