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Marco Travaglio, "La Repubblica", "Il Fatto Quotidiano", perchè non andate a nascondervi?

Post n°4137 pubblicato il 17 Dicembre 2010 da cile54

Durante il tg7 di martedì sera Marco Travaglio si è intrattenuto, bontà sua, a parlare dei manifestanti di Roma. Giusto per dare, letteralmente, del "demente" a chi è sceso in piazza nel pomeriggio.

E' chiaro che gente come Travaglio ha un ruolo quando le piazze sono silenziose e il protagonismo politico passa a chi, in televisione, fa tanto l'onesto nei salottini digitali tra uno spot pubblicitario e un servizio lacrimevole. E' da comprendere la preoccupazione di Marco Travaglio: quando la politica passa in mano ai protagonisti collettivi per gente come lui c'è il rischio di tornare ai tempi in cui faceva il garzone di Indro Montanelli. Travaglio è un buon cronista e ha anche senso dell’umorismo. Ma il suo è un mondo molto ristretto. Si divide tra notizie di interesse per la magistratura e notizie che non interessano agli inquirenti. Tutto quello che non è interessante per la magistratura per Travaglio non ha valore. Quando si dice pensare con il codice penale tatuato nella mente. Di qui un’idea di società altrettanto ristretta. Fatta di giudici, di avvocati, di giornalisti, di testimoni e di pubblico che assiste in aula o in televisione. Tutto ciò che non appartiene a questo mondo, per Marco Travaglio, è “demente”. Con questo metro di giudizio per Travaglio sarebbe risultato demente anche Thomas Jefferson figuriamoci gli studenti o, orrore, i comunisti. Ma lo comprendiamo, un mondo rischia di finire e nessuno lascia la ribalta volentieri. Stesso rischio corso da due organi della disinformazione di centrosinistra. Repubblica e Fatto quotidiano.

Cominciamo dal quotidiano diretto da Ezio Mauro. Repubblica, rispetto ai movimenti, gode di un periodo di accumulazione di infamia originaria. Ci riferiamo alla fine degli anni settanta quando si trattava di dire ai giovani di allora che la politica di massa non aveva senso, che i movimenti erano dispersi o che avrebbero imboccato la via perdente del terrorismo. L’unica strada da percorrere, nel frattempo che i giovani di allora si trasformavano in lettori del quotidiano, era quella di mettersi una cravatta, votare e sperare nel mercato. Da trenta anni a questa parte la linea sui movimenti di Repubblica è questa. Per ogni movimento che sfugga alla regola “diventi grande se ti metti una cravatta e speri nel mercato” c’è pronto un colossale lavoro di disinformazione, banalizzazione, criminalizzazione. C’è anche la pratica del lavoro preventivo. Appena nasce un movimento Repubblica annuncia “non è il ‘68”. Per indirizzare i giovani ad essere pragmatici, a non contestare i ricchi e le istituzioni del mercato anche se queste ti portano allo sfacelo. Nel frattempo i peggiori affamatori del paese sono stati promossi a modello. Da Ciampi, a Veltroni a D’Alema (che ha fatto pure una guerra supportata dal quotidiano diretto allora da Scalfari che oggi appoggia l’avventura afghana) a Prodi Repubblica non si è persa la propaganda di uno di questi modelli.

Il Fatto Quotidiano, cui parte della redazione proviene da L’Unità (foglio su cui stendiamo un velo pietoso per non scioccare i lettori) rappresenta una versione più adrenalinica di Repubblica. Dove si può anche provare il brivido di entrare non solo negli affari indiscreti del centrodestra ma anche in quelli del centrosinistra. Ma sui movimenti che sfuggono alle loro categorie la linea è unica. Si tratta di dementi, per dirla alla Travaglio. E cosa può essere un demente se non un soggetto manipolabile? Ecco allora che, su Repubblica e sul Fatto, dopo il riot di martedì fioriscono foto ed ipotesi sulla presenza di infiltrati nel corteo di Roma. Ecco servito un movimento: si parla di lui perché composto di dementi ed infiltrati. Immancabile l’esaltazione del coro delle voci bianche che condanna ogni violenza e manipolazione. Un gruppo semiclandestino di studenti del PD è stato infatti elevato da Repubblica a tribunale di condanna delle “violenze” avvenute nella giornata di martedì. Ecco quindi che il PD chiede a viva voce una relazione del ministro degli interni sugli infiltrati. Il vero obiettivo qui non è il governo, che avrà vita facile (grazie ai media) nel rispondere, ma i manifestanti di Roma. Più si parlerà di infiltrati più le persone reali presenti a Roma finiranno nell’ombra o rappresentate come deboli e manovrabili da poteri occulti. E’ l’unico modo per dare una certa legittimità a partiti liberisti estremisti (come il PD) o populisti che campano abusando la credulità popolare (come l’IDV di Di Pietro) delegittimando i movimenti tacciandoli di demenza come anticamera dell’essere facilmente manipolabili. Ovviamente dal nemico che, tramite gli infiltrati, fa quello che vuole. E così, affermando sottotraccia che i movimenti fanno il gioco di Berlusconi, il gioco si vorrebbe chiuso.

Ma, cari Travaglio, Repubblica e Fatto Quotidiano vi siete mai guardati allo specchio? In qualche lustro di battaglie, condotte con i vostri metodi, contro Berlusconi qualcuno ha cavato un ragno dal buco? A parte gli assegni che hanno riempito i vostri conti correnti bancari, s’intende.

In anni di giaculatorie sul conflitto di interessi, sulla legge elettorale, sulle infinite ricostruzioni dei pentiti, su sgangherati racconti parapolizieschi avete mai eroso il consenso del berlusconismo? Ovviamente no. Ecco ora lasciate spazio al protagonismo della piazza, fatta di gente reale, di giovani che lottano per un futuro, che le vostre cronache di palazzo servono solo ai consumatori di gossip. Si comprende come sia dura lasciare il protagonismo di un mondo che si riteneva immutabile, con le masse silenziose ed inerti. E se tutto ciò non vi piace allora perché non provate ad impiccarvi?

Per un suicida gli storici trovano sempre la pietà di un supplemento di memoria. Potrebbe essere una soluzione. Perché i prodotti di scarsa qualità che vendete di memoria ne lasceranno poca. Oltre alla sconfitta rischiate quindi anche l’oblio. Un gesto alla Mishima potrebbe quindi un’ottima soluzione per lasciare qualche traccia. Ma, per carità, lasciate stare i movimenti. Quelli lottano per la vita non, come voi, per posizionarsi meglio nelle tramissioni della chiacchiera politica, noia digitale eletta impropriamente a pubblica opinione.

per Senza Soste, Bill Shankly

15/12/2010

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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