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Il referendum si poneva l'obiettivo di abrogare l'art.8 del decreto-legge che aveva cancellato i diritti nel contratto nazionale

Post n°8278 pubblicato il 14 Novembre 2013 da cile54

Pensioni e lavoro, scippati i referendum

Un «vergonoso scippo di democrazia». Così Paolo Ferrero commenta la notizia della non ammissibilità dei referendum sulla riforma Fornero delle pensioni, sul lavoro e sui costi della politica, promossi da Rifondazione comunista insieme con Di Pietro, Sel e Verdi. Nonostante il milione di firme raccolte e consegnate nei tempi regolamentari lo scorso gennaio, la Cassazione li ha infatti dichiarati, a maggioranza, inammissibili con la motivazione che i quesiti sono stati depositati durante il semestre elettorale, che inizia dalla data di indizione dei comizi elettorali. E queso la legge lo vieta. Peccato che Napolitano sapeva benissimo che c'erano dei referendum depositati quando decise di sciogliere le camere e indire le elezioni; avrebbe potuto aspettare pochi giorni (la legislatura non era ancora scaduta) rendendo così ammissibili i quesiti e non mandando al macero le migliaia di firme faticosamente raccolte. Scelse di non farlo in nome di altri interessi "superiori". Per questo Ferrero parla di scippo di democrazia. «Il diritto costituzionale delle centinaia di migliaia di cittadini che hanno sottoscritto i referendum viene calpestato a favore dell’arbitrarietà con cui il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sciolto le Camere in anticipo proprio per impedire i referendum. È infatti doveroso ricordare che noi chiedemmo a Napolitano di sciogliere le Camere all’inizio del 2013 mentre Napolitano le sciolse alla fine del 2012 proprio per impedire, con l’inizio del semestre bianco, la presentazione dei referendum. Noi comunque non ci fermiamo e faremo anche su questi referendum ricorso avverso la sentenza della Corte».

Il referendum respinto si poneva l'obiettivo di abrogare l'art.8 del decreto-legge n.138 del 2011, che aveva cancellato il valore universale dei diritti previsti dal contratto nazionale di lavoro. L'altro quesito bocciato - denominato "Tagli agli stipendi d'oro dei parlamentari" - riguardava l'abrogazione dell'art. 2 della Legge 31 Ottobre 1965, n. 1261, aveva invece l'obiettivo di abolire l'indennità che i parlamentari percepiscono - si parla di circa 3.000 euro al mese a testa - per vivere a Roma. Infine, c'era il quesito contro la riforma delle pensioni.

12/11/2013

 
 
 
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