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GUERRA ALLA SALUTE

Post n°179 pubblicato il 23 Marzo 2007 da cile54

Parte la commissione parlamentare d'inchiesta e la presidente Lidia Menapace illustra alla stampa le linee guida che verranno seguite.

immagineTragiche le cifre sui reduci dai teatri di guerra operati alla tiroide

 Uranio, 45 decessi e 500 malati

 Circa il 70 percento dei militari italiani reduci da missioni all'estero sono stati operati alla tiroide in seguito alla presunta contaminazione da uranio impoverito. Le operazioni verrebbero effettuate in un ospedale di Siena e in altre strutture convenzionate con l'esercito.

A denunciare questo dato, inquietante e tragico, un giovane soldato tornato dal teatro bellico dei Balcani e da tempo sotto controllo medico. La sua testimonianza è stata affidata a Domenico Leggiero, dell'Osservatorio militare, un'associazione che assiste gli appartenenti alle forze armate e i loro familiari. "Ci sono tre casi di militari malati sottoposti a studio e uno di loro ci ha confessato candidamente che larga parte dei militari che tornano dai teatri di guerra viene sottoposto a intervento alla tiroide. Noi non siamo in grado di confermare la cifra del 70 percento" spiega Leggiero, "ma ci aspettiamo che qualcosa si muova in parlamento per fare chiarezza sulla questione. Anche se si trattasse soltanto della metà, si tratta di un dato comunque enorme ed è necessario poter avere accesso a queste informazioni".
E questo è l'obiettivo della Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato sull'uranio impoverito, la cui presidente, Lidia Menapace (Rifondazione Comunista) ha illustrato alla stampa le linee guida che verranno seguite.

Uno dei primi compiti della Commissione riguarderà la raccolta e l'analisi statistica dei dati, per le quali la Commissione intende rivolgersi "all'Istat, all'Istituto superiore di Sanità, alla Direzione generale della sanità militare, al fine di acquisire elementi e valutazioni di tipo oggettivo ed ufficiale". Inoltre, "tenendo conto anche delle doverose esigenze di contenimento dei costi" saranno "privilegiati" gli esperti e i funzionari delle pubbliche amministrazioni con "incarichi a tempo e a tema". Basta insomma con le "carrettate" di consulenze.

L'esistenza di un nesso fra i decessi e le malattie dei reduci da missioni all'estero e l'esposizione all'uranio impoverito è ormai un fatto acclarato, anche se continua ad essere oggetto di forti polemiche e indagini. La commissione Mandelli, in tre successive relazioni, ha concluso che rispetto al numero statisticamente atteso le vittime nel gruppo di riferimento (i militari che hanno preso parte a diverse operazioni nelle zone "incriminate") sono quattro volte superiori, ma non è stata in grado di collegare direttamente la presenza dell'uranio ai casi di tumore registrati. E una successiva commissione di inchiesta ha sostenuto che i dati della Mandelli erano probabilmente sbagliati e sottostimati. "Durante i lavori della Commissione lo scorso anno abbiamo chiesto più volte i dati (dei militari malati) - ha fatto notare il responsabile dell'Osservatorio militare, il maresciallo Domenico Leggiero (lui in Bosnia c'è stato cinque volte) - in un anno la Difesa non ci ha mai risposto".
Ad oggi, dunque, non ci sono certezze sul numero esatto delle vittime: secondo l'Osservatorio i morti sarebbero 45 e i malati 515, affetti da patologie riconducibili all'esposizione all'uranio impoverito, usato in modo massiccio negli armamenti della Nato soprattutto nei Balcani. Altre associazioni hanno dati diversi, così come diversi sono quelli forniti dalla Difesa.
La pacifista senatrice di Rifondazione ricorda che "si tratta della vita di persone giovani e dunque è prima di tutto di un debito etico: non se ne occupa nessuno. Non si può mettere in primo piano il sacrificio di alcuni, e vergognarsi di altri".
"L'esistenza di patologie anomale tra i militari dei contingenti impiegati nelle missioni all'estero, nei pressi dei poligoni di tiro e dei siti di stoccaggio delle munizioni, è stata riscontrata con certezza - ha proseguito Lidia Menapace - le patologie non sono direttamente riconducibili all'utilizzo diretto di proiettili all'uranio impoverito, ma piuttosto, ai possibili effetti delle nanoparticelle di minerali pesanti che in seguito alle esplosioni si disperdono nell'ambiente".
Alla conferenza stampa ha partecipato, oltre alla senatrice Franca Rame (Italia dei Valori) anche Falco Accame, presidente dell'Ana-Vafaf, associazione che sostiene i familiari dei militari deceduti: "Dicono che in Libano non è stato usato l'uranio impoverito - ha raccontato - ci è stato detto che faranno un esame del suono, ma sappiamo che, come fu per la Bosnia, potranno esplorare ben poco".

La Commissione darà per acquisiti i risultati ottenuti nella passata legislazione, dalla stessa Commissione presieduta dal senatore Paolo Franchi, riguardo i dati epidemiologici sulle vittime decedute o gravemente ammalate per l'esposizione all'uranio impoverito. Ma c'è una novità: "Le indagini della nuova Commissione saranno allargate - ha dichiarato la Presidente Menapace - oltre che al personale militare interessato, anche alle popolazioni civili nei luoghi di guerra e nelle zone adiacenti alle basi militari in Italia".

Menapace ha invitato i cittadini o esperti in materia a scrivere direttamente alla "Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito" (Senato della Repubblica, Roma).

 
 
 
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