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« Hanno raccontato in anti...Quattro buoni motivi per... »

La storia è nota alle autorità sanitarie e farmacologiche italiane almeno di quattro anni

Post n°3894 pubblicato il 10 Ottobre 2010 da cile54
Foto di cile54

Farmaci & bugie

Le associazioni italiane di pazienti infertili scrivono al ministro Fazio chiedendogli di ritirare dal commercio un medicinale per l’infertilità. Potrebbe contenere prioni ma non c’è scritto nelle avvertenze.

A rendere difficile la vita delle coppie infertili che in Italia decidono di avere un figlio non è solo la sfilza di divieti e ideologiche imposizioni che costellano la legge 40/2004 sulla Procreazione medicalmente assistita. Chi decide di affrontare il trattamento per l’infertilità entro i confini del Belpaese, corre il rischio di contrarre gravi infezioni tramite l’assunzione di uno dei medicinali più impiegati in questo genere di cure.

 

L’allarme è stato lanciato dalle associazioni che tutelano i diritti dei pazienti infertili con una circostanziata documentazione spedita il 5 ottobre scorso via mail al ministro della Salute, Ferruccio Fazio, al direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco, Guido Rasi, e per conoscenza al presidente dell’Aifa, Sergio Pecorelli, e al sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella. Il farmaco in questione è il Meropur prodotto dalla Ferring.

 

Secondo i rappresentanti di Amica Cicogna onlus, L’altra Cicogna onlus, Cerco un bimbo, associazione Luca Coscioni, Aduc e Cittadinanzattiva, il principio attivo dei farmaci derivati da urine umane (come è il Meropur) «contiene numerose impurità tra cui i prioni», cioè le proteine responsabili della variante umana del morbo della mucca pazza (Creutzfeldt-Jakob). Questa affermazione si basa sulle conclusioni di numerosi studi svolti negli ultimi anni e pubblicati su diverse riviste scientifiche specializzate. L’ultimo in ordine di tempo è stato presentato il 13 settembre scorso al XX Congresso mondiale su Fertilità e sterilità di Monaco in Germania, e fa riferimento a una ricerca resa nota su The journal of reproductive medicine and endocrinology da un gruppo di scienziati egiziani dell’università di Alessandria.

 

Già prima di questo studio l’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato le linee guida 2010 sulla «distribuzione nei tessuti dell’infettività da encefalopatie spongiformi trasmissibili» (in cui rientra la “mucca pazza”), con il passaggio delle urine dalla categoria dei tessuti privi di infettività alla categoria dei tessuti a bassa infettività. Poiché «le evidenze scientifiche fanno emergere che il Meropur non si differenza dagli altri urinari», le associazioni hanno chiesto al ministro Fazio e al dg dell’Aifa, Rasi, l’immediata sospensione del farmaco dal commercio oppure, in alternativa, la revoca dell’autorizzazione.

 

L’urgenza di una concreta risposta è ancor più motivata dal fatto che nel bugiardino del Meropur, a differenza delle avvertenze riportate nella stessa confezione venduta in Francia o Gran Bretagna, non c’è alcun riferimento alla inquietante controindicazione. Quindi chi lo assume ignora di correre il rischio di contrarre il morbo della mucca pazza. Un pericolo prossimo allo zero, come dimostrano i soli due casi accertati in Italia dal 2000. Ma già nel febbraio 2003 in una Gran Bretagna scossa da 160 decessi, le autorità sanitarie, proprio in seguito al primo caso italiano della variante di Creutzfeldt-Jakob, hanno interrotto definitivamente per precauzione la vendita di un altro medicinale prodotto con urine di donne in menopausa provenienti dal nostro Paese.

 

La storia del bugiardino incompleto, privo cioè di una fondamentale avvertenza, è nota alle autorità sanitarie e farmacologiche italiane almeno di quattro anni. «Fin dal 2006 - scrivono le associazioni - al ministro competente in carica e ai vertici dell’Aifa, abbiamo segnalato che, in Italia a differenza di altri paesi europei, le gonadotropine di derivazione umana non riportavano giuste avvertenze sul rischio di contrarre patologie virali per chi li assume. A seguito di tale richiesta nel rispetto del principio di precauzione (...) fu introdotta una nota nelle avvertenze di tutti i medicinali autorizzati con procedura nazionale contenenti gonadotropine estratte da urine umane». La dicitura apparve in tutti i bugiardini tranne che in quello del Meropur.

 

Dopo 12 mesi trascorsi nell’inutile attesa di veder aggiornate le avvertenze sul medicinale della Ferring, le associazioni di pazienti infertili, nel 2007, hanno «segnalato agli organi competenti tale omissione, che induce il paziente alla convinzione di assumere un farmaco esente dai rischi  previsti per le altre gonadotropine da urinari». E poi ancora, nel 2009, hanno «evidenziato direttamente all’Aifa che sul piano prettamente scientifico uno studio pubblicato su RBMOnline (cfr. all.2) dal titolo Identificazione analitica di impurezze addizionali in gonadotropine derivate dalle urine, condotto su farmaci venduti in Italia tra cui il Meropur, ha evidenziato la presenza di 23 elementi impuri sugli urinari». Allo stesso modo «un secondo studio pubblicato su J Reprod Med 2009, dal titolo Proteomic analyses of recombinant human follicle-stimulating hormone and urinary-derived gonadotropin preparations, si è occupato di prodotti venduti all’estero, ma sempre urinari, ha evidenziato la presenza di prioni in tali farmaci».

 

La vicenda del mancato aggiornamento del bugiardino, pervicacemente difeso dalla Ferring, ha assunto, se possibile, toni ancor più surreali la scorsa estate quando da un’inchiesta della magistratura milanese è emerso che il gruppo biofarmaceutico svizzero era coinvolto in un presunto giro di tangenti che vede indagato anche l’ex sottosegretario alla Salute e senatore Pdl Cesare Cursi. Ai primi di luglio Ferring ha patteggiato davanti al giudice per le indagini preliminari di Milano una pena pecuniaria, mettendo a disposizione, tra risarcimenti e somme confiscate, quasi 2 milioni di euro.

 

Sulla base dell’accordo raggiunto dai legali della divisone italiana del gruppo con i pm, poi ratificato dal giudice, la società ha pagato 200mila euro di multa. Inoltre, ha risarcito il ministero della Sanità con altri 200mila euro e si è vista confiscare come prezzo e profitto del reato presupposto (la corruzione) oltre 1,5 milioni di euro. Secondo fonti d’agenzia, il senatore Cursi, indagato per corruzione, avrebbe preso nel 2005, insieme a un mediatore, una tangente da 100mila euro dalla Ferring (i vertici dell’epoca sono indagati) per far registrare il Meropur all’Aifa a un prezzo maggiorato di 3 euro.

 

La vicenda è stata oggetto anche di un’interrogazione parlamentare al ministro Fazio presentata il 23 luglio 2010 dalla senatrice radicale del Pd, Donatella Poretti. Interrogazione che non ha mai ottenuto risposta. Per questo motivo, lo stesso giorno in cui le associazioni hanno spedito al ministero e all’Aifa l’ennesima richiesta di ascolto, la senatrice Poretti ne ha presentata un’altra. Le coppie infertili italiane pazientemente attendono una risposta.  

Federico Tulli

09/10/2010

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