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SOCIETA', DONNE E LIBERTA' DI CONCEPIRE

Post n°287 pubblicato il 20 Maggio 2007 da cile54

immagineE' "trattamento futile" sotto la 24esima settimana di gestazione

Carlo Patrignani

La Società Italiana di Neonatologia riscrive i termini dei limiti vitali necessari per la vita umana: sotto tale termine, l'impiego di cure intensive si raffigurerebbero come "trattamento futile". Rilevanti le implicazioni sull'inconsistenza scientifica dell'embrione come persona umana

E' a partire dalla 24esima settimana di gestazione, quando si è formata la retina, il limite vitale necessario per la vita umana: sotto tale limite le possibilità di vivere e di vivere bene sono minime, praticamente zero, per cui andrebbero praticate soltanto cure "confortevoli": un atteggiamento intensivistico si raffigurerebbe in accanimento terapeutico o trattamento futile.

A parlare dell'argomento "clou" del 13esimo Congresso della Sin, la Società Italiana di Neonatologia (1800 associati), in programma dal 21 al 23 maggio prossimi a Rimini, è il Presidente della Società e direttore della "Terapia Intensiva Neonatale Universitaria" al Sant'Anna di Torino, Claudio Fabris. "Disponiamo di un'ampia documentazione internazionale che ci dimostra che le 22 e 23 settimane sono limiti invalicabili e che la medicina di più non può fare", aggiunge poi Gianpaolo Donzelli, direttore della Clinica di Medicina Neonatale dell'Università di Firenze, uno degli artefici un anno fa della "Carta di Firenze" sulle cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse.

Il delicato argomento coinvolge soggetti istituzionali: la Sin sarà ascoltata il 25 maggio dal Comitato Nazionale di Bioetica (Cnb) e poi ne discuterà con il Ministro della Salute, Turco: al Congresso di Rimini sarà presente Maura Cossutta, consulente del Ministro.

"Le raccomandazioni della "Carta di Firenze" sono ispirate dalla necessità di garantire - aggiunge Donzelli - alla madre ed al neonato adeguata assistenza al fine unico di evitare loro cure inutili, dolorose ed inefficaci, configurabili con l'accanimento terapeutico". Un "no" al "futile treatment" o trattamento futile.

Dallo studio inglese "Epicure study", ad esempio, emerge che il 71% dei feti delle gravidanze terminate tra le 20 e le 25 settimane di gestazione, va a morte durante la nascita; un altro 9% muore in sala parto durante le manovre respiratorie; ed un altro 12% poi muore in terapia intensiva neonatale durante il ricovero. Solo l'8% arriva alla dimissione dall'ospedale e dopo mesi di terapia intensiva: se questi bambini sono rivisti a 2 anni e mezzo di vita, si riscontra l'1% di morti legato a patologia della prematurità (broncodisplasia) e del rimanente 7%, la metà risulta affetto da handicap medio-gravi. Se divisi per età gestazionale, risulta: nessuna sopravvivenza a 20 e 21 settimane; un 2% di nati a 22 settimane ma tutti con disabilità; un 9% a 23 settimane, di cui il 6% con disabilità medio-grave; un 19% dei nati vivi a 24 settimane dei quali il 9% con disabilità medio-gravi ed un 34% di bambini vivi a 25 settimane di cui il 14% con disabilità medio-gravi.

E gli altri studi (l'Epibe Vermond Oxford-Usa; l'Epipage-Francia; l'Epibel belga e il Finnish Cohort Study-Finlandia), non portano stime diverse.

"Detto che bisogna sempre dare uno scarto di errore di una settimana nella valutazione dell'età gestazionale perché non c'è la certezza assoluta sull'inizio della gravidanza, possiamo ragionevolmente fissare nella 24esima settimana, quando è formata la retina, il limite vitale necessario per la vita umana: la 23esima è terra di confine, occorre cioè una valutazione medica caso per caso - conclude Fabris - sulla vitalità del neonato".

Insomma, i dati parlano chiaro: i 46 mila prematuri nel mondo (sotto le 32 settimane e sotto i 1500 grammi) tutti in terapia intensiva neonatale, presentano un indice di mortalità alto: tra l'85 ed il 90%.

Ecco, a giudizio della Sin, come regolarsi rispetto ai prematuri.

Età gestionale: 22 settimane (da 154 a 160 giorni). "Le decisioni di trattamento della madre devono basarsi sul suo stato di salute: il taglio cesareo deve essere praticato unicamente per indicazione clinica materna e le madri che lo richiedono per altri motivi, devono essere informate degli svantaggi e dissuase. Al neonato devono esser offerte le ‘cure confortevoli' salvo in quei casi del tutto eccezionali che mostrassero capacita vitali significative".

Età gestionale: 23 settimane (da 161 a 167 giorni). "Non si raccomanda il taglio cesareo su indicazione fetale: la vitalità del neonato deve essere attentamente valutata alla nascita". Poi, "l'intervento rianimatorio deve essere intrapreso, decisione che deve essere condivisa con i genitori, se il neonato mostra capacità di sopravvivenza, mentre quando il paziente dimostra situazioni cliniche fortemente compromesse, sarà bene che il medico prenda in considerazione l'opportunità di non iniziare o continuare le cure straordinarie che sarebbero ‘sproporzionate' all'obiettivo di fare sempre il miglior interesse del paziente".

Ovviamente, "tali opportunità devono essere partecipate e valutate con i genitori: a questi bambini devono essere assicurate le cure ordinarie, cioè l'assistenza confortevole, salvo in quei casi del tutto eccezionali che mostrassero capacità vitali significative".

Età gestionale: 24 settimane (da 168 a 174 giorni). "Il taglio cesareo può eccezionalmente essere preso in considerazione per motivi fetali. Il trattamento intensivo del neonato è più indicato che a 23 settimane sempre però sulla base di criteri clinici obiettivi favorevoli che suggeriscono di procedere con le cure straordinarie come la presenza di sforzi respiratori spontanei, la presenza di frequenza cardiaca valida, la ripresa del colorito cutaneo".

Età gestazionale: 25 settimane (da 175 a 180 giorni). "Il taglio cesareo può essere effettuato anche per indicazione fetale. I neonati devono esser rianimati e sottoposti a cure intensive, straordinarie, salvo non presentino condizioni cliniche gravemente compromesse che suggeriscano una impossibilità alla sopravvivenza".

C'è poi l'incertezza dell'età gestazionale: bene, in tal caso assume fondamentale importanza la valutazione clinica del neonato ad opera del neonatologo che "dovrà tener conto soprattutto - precisa Donzelli - delle condizioni del neonato alla nascita, della storia ostetrica e della risposta alle manovre respiratorie, in particolare ripresa della frequenza cardiaca e della respirazione".

Un argomento, come si vede, delicatissimo e che ha implicazioni rilevanti ad esempio sull'inconsistenza scientifica dell'embrione come persona umana.

"Sono convinto che questa tematica debba uscire dalle stanze degli 'addetti ai lavori' e diventare - avverte Donzelli - tema di cultura generale e riflessione condivise con la società civile, in particolare le donne: la libertà e consapevolezza di concepire e generare un figlio sono valori fortemente coinvolgenti". Pertanto, "ciascuno è legittimato a porsi in dialettica con le scienze perinatali per valutarne gli aspetti benefici ovvero potenzialmente dannosi per la salute e la felicità dell'uomo", conclude Donzelli.

Aprileinfoline 18 maggio 2007

 
 
 
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