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UNICA CERTEZZA IN ITALIA: DI LAVORO SI MUORE

Post n°1651 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da cile54
Foto di cile54

I miei eroi ammazzati

dal lavoro

Sono Franca Mulas. Sono stata privata di mio marito e di mio figlio, dal lavoro. Mio marito Gianfranco mi portò via dalla Sardegna insieme ai miei sei figli, di cui quattro nati da un precedente matrimonio, per un avvenire migliore. Era un muratore e lavorava con un’impresa edile. Anche mio figlio Luciano a 17 anni fu assunto insieme al padre.

Avevamo una famiglia numerosa da mantenere. Mio marito era una persona splendida, da venti anni mi era accanto, cresceva i suoi e i miei figli con tanto affetto.

Il 28 aprile del 2000 Gianfranco e Luciano uscirono di mattino presto. Dovevano recarsi a Briosco (Mi). L’impresa edile stava facendo la ristrutturazione di un tetto in legno presso un centro per anziani. Verso le 7.30 mio marito stava guidando la gru. Prese un carico di travi. Erano bagnate e si sono sganciate dal mezzo. Sotto c’erano due uomini. Lui ha gridato di spostarsi. Uno si è scansato, l’atro è stato preso in pieno ed è morto sul colpo. Era Luciano, mio figlio. Fu portato all’ospedale più vicino, ma non c’era più nulla da fare. Mio marito non ebbe il coraggio di dirmelo. Era ferito, addolorato.

Venni a sapere che Luciano era morto da mia figlia più piccola, di 11 anni. Luciano aveva 22 anni. Diceva sempre che voleva costruirsi una casa tutta da solo. Quando sento le campane in festa per un matrimonio, penso sempre con amarezza che mio figlio non potrà realizzare il suo sogno.

Dopo questo incidente mio marito venne indagato insieme ai soci dell’impresa. Dovevo difendermi e mi venne in mente di chiamare l’avvocato che già aveva difeso mio figlio in un’altra situazione. Ho vinto in primo grado e in appello, ma ancora nessuno risarcisce il danno che ho subito. Oltre al dolore, finora ho pagato decine di migliaia di euro per questo processo. Perché poi ce n’è un altro.

A distanza di poco più di un anno, esattamente il 23 luglio del 2001 accade qualcosa che sta per creare un altro grande vuoto nella mia vita. Ancora una volta, mio marito uscì di casa, questa volta per una ristrutturazione a Varese. Mentre stava montando delle piattaforme, l’ultima si è ribaltata e lui è caduto giù. Un volo di 15 metri dal quale non ha potuto salvarsi. In 15 mesi, la stessa azienda ammazza due persone della mia famiglia. Ricordo che mio marito mi aveva telefonato qualche giorno prima dicendomi di chiamare la ASL di Varese perché secondo lui il ponteggio non era a norma. Mi risposero con una raccomandata dicendo che erano sotto organico e quindi non potevano intervenire.

Intanto Gianfranco moriva a 41 anni, lasciandomi sola con 5 figli. Oggi vivo grazie al loro aiuto, perché con una pensione di 1.500 euro non ce la faccio a far fronte a tutte le spese. E poi c’è il secondo processo, quello per l’incidente di mio marito. Dopo sette anni di rinvii, perché probabilmente c’è qualcosa che mi sfugge, nonostante io paghi, forse si arriverà alla prescrizione. Il finale è che non vedrò punito nessuno, però le disgrazie me le hanno portate in casa. La mia famiglia è distrutta.

Dopo la morte di Gianfranco e Luciano, molti operai si sono licenziati, ormai avevano paura di perdere il lavoro. Però non si sono mai fatti vivi, neanche per dire qualcosa, anche solo per lasciare una testimonianza sulle condizioni in cui lavoravano. Io ormai non ho più paura, ma neanche loro ne dovrebbero avere. Io mi chiedo come sia possibile che in un’impresa dove muoiono due persone in 15 mesi non intervenga nessuno? Qualche volta Gianfranco mi ha raccontato che i suoi datori per risparmiare facevano fare lavori, ad esempio gli impianti elettrici, ai manovali. Quante volte gli ho detto :”Vai via, trova altro!” Però non c’è stato il tempo, prima per mio figlio e poi per lui. Intanto a quattro mesi dall’ultimo incidente la ditta ha dichiarato fallimento. Ecco, per chi rimane le cose vanno così: silenzio dalla stampa dopo due giorni di attenzione, disinteresse dai sindacati e dalle istituzioni. E poi si scoprono tante cose: ad esempio che mio figlio non era coperto da assicurazione perché era scaduta. Sono passati otto anni, non avrei voluto essere abbandonata e mi sento sempre più sola quando sento che muoiono ancora tanti lavoratori.

Non c’è giustizia, siamo lasciati allo sbaraglio. Dobbiamo mascherare con un sorriso la nostra sofferenza, perché si deve andare avanti e non posso farmi vedere triste dai miei figli. Gianfranco e Luciano non me li rende nessuno, sono stati i miei eroi morti per il lavoro.

Franca Mulas

fonte: http://salutepubblica.org

 
 
 
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