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"Che" Craxi?

Post n°362 pubblicato il 14 Gennaio 2010 da socialismoesinistra

Craxi fu uno dei pochi che seppero interpretare la loro epoca, dominata da un impero bipolare che, in nome di interessi complementari e non del tutto conflittuali, ha cercato di colonizzare il mondo da est e da ovest, reagendo brutalmente ad ogni tentativo di resistenza.
Non vorrei essere blasfemo ma Craxi, mutatis mutandis, potrebbe essere paragonato a Che Guevara, perché mentre quest’ultimo cercò di rompere la morsa in maniera lucidamente disperata e rivoluzionaria, Craxi operò nello stesso senso, ma mediante il riformismo e la diplomazia, anche se per l’epoca era un’impresa titanica il volersi contrapporre contemporaneamente al ricatto missilistico dell’URSS, alla sua ingerenza con i carri armati, e anche alle dittature sanguinarie del Sudamerica, alla politica della CIA che le sosteneva e spalleggiava, senza se e senza ma, anche il terrorismo di stato israeliano. Però, allora, voler constrastare palesemente tutto ciò, fino a dire in Parlamento che la lotta armata dei palestinesi era non opportuna ma legittima, era davvero rivoluzionario.
Altre sono le questioni interne. In Italia, unico Paese dell’Occidente europeo, il partito comunista più grosso che ci fosse allora, non ebbe mai il coraggio di essere rivoluzionario, né decidendosi a combattere con tutti i mezzi, come gli rimproverava il CHE, né impegnandosi in un senso decisamente riformista tale da contrapporsi, come fece Craxi, contemporaneamente ai due blocchi, per creare una vera alternativa.
Il PCI, anche con la integrità morale di molti dei suoi membri (cosa che per altro è più facile permettersi quando si è più lontano dalle sfere del potere) pur quando certe condizioni sembravano essere favorevoli, negò a se stesso sempre la decisa svolta che gli avrebbe consentito di diventare un partito socialista, riformista, ma con piglio rivoluzionario (nel senso lombardiano). Quando De Martino propose ciò a Berlinguer, lo stesso Berlinguer disse no, non per mancanza di opportunità, ma per paura.

Temeva infatti la costituzione immediata di un nuovo partito comunista su ordine di Mosca. E questo dimostra palesemente che anche allora Mosca finanziava i comunisti in occidente. Perché mai si sarebbe potuto formare un altro partito comunista senza i finanziamenti moscoviti.
Molti ammirano tuttora Berlinguer, che sul piano morale ed individuale, fu un uomo di grande levatura, senza considerare che su quello politico fu una rovina, perché ingessò per altri preziosi anni un grande partito di sinistra in una condizione ibrida, non vicina alla socialdemocrazia ma nemmeno ai partiti rivoluzionari combattivi del mondo oppresso dall’imperialismo. E perché questo? Perché ormai nei decenni si era abituato alla consociatività del potere, un cancro attualmente in metastasi in tutto l’organismo del nostro Paese, che perdura nei suoi epigoni del PD ed impedisce una seria ed efficace alternativa.
Se Craxi avesse dato retta ad Occhetto sarebbe stato irretito pienamente dai membri effettivi di questa consociatività e ne sarebbe stato inesorabilmente emarginato, allora come oggi infatti, essa attrae, fagocita ed annulla ogni spinta libertaria e seriamente alternativa all’ordine di cose vigente (guardate che fine ha fatto Follini). Essa è solo infatti una variante timocratica dell’ordine vigente, tutt’al più cerca di distribuire il business, non prova nemmeno a mettere seriamente in discussione la sua ragion d’essere, neanche quando con la precarietà e la delocalizzazione selvaggia, esso attua un impatto rovinoso su tutto l’assetto sociale di un Paese. Si adatta al capitalismo selvaggio (quello dei poteri forti), non cerca di combatterlo né di ridimensionarlo e nemmeno di arginarlo. Il PCI fece dunque a Craxi quello che Mario Monje fece al CHE: contribuì ad isolarlo e a estrometterlo, anche se, naturalmente, la statura e l’integrità morale dei due personaggi non sono minimamente paragonabili (lo è però la loro politica di fondo).
Craxi non poteva fare altrimenti, perché non ebbe mai i numeri di un grande partito socialista europeo e questo perché la gente in Italia è abituata a votare più per “fede” che ragionando sui fatti, forse perché quell’illuminismo kantiano dell’ “osa pensare” qui non è mai veramente attecchito. Prova ne è il fatto che gli italiani continuano a votare l’illusionista e vittimista Berlusconi e ad acquistare i BOT anche quando palesemente non ci guadagnano nulla anzi, ci rimettono.
Quello che abbiamo oggi in Italia è solo il terrificante risultato di questa mancanza di spirito socialista libertario, di coraggio, di pragmatismo e di vera propensione al sacrificio per una causa (sacrificio a cui, si badi, Craxi non si sottrasse, nonostante certi personaggi un po’ grotteschi, ed uso un eufemismo, gli rimproverino tuttora di non essere andato in galera), perché nessuno dei grandi della politica italiana, tranne quel Moro che Craxi, non per caso, quasi da solo, volle salvare, fu massacrato in tal modo politicamente e fisicamente, in quel periodo; e anche perché morire in un carcere avvelenati da un caffè è solo più umiliante che morire in esilio per mancanza di cure.
Noi possiamo consegnare alla storia Craxi come si fa con tanti personaggi storici, ma non riusciremo per questo ad andare di un millesimo avanti rispetto al vuoto che oggi abbiamo nella cultura e nella prassi libertaria e socialista in Italia.
Questa va ricostruita pazientemente dalle fondamenta, affinché non risulti l’orgoglioso alberello bonsai di una stirpe di reduci, e non sia nemmeno l’addentellato utilmente idiota dei forchettoni rossi o di quelli bianchi.
Il Socialismo italiano ha bisogno di “guerrilleros” che entrino nella selva oscura delle contraddizioni del nostro sistema, e si allenino a combattere con le armi della ragione e della coscienza storica dei valori e delle prospettive etiche e politiche di quel Socialismo Globale del Terzo Millennio, che, con pazienza e tenacia, deve contemporaneamente curare la sua autoformazione in fieri e quella di nuove reclute alla stessa lotta. Ha necessità di persone coraggiose ed irriducibili ma soprattutto incorruttibili.
Forse se Craxi allora, invece di avere tanti nanerottoli in fregola per la smania di saltare sul suo carro, gli stessi che con molta disinvoltura ora sono su quello del vincitore (allora e tuttora nanerottolo) le avesse avute al suo fianco, ora avrebbe vinto e ci troveremmo in condizioni diverse.
E’ un lavoro lungo, difficile, paziente, di quelli che talvolta richiedono l’impegno e il sacrificio di una vita. Ma non meno necessario, non meno importante, non meno esaltante.
Venceremos!


C.F.

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