Creato da socialismoesinistra il 28/06/2008
Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
 

 

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Pragmatici ed ideologi

Post n°137 pubblicato il 13 Aprile 2009 da socialismoesinistra

 

 

“Nella sinistra italiana ed europea s’è aperta una nuova fenditura che divide non più comunisti, socialisti o socialdemocratici, ma riformisti e massimalisti; coloro che pensano ad una riorganizzazione, anche su basi etiche e valoriali, della moderna economia di mercato e coloro che, senza più la prospettiva della –società nuova- considerano la critica dell’oggi, quale che esso sia, una vera strategia fondata su una serie di presupposti facili da individuare ma difficili da dimostrare”. A.Francione 27/3/2009

 

I massimalisti sarebbero poi portatori di ideologia, incapaci quindi di rispondere ai problemi hic et nunc, ma in grado solo di proporre astrusi modelli teorici irrealizzabili. Il pragmatico invece a domanda risponde e le risposte sono improntate alla cultura del fare. Ideologia poi, è diventata una parola magica: basta pronunciarla per distruggere l’antitesi marchiando il portatore di un passatismo antistorico.

L’ideologo cerca di costruirsi un modello di riferimento che tenga e nella costruzione che nasce dall’osservazione della realtà nascono certamente domande, le stesse che vengono poste ai pragmatici. La differenza sta nelle risposte: quelle degli ideologi sono conseguenza di un tutto, quelle dei pragmatici o sono figlie di una ideologia sommersa, che anche se denegata esiste ovvero in mancanza di ideologia sommersa sono date caso per caso con possibili contraddizioni.

 Ma veniamo al punto; esporrò quattro domande, nate dalle riflessioni ideologiche, cui cerco di dare risposta, per mostrare a chi sostiene il contrario che anche l’ideologo non solo a domanda risponde ma le domande se le pone pure. Parliamo del mondo finanziario che tanta responsabilità ha avuto nella crisi attuale.

 1° domanda: Che posizione prendere di fronte alle vendite allo scoperto? Stiamo parlando di quella prassi adottata dai ribassisti che vendono un’azione oggi per consegna tra un certo lasso di tempo. Alla data di scadenza dell’impegno se il titolo è ribassato, il ribassista compera a basso prezzo l’azione che aveva venduta a suo tempo ad un prezzo più alto speculando la differenza. Se il titolo non è ribassato il ribassista perde. Le vendite allo scoperto sono state sospese in tutto il mondo con i primi crolli di borsa e tuttora lo sono ( anche nella forma simulata di dimostrare il possesso di titoli prestati). Quando i mercati torneranno alla normalità si devono riammettere le vendite allo scoperto o bisogna continuare a proibirle?

Conscio che le operazioni a termine nell’economia reale servono a parare i danni di variazioni delle condizioni (ad es. i cambi), sono altrettanto convinto che le vendite allo scoperto non hanno alcun benefico effetto sull’economia reale, per cui sono funzionali solo al fenomeno speculativo alla base delle “bolle”. In attesa di osservazioni contrarie per ora il mio giudizio è per il mantenimento della proibizione.

 2° domanda: E’ sufficiente sospendere dalla quotazione i titoli solo per eccesso di rialzo e/o di ribasso?. Attualmente in borsa la sospensione dalla quotazione dei titoli avviene solo per eccesso di  rialzo e/o di ribasso. Ma quando parte una bolla speculativa i saggi consigliano gli esaltati a desistere dall’acquisto. Ma con quel fenomeno della prevalenza del percepito vero sul vero stesso raccontato da Padoa Schioppa sul suo ultimo libro, gli esaltati continuano a comprare e a gonfiare, fino allo scoppio, la bolla. Padoa Schioppa non ha saputo indicare cosa sia il vero rispetto al percepito vero, ma molto pragmaticamente potremmo suggerire un altro caso di sospensione dalla quotazione dei titoli. Esiste un parametro il PRICE/EARNING che indica appunto il rapporto tra prezzo e utili, indice di quella teoria che definisce il prezzo come il valor attuale degli utili futuri in un certo orizzonte economico. Ora come l’eccesso di rialzo o ribasso è fissato al 10% perché non si fissa un termine PRICE/EARNING a 10 dopo di che scatta la sospensione del titolo?

 3° domanda: i miti statunitensi dell’audit e delle società di rating sono crollati come molti altri caposaldi dell’egemonia a stelle e striscie. Perché non sosteniamo la proposta della Merkel di una società di rating europea?

 4° domanda. E’ il mio chiodo fisso. Per spostare le opportunità dalla finanza all’economia reale (come vuole anche la Marcegaglia) perché non tassare le rendite finanziarie ad un’aliquota pari alla prima aliquota fiscale (23%) e reinserire la Dual Income Tax (irresponsabilmente cancellata da Tremonti) co la stessa aliquota fiscale?

 Ecco alcuni punti su cui confrontarci e superare lo jato tra riformisti (sedicenti) e massimalisti (cosiddetti).

 

Renato Gatti

 
 
 
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