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Messaggi del 03/03/2014

 
 

Denuncia sulle linee guida europee sono ancora basate su analisi che comprendono dati ormai screditati. Quindi in Italia?

Post n°8662 pubblicato il 03 Marzo 2014 da cile54

Cuore, studio Uk accusa: migliaia di morti in Ue per linee guida basate su dati falsi

Tutto ruota intorno alle linee guida della Società europea di cardiologia pubblicate nel 2009 che raccomandano per i pazienti cardiopatici che devono sottoporsi a un intervento chirurgico non legato al cuore l’impiego di farmaci beta bloccanti. Queste linee guida sono, però, basate su ricerche rivelatesi in contrasto con gli standard scientifici, tanto da provocare il licenziamento dell’autore

I numeri sono quelli di un conflitto armato. “Almeno 10 mila probabili morti l’anno nel solo Regno Unito”. Sono le conclusioni di una meta-analisi condotta su migliaia di pazienti da un team di ricercatori britannici guidati da Darrel Francis, dell’Imperial College di Londra, e pubblicata a luglio sulla rivista specializzata “Heart” . Cifre che, guardando all’intero Continente europeo, lieviterebbero. Fino a raggiungere le 800 mila morti negli ultimi cinque anni, in base a una più ampia indagine condotta dallo stesso gruppo di ricerca, pubblicata nelle scorse settimane sullo European Heart Journal. “La sicurezza dei pazienti è di primaria importanza – sostiene Francis nella sua analisi -. La medicina clinica dovrebbe imparare dai propri fallimenti”.  

Ma su cosa si basa questo studio britannico e quali sono i fallimenti cui fa riferimento? Tutto ruota intorno alle linee guida della Società europea di cardiologia pubblicate nel 2009, raccomandano per i pazienti cardiopatici che devono sottoporsi a un intervento chirurgico non legato al cuore l’impiego di farmaci beta bloccanti, per proteggere il cuore stesso sia durante che dopo l’operazione. Queste linee guida sono, però, basate su ricerche rivelatesi nel tempo in contrasto con gli standard scientifici correnti, tanto da provocare nel novembre del 2011 il licenziamento dell’autore, Don Poldermans, da parte dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam presso il quale lavorava come esperto in chirurgia cardiovascolare, a seguito di una “Inchiesta per possibile violazione dell’integrità scientifica”

A nulla sono valse, infatti, le ammissioni di colpa e le scuse dello studioso, che ha tuttavia negato l’intenzionalità del suo operato. Numerosi gli appunti mossi contro di lui, tra gli altri “cattiva condotta scientifica, omissione di consenso informato scritto, fabbricazione di dati e manipolazione dei risultati della ricerca”. Non sarebbe, invece, emersa “alcuna prova di manipolazioni indirizzate deliberatamente in una specifica direzione”, secondo l’indagine interna dell’istituto. I fatti sono ancora più gravi se si considera che il medico olandese caduto in disgrazia, oltre a essere stato il principale responsabile del progetto di ricerca, ha anche guidato, in palese conflitto d’interessi, la commissione che ha stilato le linee guida europee. 

“La meta-analisi di Francis è solo l’ultimo di una serie di studi che mettono in dubbio l’uso dei beta-bloccanti per la prevenzione degli eventi cardiovascolari nella chirurgia non cardiaca – sostiene Rosa Sicari, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, tra i membri della task force che ha stilato le linee guida europee -. Le varie generazioni di studi nel tempo sono state, infatti, messe in discussione per il sospetto di frode scientifica. Tuttavia – precisa la studiosa – nonostante ci siano state indagini sulla condotta di Don Poldermans, autore principale di queste ricerche, gli studi non sono stati cancellati e/o ritirati dagli editori delle prestigiose riviste che li avevano pubblicati”. 

Ma quanto sono efficaci questi medicinali e quali sono i rischi connessi al loro impiego? “I beta-bloccanti sono farmaci largamente usati nei pazienti con cardiopatia ischemica e nella disfunzione ventricolare sinistra non ischemica – spiega Sicari -. Il loro utilizzo aumenta il rischio di morte per ipotensione e ictus. Tuttavia, gli studi clinici randomizzati sono ancora pochi e probabilmente insufficienti a chiudere questa controversia scientifica che dura da moltissimi anni”. 

Secondo quanto emerge dalla meta-analisi, l’aumento del rischio di decessi nel solo Regno Unito sarebbe del 27 per cento. Francis e colleghi denunciano che le linee guida europee sono ancora basate su analisi che comprendono i dati degli studi di Poldermans, ormai screditati. E denunciano come l’aver inserito questi dati manipolati nelle meta-analisi fatte in precedenza abbia determinato una sottostima del rischio di mortalità associato all’uso dei beta-bloccanti. Secondo gli autori, però, “non è facile accertare in modo affidabile la reale estensione del possibile danno” di questa sottovalutazione dei rischi per la salute. Ma, in basse alle loro stime, “più della metà dei decessi si sarebbe verificata quando la ricerca di Poldermans era già stata screditata. Le linee guida – concludono Francis e colleghi – dovrebbero, pertanto, essere ritirate senza ulteriori ritardi”. 

L’invito degli studiosi inglesi sembra essere stato recepito. “Si stanno preparando le nuove linee guida – comunica Sicari -, nelle quali l’indicazione dei beta-bloccanti dovrebbe rimanere limitata a chi già li utilizza cronicamente”. Secondo un comunicato congiunto emesso, all’indomani della pubblicazione dello studio britannico, dall’American Heart Association, l’American College of Cardiology Foundation e l’European Society of Cardiology, “è in corso un’attenta indagine di tutti gli studi già validati, con l’incorporazione di nuovi trial e meta-analisi. Nel contempo, la nostra posizione comune è che l’utilizzo dei beta-bloccanti in pazienti che si sottoporranno a interventi non cardiaci non dovrebbe essere considerato di routine, ma valutato attentamente dai medici caso per caso”. Le nuove linee guida, depurate da dati erronei e manipolati, secondo le indicazioni delle tre società scientifiche internazionali, dovrebbero vedere la luce quest’estate. 

La meta-analisi pubblicata sulla rivista Heart

Davide Patitucci

1/3/2014 www.ilfattoquotidiano.it

 
 
 

Piero Cipriano, giovane psichiatra, parla del suo libro “La fabbrica della cura mentale”. Reparto psichiatrico o manicomio?

Post n°8661 pubblicato il 03 Marzo 2014 da cile54

La fabbrica della cura mentale. Diario di uno psichiatra riluttante

Cos’è cambiato oggi nei luoghi della cura, a più di 35 anni dalla legge di riforma psichiatrica? Quali sono le buone pratiche da considerare esemplari? E quali invece vanno rifuggite per non far in modo che l’eterno presente del manicomio sia trasformato nell’eterno ritorno del reparto psichiatrico (SPDC), dove le persone vengono ricoverate, legate, controllate a vista da telecamere, sedate?

Piero Cipriano, giovane psichiatra, nel suo libro “La fabbrica della cura mentale”, ci introduce immediatamente nel problema. Da psichiatra ‘riluttante’ come si definisce manifesta il suo dissenso alla presa in carico della persona come all’interno di una fabbrica, dove le dinamiche dell’assistenza sono organizzate più o meno secondo i criteri della catena di montaggio: ognuno impegnato a svolgere il suo ruolo nella macchina gerarchicamente costituita della cura mentale, la macchina che si occupa di “aggiustare” i pezzi difettosi della società.

Come si aggiusta un pezzo difettoso, viene allora spontaneo chiedersi? Quale tipo di formazione, accademica o paraccademica, occorre acquisire? E come si diventa maestri della normalità? Imprenditori della ragione?

Domande importanti e ardue a cui uno psichiatra “di fabbrica” saprebbe sicuramente rispondere. Uno di quelli che pensa di poter aggiustare il prodotto imperfetto, ripercorrendo un protocollo di tecnicismo e  scientificità appositamente stilato: fatto da diagnosi, da somministrazioni di farmaci e dove necessario (naturalmente sempre estremamente necessario!) fatto anche da contenzione.

Eppure, spiega l’autore, già Kant, nel 1764, nel suo Saggio sulle malattie della mente, sapeva che la competenza del medico non si poteva esaurire nel dar nomi alle malattie della testa.

Troppo spesso la soggettività esistenziale ed esperienziale delle persone viene sacrificata dagli psichiatri per la preoccupazione di nominare quella cosa (la malattia), sedarla, renderla innocua e annullarla. Somministrando farmaci, legando, ignorando. Mettendo in atto una serie di operazioni che con la cura non hanno più nulla a che vedere. Poichè quel tipo di cura è la banalità della cura, per non dire “del male” e citare Anna Harendt!

Chi è allora lo psichiatra dissidente?

È chi innanzi tutto si ferma a riflettere. Chi esce dalla “fila indiana”, come dice Ascanio Celestini. Ne scruta i meccanismi di fabbrica e necessariamente comprende di non poter trovare condivisione d’idee tra quegli spazi. E si chiede come mai si faccia così, se una legge di assistenza psichiatrica che tenga inesorabilmente conto dei vincoli costituzionali stessi, del rispetto della persona e della dignità umana sia stata approvata. Che motivo c’è di fare come se non fosse mai stata approvata? Basta poco ad attuare pratiche di cura positive: basta curare somigliando all’autentico senso legislativo, filosofico, etico e amministrativo della legge. È più difficile non rispettarla, perché le cattive pratiche, ognuna a suo modo, disorientano e determinano esclusione anziché inclusione, cronicizzazione anziché recupero, prigionia anziché libertà. Non a caso, “tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.”(L. Tolstoj, Anna Karenina)

Silvia D’Autilia

20/2/2014

“La fabbrica della cura mentale. Diario di uno psichiatra riluttante” di Piero Cipriano (Eleuthera ed. 2013)

 

 
 
 

Il Nuovo Uomo della Provvidenza, come tutti i suoi precedessori ricicla materiale vecchio e lo veste di giovanilismo e gonnelle

Post n°8660 pubblicato il 03 Marzo 2014 da cile54

Non è un Tunnel! E’ un pozzo senza fondo!

E’ peggio di un bollettino di guerra. I dati diffusi dall’Istat dicono che è il peggior dato dall’inizio della crisi: il tasso di disoccupazione in Italia a gennaio è balzato al 12,9%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su dicembre e di 1,1 su base annua, mentre nella media dei Paesi Ue resta al 12%. I disoccupati sfiorano i 3,3 milioni nel 2013, + 13,4% rispetto all’anno precedente. A febbraio l’inflazione su base annua torna a frenare, risultando pari allo 0,5% (dallo 0,7%, di gennaio): significa che i prezzi di beni e servizi sono aumentati solo dello 0,5% rispetto a febbraio dell’anno scorso, con una decelerazione di due decimi di punto percentuale rispetto al valore registrato a gennaio, che era appunto +0,7%. È il valore più basso da ottobre 2009. Siamo in deflazione. Che è lo stadio successivo verso il precipizio della recessione. L’economia prima decelera, poi si arresta ed infine arretra. Questi stadi noi li abbiamo attraversati tutti. Altro che Tunnel e la luce, Siamo verso il baratro!

Ora qualcuno, dico solo qualcuno dotato di buon senso , dovrebbe chiedersi, Ma la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta? Dipende dai punti di vista, dagli obbiettivi che ci si era preposto. E siccome si continua imperterriti su questa strada anche o nonostante i dati che mensilmente l’ISTAT ci rivela vorrà dire che questi erano proprio i dati che loro si aspettavano. Altrimenti dovremmo arrivare alla conclusione che sono scemi, matti, dediti al suicidio di massa ecc ecc Insomma o pazzi o criminali! Non è così. O certo la faccia la devono pur salvare. Ed ecco che i vari ex ministri, politici navigati ognuno dice che la situazione è drammatica ( almeno questo) e che la colpa è di quello prima o dopo di lui. Della Fornero, di Sacconi , di Monti. di Saccomanni, sempre degli altri. Eppure la politica economica e del lavoro non è cambiata di una virgola rispetto a tutti i governi e governanti succedutesi in questi decenni. La logica è sempre la medesima. Quella del mainstream che vuole che sia l’offerta a trainare la domanda. Infatti tutti i provvedimenti, da Berlusconi, a Monti da Letta a Renzi hanno spinto ad agevolare l’offerta a scapito della domanda. E contemporaneamente aumentando il prelievo fiscale a discapito dei salari e quindi dei consumi interni. Perché l’altro mantra economico dei neoliberisti è che solo con l’esportazione si arriva alla crescita e questa si ottiene abbassando diritti e salari dei lavoratori, diminuzione del costo del lavoro ( in Italia uno dei più bassi in Europa persino rispetto ai paesi dell’ex Est se confrontato con la produttività in termini di ore di lavoro) in modo che si agevola l’export. E’ qui è il secondo assioma. La lotta è fra gli imprenditori, Le imprese dediti al consumo interno rispetto a quelli che esportano In mezzo i lavoratori che è carne da macello! In compenso eliminando il welfare, lo Stato sociale, e privatizzandolo si apre uno spazio al mercato interno. Saranno i privati ad occupare lo spazio lasciato libero dallo Stato. E il cerchio si chiude. Si può anche non comprare frigoriferi, cucine o auto, ma di una radiografia non se ne può farne a meno, la richiedono per curarsi. Oppure si muore!

In questo quadro come si pone il Nuovo Uomo della Provvidenza? Ma esattamente come tutti i suoi precedessori. Il rottamatore come colui che ricicla il ferro vecchio! Il suo Job Act che viene venduto , come l’atto per risolvere il problema della disoccupazione? Ma intanto l’impianto va nella direzione e nell’ideologia sopra esposta. Si agevola l’offerta , si abbassano diritti e salari dei lavoratori, a scapito della domanda aggregata interna e per favorire il mercato dell’esportazione. E in questo seguendo i dettami di giuslavoristi alla Treu, Biagi, Ichino Cioè attraverso le regole del mercato del lavoro si crea ....lavoro! Questo potrebbe aver una logicità ( anche se errata secondo me) in una situazione di espansione, di crescita, per cui occorrere dare un "aiutino" alle imprese, per invogliare ad ampliare la domanda. Ma non in tempi di recessione! Con le regole non si crea lavoro, al massimo si razionalizza, si semplifica. D’altra parte loro son giuslavoristi mica economisti!

La propensione all’investimento da parte degli imprenditori non si ha, in presenza di una crisi così profonda, agevolando di qualche punto il costo del lavoro o attraverso la facilità al licenziamento. ma è dato rispetto alle aspettative di far profitto e del tasso di redditività del capitale investito. ( tasso di profitto) Se non c’è prospettiva di profitto, l’imprenditore non investe (anche in presenza di un credit crunch o si pensa che l’imprenditore investe di suo? Piuttosto investe in borsa o nei titoli derivati, Come è avvenuto e come ancora avviene) e quindi non si sogna nemmeno di assumere, figuriamoci di licenziare. Il lavoratore può costare anche a costo zero ( se non fosse che deve sopravvivere) Cosa produce? Per chi? A chi vende? E neanche a dire redistribuiamo quel poco di lavoro che c’è. Ma se si allunga l’eta pensionabile a 67-68 anni , come si può pensare di redistribuire il lavoro che c’è? E chiaro che poi i giovani non lasciano la casa dei genitori. Perché è questo l’unica fonte di reddito e di sopravvivenza ( se non è licenziato anche lui!) Insomma non vi aspettate miracoli dal riciclatore di ferro vecchio! E’ cambiata solo la forma, l’aspetto, ma la merce è la stessa Sempre di piazzista di fumo si tratta!

zag(c) 

1/2/2014 www.bellaciao.org

 
 
 
 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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