RACCONTI & OPINIONIPagine di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali - a cura di franco cilenti |
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L'ambientalismo ipocrita delle multinazionali
Definirlo ambientalista, nel senso comune del termine, forse è azzardato. Di sicuro, Martin Caparros, storico di formazione, giornalista e scrittore, non risparmia sferzate caustiche a un certo ecologismo di facciata, benpensante e ipocrita. In Italia è appena uscito il suo reportage narrativo, Non è un cambio di stagione pubblicato da Edizioni Ambiente (pp. 272, euro 17, disponibile anche in ebook). Diretto, politically scorrect, polemista: Caparros se la prende con chi si indigna per le emissioni delle cucine a legna in Africa e in Asia, ma sorvola sulle emissioni delle centrali termiche negli Usa. O con le multinazionali che continuano a far soldi inquinando il pianeta, ma si lavano la coscienza colorandosi di green e partecipando a progetti cosiddetti "ecologisti". Per distinguerli li chiama "ecololò". «Sono così ben educati, tanto benintezionati, così padroni delle buone parole». Il loro è un ecologismo funzionale al sistema, spacca il capello in quattro ma non tocca i meccanismi di dominio e lascia che il mondo rimanga così com'è. «Cosa fa l'ecologia per cambiare le società che producono maggiori minacce? Le vuole uguali ma più pulite»? Una maniera esiste «per ridurre seriamente le emissioni dei gas serra»: «cambiare radicalmente il modo di vivere e di produrre dei paesi ricchi, per prima cosa, e di conseguenza d tutti gli altri. Se il mondo tornasse a una economia di approvvigionamento dei fabbisogni basilari e lasciasse perdere tutto il resto - tutto quello che forma il suo sistema economico globalizzato - sicuramente il riscaldamento globale smetterebbe di essere una minaccia». «Due sono i filoni di pensiero critico rispetto allo sperpero delle società più ricche»: uno sostiene che «il problema del consumismo è la produzione di e sostanze» che causano danni al pianeta Terra, l'altro, invece, che «il problema del consumismo è che causa danni brutali alle migliaia di milioni di persone che, a causa dei livellli di consumo diseguali, restano senza cibo tutti i giorni». «Ho letto libri, articoli e report sui pericoli del cambiamento climatico e ho visto poco sulla responsabilità quasi unica delle società ricche e quasi nulla sulla distribuzione paritaria delle risorse com soluzione al cambiamento climatico». Come dire, finché essere ecologisti serve a imbellettare la coscienza di chi ha il potere va bene. Ma se si intende l'ecologismo hard, la rivoluzione nei rapporti di dominio e di distribuzione delle risorse fa sud e nord del mondo, allora nemmeno a parlarne. Invece di cambiare il Suv con una Prius, perché non usare i trasporti pubblici? Magari un quinto della popolazione mondiale potrebbe smettere di mangiare più della metà degli alimenti che il mondo produce. Caparros ha viaggiato in lungo e largo sulle tracce dell'apocalissi climatica, toccando nei suoi resoconti mezzo mondo, Amazzonia, Niger, Nigeria, Rabat, Sidney, Manila, New Orleans e altro ancora. Il suo è uno scetticismo che costringe a guardare le contraddizioni sul campo, per esempio quella dei contadini poveri costretti a usare fertilizzanti chimici per portare in tavola un pasto al giorno a base di miglio. «Non posso negare che nell'atmosfera ci siano più gas serra di due secoli fa e che la temperatura sia aumentata», la questione «è chiedersi perché ci si preoccupa di più di questo che di altre problematiche». Non sarà però che lo scettticismo di Caparros vada preso, a sua volta, con un po' di sano scetticismo? Non sarà che l'effetto serra e le ingiustizie sociali sono figli dello stesso sistema socioeconomico?
Tonino Bucci
30/10/2011
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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