Creato da socialismoesinistra il 28/06/2008
Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
 

 

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Tenere la barra dritta

Post n°101 pubblicato il 14 Marzo 2009 da socialismoesinistra

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In queste fasi convulse ed emergenziali in cui si dibatte la politica economica per tamponare gli effetti della crisi economica occorre avere freddezza e tener la barra dritta, occorre cioè filtrare ogni argomento e provvedimento attraverso un filtro che aiuti a collocare ogni provvedimento, ogni decisione all’interno di alcuni punti fermi e di un modello interpretativo abbastanza solido.

            Vi voglio proporre qual è il mio modello interpretativo:


  1. Non dimenticare mai la diagnosi sulle cause della crisi
  2. Distinguere i provvedimenti emergenziali dai provvedimenti strategici.

 

La diagnosi che abbiamo fatto al convegno del  5 Febbraio era abbastanza chiara e condivisa: le degenerazioni della finanza statunitense, il bubbone malefico di strumenti finanziari tossici è una manifestazione patologica alla cui base stanno la mancanza di regole del mondo finanziario, dell’economia di carta, ma, e soprattutto, nell’economia reale, una distribuzione iniqua del prodotto tra profitti e salari. Quest’ultima causa è a nostro parere alla fonte di un’economia che a partire da Reagan ha dirottato punti di PIL dai salari ai profitti rendendo asfittica una domanda che era alla base della bassa crescita di tutti i paesi occidentali. In particolare in Italia la crescita 0 del PIL soffriva di una carenza di domanda interna che solo poche medie aziende riuscivano a sostenere grazie alla loro capacità di esportare. Richiamare la miopia del mondo industriale come esponemmo leggendo il parere del CNEL che denunciava come fallimento politico il mancato trade-off tra bassi salari e incremento dell’apparato tecnologico delle imprese deve rimanere un punto fermo anche e specialmente quando si parla di rinnovo dei meccanismi contrattuali. Se prima dell’esplodere della crisi si puntava sulla necessità di aumentare salari e stipendi, non è che con il sopraggiungere della crisi butti tutto in vacca e non si parli più della rimozione della fondamentale causa della crisi che è la distribuzione di classe del reddito nazionale. Insisto sul termine distribuzione di classe perché è in tali atti che riviene all’ordine del giorno un sempre più evidente conflitto di classe.

Elemento essenziale nella perfida distribuzione del reddito e oggi elemento dei provvedimenti di tampone anti-crisi è l’economia sommersa che si vuol utilizzare e incentivare come rimedio alla crisi dell’economia legale e l’evasione fiscale che è la più perfida delle redistribuzioni attuata dall’attuale modello di sviluppo.

 

Sui provvedimenti emergenziali occorre dire che non si può non essere d’accordo con quanto prospettato nei paesi in difficoltà. Si potrà discutere sui mezzi adottati o proposti, se è meglio la deroga alla cassa integrazione o l’assegno di Franceschini, ma in questo ambito occorre tener ferme due considerazioni. La prima è che ciò che si sta facendo oggi per i precari è la più evidente denunzia dell’incapacità del centro-destra di affrontare, come fece con la legge Biagi, la mobilità del lavoro. Non è che il governo Prodi abbia fatto molto nei 22 mesi di vita, ma la proterva non accettazione di costruire una rete solida di ammortizzatori sociali va addebitata alla gestione classista dei vari Sacconi, Maroni, Berlusconi. La seconda considerazione è che i provvedimenti emergenziali che si stanno prendendo, elemosina o meno che siano, sono un porre un riparo inadeguato alla carenza del modello di sviluppo e tale riparo ha in sé oltre ad una certa dose di solidarietà un ben più corposa paura di disordini sociali. Il ricordo di un Veltroni che dichiarava finita la lotta di classe è ormai svanita nell’oblio.

 

Più importante, a mio modo di vedere, è però interrogarsi sul come usciremo da questa crisi. Per semplificare usciremo rafforzando il modello economico della Lega basato su piccole imprese che hanno come strumento di competitività i bassi salari, l’evasione di contributi e imposte? Il modello dell’economia sommersa dove si salva chi può e come può, modello solleticato da questo governio che ha programmaticamente allentato le misure sui controlli degli ispettorati del lavoro o che viene esaltato dal provvedimento sull’edilizia in discussione in questi giorni. Tale modello ricopiato paro-paro dalla pubblicità di Vodafone da una parte è una titilla l’anima abusivista che sonnecchia in noi, lancia un messaggio al sommerso edile che in Italia è enorme e d’altro canto crede che i risparmi degli italiani siano immediatamente spendibili perché tenuti sotto il materasso e non tiene conto che per ritrovare la liquidità per ampliare la veranda sarà necessario realizzare le perdite, per ora virtuali, degli investimenti in titoli.

O pensiamo finalmente che dalla crisi debba uscire un’economia finalmente legale, che è competitiva perché investe in ricerca e innovazione, e che migliorando la produttività può riconoscere contrattualmente l’aumento della produttività nei salari dei dipendenti, un’economia che tenda (entro il 2010?) a realizzare l’obiettivo di Lisbona di fare delle economie italiana ed europee quelle più avanzate nel mondo nel campo della conoscenza, della ricerca e dell’innovazione.

Ieri a Vimercato è stato inaugurato un distretto high-tech sponsorizzato dalla Cisco. C’erano Berlusconi, Maroni e la Gelmini. Se agli atteggiamenti annuncio si facessero seguire i fatti in quella direzione vedrei con molta convinzione il perseguimento di quella strada.

 

 

Renato Gatti

esperto in economia aziendale 

 
 
 
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