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Libri & Conflitti. In Italia hanno premiato il de-merito. Hanno valorizzato sistematicamente l’incapacità individuale conclamata

Post n°8370 pubblicato il 16 Dicembre 2013 da cile54

Il feticcio della meritocrazia

E’ uscito e si può richiedere nelle librerie e in rete, per la manifesto libri, un saggio che affronta da un punto di vista logico il concetto di meritocrazia, “Il feticcio della meritocrazia” è il titolo. Lo ha scritto Carmelo Albanese per la manifesto libri e si avvale dell’introduzione di Augusto Illuminati. Proprio in un momento così delicato in cui il capitalismo è messo alle strette dal suo evidente fallimento mondiale sul piano socio-economico, il tentativo delle classi dominanti, con la complicità di quello che rimane dei partiti di sinistra; è quello di provare a riciclarsi su un piano poco più che religioso, quello, appunto, della meritocrazia. La meritocrazia è considerata dalle retoriche dominanti il rimedio di ogni male e l’unico criterio di giustizia compatibile con l’efficienza e lo sviluppo di una società. Il pamphlet di Carmelo Albanese, tenendosi alla larga da ogni ideologia, dimostra da un punto di vista logico l’inconsistenza e la contraddittorietà dell’ipotesi meritocratica. Mediante una serie di semplici esempi e modelli, l’autore ci mostra tutti i paradossi che attraversano l’ideologia meritocratica, la quale, presa sul serio, condurrebbe a risultati diametralmente opposti a quelli che insistentemente promette. In primo luogo, a una disgregazione della compagine sociale e al fallimento di ogni forma di cooperazione.

 “Nessuna società fondata sul merito può sopravvivere. Meno che mai può farlo se ricorre alla meritocrazia. Tanto il merito considerato come fosse un valore assoluto e costante, quanto la meritocrazia, portano ogni tipo di comunità al dissolvimento perché basati su meccanismi ricorsivi.

Mi rendo conto che questa verità logica possa sembrare addirittura paradossale in un momento storico in cui la corruzione sociale domina ogni ambito della comunità.

E’ chiaro a tutti che le nostre società, negli ultimi venti anni e in particolare negli ultimi dieci, specialmente in Italia, hanno addirittura seguito la regola opposta. Hanno premiato il de-merito. Hanno valorizzato sistematicamente l’incapacità individuale conclamata. Siamo circondati da politici che non sanno nulla di politica, da giornalisti che ignorano l’ABC della loro professione, da intellettuali e docenti universitari che hanno il solo pregio di essere ‘figli di’ o di appartenere ad una determinata gerarchia sociale. Così via per tutte le altre professioni e attività. Da quelle ritenute più rilevanti a quelle ritenute di minor prestigio. E’ evidente che questo modo di procedere è fallimentare. La tragedia sociale cui ci ha condotto, l’abbiamo costantemente sotto i nostri occhi. Un sistema del genere favorisce chiaramente lo sfacelo, la corruzione, la prepotenza. Averlo utilizzato per un tempo così lungo ed aver permesso che un gruppo ristretto di oligarchie lo praticasse come abitudine, senza impedirlo, è un chiaro segno dell’istinto di morte che sembra dominare le società moderne. Ma questa vera e propria regressione sociale, tesa a favorire i de-meritevoli per regola, nulla ha a che fare con un’analisi oggettiva del concetto di merito. Da più parti, proprio per uscire dall’empasse di società corrotte e de-meritevoli, si propone di ricorrere al merito e alla meritocrazia. A dire di molti, queste due categorie sarebbero utili per restituire un minimo di senso alle società moderne. Niente di più sbagliato. Sarebbe un processo riparatore sommario, che come ogni terapia prescritta senza un’accurata diagnosi, si rivelerebbe rimedio peggiore del male. Il fatto di valorizzare le attitudini individuali nei singoli settori della società è una cosa. Chi ha spiccate qualità manuali è opportuno che venga utilizzato in questo senso. Che fornisca alla comunità un contributo partendo da ciò che sa fare meglio. Lo stesso dicasi per un intellettuale, per un artista, per un politico, per un medico e via scrivendo. Ma questo è addirittura banale. Il fatto che la valorizzazione e l’utilizzo delle capacità individuali secondo le inclinazioni degli individui non sia stato messo in pratica di recente nelle nostre comunità, è una forma di delirio particolare. Un drammatico incidente di percorso lungo la via del buon senso. Nulla di tutto ciò però ha a che fare con il merito e la meritocrazia. L’attitudine individuale è una cosa, il merito è un’altra. E ancora: il merito è una cosa, la meritocrazia un’altra ancora. Nelle pagine che seguono cercherò di dimostrare con un approccio logico-formale l’impossibilità di definire in modo assoluto il merito. Conseguentemente, l’arbitrarietà di organizzare la comunità secondo la regola del premio all’individuo meritevole. Per ultimo, il danno irreparabile di organizzare la medesima comunità secondo un principio meritocratico. “ (dalla Premessa a “Il feticcio della meritocrazia”)

Carmelo Albanese è giornalista e autore di saggi, racconti e romanzi. Il suo ultimo romanzo è “L’amore ai tempi della Telecom”, una storia sulla precarietà nel mondo del lavoro contemporaneo. Tra i suoi saggi “Per una critica della realtà virtuale” e, sempre per la manifesto libri, “C’era un’onda chiamata pantera”.

Il libro è stato già tradotto da Manuela Garreffa in spagnolo e da Maria Chiara Montanaro in inglese.

Isabella Borghese

15/12/2013 www.controlacirsi.org

Il feticcio della meritocrazia, di Carmelo Albanese

Manifestolibri collana esplorazioni

pagine 111 euro 13,00

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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