Bella Italia – Libri Rari by Libreria Aiace Roma Montesacro

Roma

Bella Italia

Roma, che fu capitale dell’Impero romano, è stata per secoli il centro politico e culturale della civiltà occidentale. Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, l’Italia medievale fu soggetta a invasioni e dominazioni di popolazioni germaniche, come gli Ostrogoti, i Longobardi e i Normanni. Nel XV secolo, con la diffusione del Rinascimento, ridivenne il centro culturale del mondo occidentale, ma dopo le guerre d’Italia del XVI secolo ricadde sotto l’egemonia delle potenze straniere, quali Francia, Spagna e Austria. Durante il Risorgimento combatté per l’indipendenza e per l’unità d’Italia, finché il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d’Italia che cessò di esistere nel 1946, dopo il ventennio fascista, la sconfitta nella seconda guerra mondiale e la guerra di Liberazione, quando, a seguito di un referendum istituzionale, lo Stato italiano divenne una repubblica parlamentare.

Al Regno d’Italia vengono quindi annessi il Veneto, al termine della terza guerra d’indipendenza e, dopo la presa di Roma, che nel 1871 diviene capitale d’Italia, il Lazio. Già nei primi anni dopo la riunificazione d’Italia le forti disparità socioeconomiche fra il settentrione e il meridione del paese determinano l’insorgere della questione meridionale legata al brigantaggio, fenomeno da cui emersero temuti capibanda come Carmine Crocco, Luigi Alonzi e Pasquale Romano.

A Vittorio Emanuele II succedono Umberto I (1878-1900), ucciso a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci, e Vittorio Emanuele III (1900-1946); gli anni a cavallo del secolo vedono l’Italia impegnata in una serie di guerre di espansione coloniale in Somalia, Eritrea e Libia mentre il periodo prebellico, dominato dalla figura di Giovanni Giolitti, è caratterizzato dalla modernizzazione economica, industriale e politico-culturale della società italiana.

Durante la grande guerra l’Italia, inizialmente neutrale, a seguito della stipula di un trattato segreto che le accorda cospicui compensi territoriali, si allea alla triplice intesa contro gli Imperi centrali. Dopo due anni di guerra di trincea, il 24 ottobre 1917 l’esercito italiano, subita la disfatta di Caporetto, si riorganizza e contrattacca sulla linea del Piave pervenendo, sotto il comando di Armando Diaz e con l’apporto di giovani leve, alla vittoria finale nella battaglia di Vittorio Veneto ( 4 novembre ).

Vinta la guerra, l’Italia completa la riunificazione nazionale acquisendo il Trentino-Alto Adige, la Venezia Giulia, l’Istria e alcuni territori del Friuli ancora irredenti, ma non ottenendo la cessione di tutti i territori promessi col patto di Londra, vede diffondersi l’insoddisfazione per la cosiddetta vittoria mutilata. ( Wikipedia )

 

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La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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Libri & Letture

AGGIORNATO 3 FEBBRAIO 2024

( Cliccare sul Titolo per accedere al Negozio )

 

Regalare un Libro, Regalare un’Emozione

Book Gift

Con un libro migliori la vita
Regalarlo fa bene a chi lo dona e a chi lo riceve

L’importanza ed il valore dei libri trova la sua sintesi nella frase dello scrittore americano Morley che dice: “Quando si vende un libro a una persona, non gli si vendono soltanto dodici once di carta, con inchiostro e colla, gli si vende un’intera nuova vita. Amore, amicizia, e navi in mare di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro, in un vero libro”.

E’ proprio così: entrare in un libro è intraprendere un viaggio nella memoria proiettata nel futuro, dove la realtà diviene meno vivida e concreta, ma più soffusa e particolareggiata, tanto da stimolare l’attenzione del lettore e permettergli di uscire dai suoi luoghi comuni e conosciuti e di liberarsi verso altri pensieri.

REGALARE UN LIBRO E’ REGALARE UN’EMOZIONE

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La Gioia del Pensare, Invito alla Lettura

Vittorino Andreoli

Vittorino Andreoli, uno dei maggiori psichiatri italiani, saggista tra i più popolari che con La Gioia del pensare, elogia un’arte dimenticata che vuole ora far rifiorire incitando ciascuno di noi a imparare di nuovo a pensare. Per poter, a nostra volta, insegnare a pensare ad altre persone, mettendo così in campo una lunga e virtuosa catena di comunicazione, secondo il fecondo meccanismo per cui “i pensieri attivano i pensieri”.

I vantaggi del pensare

Scoprire la bellezza dell’essere consapevoli della propria capacità di creare, di confezionare i pensieri in parole e in significati. Costruire ciò che è tipicamente umano e che distingue dalle altre specie. Il pensare, poi, comporta il dubbio e dunque il bisogno di pensare ancora, di dare risposte alla nostra stessa mente.

Il pensiero permette di dialogare con noi stessi. La civiltà, diceva Giambattista Vico, è il passaggio dall’uomo degli istinti a quello della ragione, e ciò significa della capacità di controllare le pulsione con la ragione.
Questa funzione è in agonia, e a segnalarlo sono i casi estremi della violenza sulle donne , dell’uccidere per togliere degli ostacoli, rivestendo la morte di banalità. ( Tratto da La Repubblica 2017 )

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Libri & Letture

Aggiornato a 30 Novembre 2023 

 

Libri Rari: Novità by Libreria Aiace

Libreria

Essere un libraio oggi, che vuol dire ?

“Il mestiere del libraio, con buona pace di chi ci vorrebbe ormai dinosauri in via di estinzione, non invecchia. E mi permetto di dire che, se lavorano con competenza, passione ed entusiasmo, i librai hanno un ruolo importante nella nostra società. Per svolgerlo al meglio, però, devono esserne consapevoli. Ecco perché, ogni volta che ne ho occasione, ribadisco la necessità di una formazione adeguata: abbiamo bisogno di librai, non di semplici venditori di libri! Quello che davvero è cambiato, rispetto al passato, è la necessità di aggiornarsi rispetto alle evoluzioni tecnologiche e accettare che il libro coabiti all’interno della libreria con altri prodotti. Sempre, naturalmente, all’insegna della qualità. A mio avviso, il prodotto che meglio degli altri si abbina al libro è il cibo, meglio se locale: una proposta congiunta di cibo per il corpo e cibo per la mente!” ( Fonte: La Repubblica – I libri ti cambiano la vita
a cura di Romano Montroni – Longanesi )

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Libri & Letture

 

Aggiornato al 30 Novembre 2023

 

 

Leggere Leggere Leggere by Libreria Aiace Roma

Catullo

Catullo e i Poeti Nuovi

Catullo è per noi uno dei più noti rappresentanti della scuola dei neòteroi, poetae novi, ( cioè “poeti nuovi” ), che facevano riferimento ai canoni dell’estetica alessandrina e in particolare al poeta greco Callimaco, creatore di un nuovo stile poetico che si distacca dalla poesia epica di tradizione omerica divenuta a suo parere stancante, ripetitiva e dipendente quasi unicamente dalla quantità ( in riferimento all’abbondanza dei versi di quest’ultima ) piuttosto che dalla qualità. Sia Callimaco che Catullo, infatti, non descrivono le gesta degli antichi eroi o degli dei, ma si concentrano su episodi semplici e quotidiani. Per giunta, i neòteroi si dedicano all’otium letterario piuttosto che alla politica per rendere liete le loro giornate, coltivando il loro amore solo ed esclusivamente alla composizione di versi, tanto che Catullo dichiara nel carme 51: Otium, Catulle, tibi molestum est:/ otio exsultas nimiumque gestis [ L’ozio per te, Catullo, non è buono;/ nell’ozio smani e ti scalmani ]. Talvolta il poeta ostenta il suo disinteresse per i grandi uomini che lo circondavano e che stavano scrivendo la storia: nihil nimium studeo, Caesar, tibi velle placere [ non m’interessa, Cesare, di andarti a genio ] (carme 93), scrive al futuro conquistatore della Gallia. Da questa matrice callimachea proviene anche il gusto per la poesia breve, erudita e mirante stilisticamente alla perfezione. Si sviluppano, originari dell’alessandrinismo e nati da poeti greci come Callimaco, Teocrito, Asclepiade, Fileta di Cos e Arato, generi quali l’epillio, l’elegia erotico-mitologica e l’epigramma, che più sono apprezzati e ricalcati dai poeti latini.

Poetae novi

Il termine è la traduzione dell’aggettivo greco di grado comparativo νεώτεροι ( neòteroi ), denominazione che implicava desiderio di innovazione, data polemicamente da Cicerone al capitolo 161 dell’Orator che non risparmiò loro anche il nomignolo di cantores Euphorionis ( Tusculanae disputationes III, 45 ) per il gusto ellenizzante e aristocratico che essi possedevano e per il loro atteggiamento da innovatori.
Iniziati all’arte poetica da Partenio di Nicea ed educati idealmente alla scuola di Valerio Catone, dichiararono guerra ai lunghi poemi di imitazione enniana, preferendo gli epilli, i carmina docta, la poesia lirica. Il tono della loro poesia era spesso scherzoso e lieve ed è per questo che i loro componimenti, per quanto sempre raffinati e preziosi nella forma, venivano chiamati παίγνια ( pàignia ) in greco e nugae in latino, tradotto alla lettera “bagatelle”, “sciocchezze”, “cosucce”, “cose di poco conto”. I poetae novi erano legati da reciproca amicizia, vivevano in modo libero e spregiudicato ed erano avversi a Cesare. La loro poesia evitava infatti i grandi temi tradizionali del genere epico e drammatico, non amava trattare argomenti di carattere politico e sociale, ma si volgeva soprattutto alla sfera personale e aveva come tema centrale l’amore. ( Wikipedia )

Negozio Online by Libreria Aiace su eBAY: Catullo

 

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Aggiornato al 28 Novembre 2023

Storia del Partito Comunista di Paolo Spriano

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I cinque volumi della Storia del Partito Comunista Italiano ( 1967-1975 ) è certamente l’opera più celebre di Paolo Spriano. Nel monumentale testo, rifuggendo dai toni giustificazionisti, Spriano affrontò luci e ombre della storia dei comunisti italiani, basandosi sulle dirette fonti d’archivio

Spriano, Paolo. – Storico italiano ( Torino 1925 – Roma 1988 ). Partigiano, nell’immediato dopoguerra s’iscrisse al PCI e fu redattore de l’Unità (1948-64). Prof. dal 1967, insegnò storia contemporanea all’Università di Cagliari e storia dei partiti politici all’Università di Roma La Sapienza

PAOLO SPRIANO, STORIA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO

I fronti popolari, Stalin, la guerra: il sottotitolo di questo terzo volume dell’opera di Paolo Spriano indica l’orizzonte internazionale in cui si colloca la vicenda storica dei comunisti italiani dal 1935 in avanti. È l’epoca dell’impresa abissina, della guerra civile spagnola, di Monaco, dell’attacco nazista alla Polonia, dello scoppio della conflagrazione generale. E sono gli anni in cui si gettano tutte le premesse della Resistenza e della lotta per la Repubblica (che l’autore esaminerà nel volume conclusivo della sua ricerca).

L’orizzonte internazionale determina anche lo sviluppo della lotta all’interno del Paese contro la dittatura fascista. Una delle caratteristiche di questo terzo volume è proprio di mostrare – con una documentazione amplissima – il nesso reale tra il processo unitario dell’antifascismo italiano emigrato nella Francia del fronte popolare e sui campi di battaglia di Guadalajara, di Brunete,
dell’Ebro, e il sorgere in Italia di un «nuovo antifascismo» animato dai giovani.

Si tratta di un movimento generale che ha in sé una dialettica assai complessa: il lettore vedrà che tutti i temi che si porranno nella prospettiva della Resistenza, da quello dell’unità di azione tra socialisti e comunisti a quello della Costituente, dal rapporto tra lotta democratica e lotta socialista a quello con gli alleati occidentali o con l’Urss, già sono anticipati tutti qui: nei dibattiti dei gruppi dirigenti all’estero o nella cattività, nell’iniziativa cospirativa, nella riflessione di Gramsci morente.

Il tema di Stalin, dello stalinismo, emerge in modo non meno centrale. Spriano l’ha sviluppato tenendo a fuoco le sue contraddizioni e i suoi effetti nel quadro di un’Europa percorsa e percossa dal nazismo: ha analizzato novità e limiti del VII congresso dell’Internazionale comunista, ha rievocato i processi di Mosca nella loro allucinante dinamica e nella eco che suscitano presso l’opinione pubblica e tra i militanti, fino alle repressioni condotte nelle file dei vari partiti. Ma ha soprattutto individuato nella vita della direzione comunista italiana nel 1937-39, nella sua crisi, il momento della massima contraddizione.

In questo generale dramma, trovano il loro rilievo i protagonisti della vicenda: da Stalin a Trockij, da Togliatti a Rosselli, dai piú noti dirigenti politici (Longo, Nenni, Di Vittorio, Saragat, Grieco) alle migliaia di combattenti garibaldini in Spagna. Il famoso slogan di Rosselli, «Oggi in Spagna domani in Italia», qui riceve un significato nuovo. È la Spagna a svegliare una nuova generazione, a dare significato alle scelte di un Vittorini, di un Giaime Pintor, a provocare i primi pronunciamenti antifascisti di massa nelle periferie operaie delle grandi città del Nord come nelle campagne emiliane. Tutta una storia sinora largamente sconosciuta, narrata attraverso testimonianze
di grande valore: come le lettere inedite di Trockij e di Rosselli, i verbali e le dichiarazioni che chiariscono il «caso Curiel», i dibattiti dei confinati di Ventotene sulla natura della guerra. ( Einaudi )

Partito Comunista Italiano

Il Partito Comunista Italiano ( PCI ) è stato un partito politico italiano di sinistra, nonché il più grande partito comunista dell’Europa occidentale. Venne fondato il 21 gennaio 1921 a Livorno come Partito Comunista d’Italia (PCd’I) – sezione italiana della Internazionale Comunista (denominazione modificata in Partito Comunista Italiano nel 1943)[10] a seguito del biennio rosso e della rivoluzione d’ottobre] per la separazione dell’ala di sinistra del Partito Socialista Italiano guidata da Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci al XVII Congresso del Partito Socialista Italiano.

Dopo che il PCd’I ebbe una storia complessa e travagliata all’interno dell’Internazionale Comunista negli anni venti e trenta il PCI assunse durante la seconda guerra mondiale un ruolo di primo piano a livello nazionale, promuovendo e organizzando con l’apporto determinante dei suoi militanti la Resistenza contro la potenza occupante tedesca e il fascismo repubblicano. Il capo del partito, Palmiro Togliatti, attuò una politica di collaborazione con le forze democratiche cattoliche, liberali e socialiste ed ebbe un’importante influenza nella creazione delle istituzioni della neonata Repubblica Italiana.

Passato all’opposizione nel 1947 dopo la decisione di Alcide De Gasperi di estromettere le sinistre dal governo per collocare l’Italia nel blocco internazionale filo-statunitense, il PCI rimase fedele alle direttive politiche generali dell’Unione Sovietica fino agli anni settanta e ottanta pur sviluppando nel tempo una politica sempre più autonoma e di piena accettazione della democrazia già a partire dalla fine della segreteria Togliatti e soprattutto sotto la guida di Enrico Berlinguer, che promosse il compromesso storico con la Democrazia Cristiana e la collaborazione tra i partiti comunisti occidentali con il cosiddetto eurocomunismo.

Nel 1976 il PCI toccò il suo massimo storico di consenso mentre nel 1984 sull’onda emotiva della morte improvvisa del segretario Berlinguer fu per breve tempo e seppur per pochissimi punti percentuali, il primo partito italiano (questo evento venne definito «effetto Berlinguer»). Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e il crollo dei Paesi comunisti nel 1991 si sciolse su iniziativa del segretario Achille Occhetto dando vita a una nuova formazione politica di stampo socialdemocratico con il Partito Democratico della Sinistra mentre una parte minoritaria contraria alla svolta guidata da Armando Cossutta fondò Rifondazione Comunista. ( Wikipedia )

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AGGIORNATO 28 Novembre 2023

ROMANZO by Louis-Ferdinand Céline: Morte a credito

Eccoci qui, ancora soli. C’è un’inerzia, in tutto questo, una pesantezza, una tristezza… Fra poco sarò vecchio. E la sarà finita, una buona volta. Gente n’è venuta tanta, in camera mia. Tutti han detto qualcosa. Mica m’han detto gran che. Se ne sono andati. Si son fatti vecchi, miserabili e torpidi, ciascuno in un suo cantuccio di mondo.

 

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CELINE, MORTE A CREDITO 

Morte a credito ( in francese: Mort à crédit ) è il secondo romanzo di , pubblicato nel 1936. È considerato uno dei capolavori della letteratura francese del Novecento.

Esso è un antefatto di Viaggio al termine della notte, infatti racconta l’infanzia nel Passage Choiseul, le esperienze familiari, scolastiche, erotiche, di viaggio e di lavoro del suo personaggio, Ferdinand Bardamu, il suo alter ego, e termina con il suo arruolamento nell’esercito per la prima guerra mondiale. Il romanzo è una presa di distanze dalla vita, perché essa non è quello che l’uomo crede comunemente essa sia; perché alla fine la vita ci porta a conquistare quell’unico credito che siamo sicuri di poter riscuotere: la morte.

Louis-Ferdinand Céline, pseudonimo di Louis Ferdinand Auguste Destouches ( Courbevoie, 27 maggio 1894 – Meudon, 1º luglio 1961 ), è stato uno scrittore, saggista e medico francese.

Considerato un originale esponente delle correnti letterarie del modernismo e dell’espressionismo, Céline è ritenuto uno dei più influenti scrittori del XX secolo, celebrato per aver dato vita ad uno stile letterario che modernizzò la letteratura francese ed europea. La sua opera più famosa, Viaggio al termine della notte ( Voyage au bout de la nuit, 1932 ), è un’esplorazione cupa e nichilista della natura umana e delle sue miserie quotidiane. Lo stile del romanzo, e in generale di tutte le opere di Céline, è caratterizzato dal continuo ed eccletico amalgamarsi di argot, una particolare forma di gergo francese, e linguaggio erudito, e dal frequente uso di figure retoriche, quali ellissi ed iperboli, oltreché dall’impiego di un dissacrante e spiazzante humour nero, che lo impose come un innovatore nel panorama letterario francese. La maggioranza dei suoi libri originano da spunti autobiografici, e sono narrati in prima persona da Ferdinand, il suo alter ego letterario.

Per le sue prese di posizione politiche e affermazioni, in favore delle potenze dell’Asse, prima e durante la seconda guerra mondiale, esposte in pamphlet violentemente antisemiti, Céline rimane oggi una figura controversa e discussa. Emarginato dalla vita culturale dopo il ’45, il suo stile letterario fu preso a modello da alcuni scrittori che gravitavano attorno alla Beat Generation statunitense.Anche Charles Bukowski aveva grandissima ammirazione per la prosa letteraria di Céline, e lo definì “il più grande scrittore degli ultimi duemila anni”. ( Wikipedia )

 

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Aggiornato al 28 Novembre 2023

Storia della Rote Armee Fraktion: Ulrike Mainhof

RAF

Rote Armee Fraktion

La Rote Armee Fraktion ( Frazione dell’Armata Rossa ), abbreviata in RAF e nelle prime fasi conosciuta comunemente come Banda Baader-Meinhof, è stata uno dei gruppi terroristici di estrema sinistra più importanti e violenti nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Fondata il 14 maggio 1970 da Andreas Baader, Ulrike Meinhof, Gudrun Ensslin e Horst Mahler, fu attiva fino al 1993 e formalmente disciolta nel 1998.

La Rote Armee Fraktion fu responsabile di numerose operazioni terroristiche, specialmente nell’autunno del 1977, che portarono a una crisi nazionale conosciuta con il nome di “autunno tedesco”. È stata responsabile di 33 morti tra figure di spicco in campo politico ed economico, rispettivi autisti e guardie del corpo, poliziotti, agenti di dogana e soldati americani, nonché del sequestro e omicidio di Hanns-Martin Schleyer, oltre a diverse prese in ostaggio, rapine in banca ed attentati esplosivi con oltre 200 feriti. Per mano della polizia e dei servizi segreti tedeschi, suicidio o sciopero della fame, 24 membri e simpatizzanti della RAF furono assassinati. Anche se più conosciuta, la RAF condusse meno attacchi terroristici rispetto alle Revolutionäre Zellen ( RZ ), formazione che fu responsabile di 296 attentati fra il 1973 e il 1995.

La RAF descriveva sé stessa come un gruppo di “guerriglia urbana” comunista e anti-imperialista, sul modello dei tupamaros uruguaiani, impegnato nella resistenza armata contro quello che loro definivano uno “stato fascista” e nella rivoluzione proletaria. Perciò, i membri della RAF, quando scrivevano in inglese, generalmente usavano il termine marxista-leninista “Fazione”.

Si sono evidenziate 3 fasi storiche nell’organizzazione: la “prima generazione” di Baader e dei suoi sodali; la “seconda generazione” della RAF, che cominciò a metà anni settanta e fu caratterizzata dall’ingresso nel gruppo di elementi dell’SPK (Collettivo Socialista dei Pazienti); infine la “terza generazione” degli anni ottanta e novanta.

Il 20 aprile 1998, una lettera dattiloscritta di otto pagine in tedesco firmata RAF (e con il caratteristico simbolo della pistola mitragliatrice Heckler & Koch MP5 sopra una stella rossa) fu inviata via fax all’agenzia di stampa Reuters, dichiarando lo scioglimento del gruppo. ( Wikipedia )

ULRIKE MEINHOF, AMMUTINAMENTO – SAVELLI

Ulrike Marie Meinhof ( Oldenburg, 7 ottobre 1934 – Stoccarda, 9 maggio 1976) è stata una giornalista, terrorista e rivoluzionaria tedesca, cofondatrice del gruppo armato tedesco-occidentale di estrema sinistra Rote Armee Fraktion, meglio noto come “R.A.F.” e conosciuto dalla stampa anche come Banda Baader-Meinhof.

All’inizio fu giornalista militante della sinistra radicale tedesco-occidentale, ed ebbe numerosi e fervidi contatti con membri dell’intellighenzia letteraria tedesca, tra cui Heinrich Böll, che scrisse un articolo su di lei[1], Hans Mayer e Marcel Reich-Ranicki. Fu coinvolta anche nel movimento anti-nucleare e fu editrice del giornale radicale konkret.

Nel 1961 sposò Klaus Rainer Röhl, giornalista ed editore del giornale comunista konkret, in cui lavorava la Meinhof, dal quale ebbe due figlie, le gemelle Bettina e Regine. Nel 1968 divorziò dal marito e aumentò il proprio impegno politico, venendo coinvolta in gruppi estremisti con base a Berlino Ovest, e maturando un senso sempre maggiore di frustrazione per l’inerzia e la poca forza ribelle dei gruppi radicali e della sinistra. Il 14 maggio 1970 aiutò il terrorista e rapinatore Andreas Baader a evadere dalla prigione, in quella che venne considerata la sua prima azione e l’inizio della Rote Armee Fraktion (RAF).

Dopo l’ evasione di Baader, Ulrike Meinhof si diede alla clandestinità insieme ad altri estremisti, dando vita al gruppo che venne ribattezzato dalla stampa tedesca “Banda Baader-Meinhof”.

Unita al gruppo di fuoco della RAF, Ulrike trascorse un periodo in Giordania per essere addestrata all’uso delle armi. Dopo il rientro in Patria, il gruppo effettuò furti e attentati a impianti industriali e basi militari statunitensi, nei quali rimasero uccise varie persone. Durante la clandestinità Ulrike Meinhof elaborò ciò che divenne il documento programmatico della RAF: ella infatti scrisse molti dei trattati e dei manifesti che il gruppo produsse, incluso quello sul concetto di guerriglia urbana, descrivendo quello che chiamava sfruttamento dell’uomo comune da parte dell’imperialismo dei sistemi capitalisti. ( Wikipedia )

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Libri & Letture

Aggiornato al 28 Novembre 2023

 

Storia della Letteratura Italiana

Dante

La Storia della Letteratura Italiana fu pubblicata la prima volta nel 1870 in due volumi

Il più antico documento della nostra letteratura è comunemente creduto la cantilena o canzone di Ciullo ( diminutivo di Vincenzo ) di Alcamo, e una canzone di Folcacchiero da Siena. Quale delle due canzoni sia anteriore, è cosa puerile disputare, essendo esse non principio, ma parte di tutta un’epoca letteraria, cominciata assai prima, e giunta al suo splendore sotto Federico secondo da cui prese il nome. Federico secondo, imperatore d’Alemagna e re di Sicilia, chiamato da Dante “cherico grande”, cioè uomo dottissimo, fu, come leggesi nel novelissimo signore, nella cui corte a Palermo venia “la gente che avea bontade, sonatori, trovato ri e belli favellatori”. E perciò i rimatori di quel tempo, ancorchè parecchi sieno d’altra parte d’Italia, furono detti siciliani. Che cosa è la cantilena di Ciullo? È una tenzone, o dialogo tra Amante e Madonna, Amante che chiede, e Madonna che nega e nega, e in ultimo concede, tema frequentissimo nelle canzoni popolari di tutt’i tempi e luoghi, e che trovo anche oggi a Firenze nella Canzone tra il Frustino e la Crestaia.

Gli storici della letteratura individuano l’inizio della tradizione letteraria in lingua italiana nella prima metà del XIII secolo con la scuola siciliana di Federico II di Svevia, Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, anche se il primo documento letterario è considerato il Cantico delle creature di Francesco d’Assisi. In Sicilia, a partire dal terzo decennio del XIII secolo, sotto il patrocinio di Federico II si era venuto a formare un ambiente di intensa attività culturale. Queste condizioni crearono i presupposti per il primo tentativo organizzato di una produzione poetica in volgare romanzo, il siciliano, che va sotto il nome di “scuola siciliana” (così definita da Dante nel suo “De vulgari Eloquentia”). Tale produzione uscì poi dai confini siciliani per giungere ai comuni toscani e a Bologna e qui i componimenti presero ad essere tradotti e la diffusione del messaggio poetico divenne per molto tempo il dovere di una sempre più nota autorità comunale.

Quando la Sicilia passò il testimone ai poeti toscani, coloro che scrivevano d’amore vi associarono, seppure in maniera fresca e nuova, i contenuti filosofici e retorici assimilati nelle prime grandi università, prima di tutto quella di Bologna. I primi poeti italiani provenivano dunque da un alto livello sociale e furono soprattutto notai e dottori in legge che arricchirono il nuovo volgare dell’eleganza del periodare latino che conoscevano molto bene attraverso lo studio di grandi poeti latini come Ovidio, Virgilio, Lucano. Ciò che infatti ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua, e la consapevolezza nella popolazione italiana di parlare una lingua, che pur nata verso il X secolo si emancipa completamente dalla promiscuità col latino solo nel XIII secolo. ( Tratto da Wikipedia )

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Libri & Letture

AGGIORNATO 28 Novembre 2023

 

Introduzione alla Storia dell’Editoria Italiana

Stamperia

Giovanni Filippo de Lignamine

Il primo editore / tipografo italiano fu Giovanni Filippo de Lignamine, attivo a Roma già intorno agli anni settanta del XV secolo. Le prime esperienze editoriali italiane, in un senso più vicino alla concezione moderna, si sono avute a Venezia, a cavallo tra il XV ed il XVI secolo, ad opera di Aldo Manuzio e Lucantonio Giunti. Oltre a lui, sono ben noti altri editori del Cinquecento, quali Nicolò d’Aristotele detto Zoppino, Giorgio Rusconi († 1522), Francesco Marcolini da Forlì († 1559), Gabriele Giolito de’ Ferrari (1508-1578) e Francesco Sansovino (1521-1586), anch’essi attivi a Venezia. A partire da quella fase ancora embrionale della produzione libraria “a stampa”, grazie all’invenzione della tipografia, è proprio la Repubblica di Venezia a distinguersi per la maggiore produzione libraria.

In Italia i primi grandi cambiamenti nel panorama librario e della stampa avvengono nel periodo napoleonico, con l’occupazione delle truppe napoleoniche di tutta la penisola, ad esclusione della Sicilia (1805 – 1814 circa). In questa fase il nuovo regime decretò la libertà di stampa, con l’abolizione della censura preventiva, sia governativa che ecclesiastica, e l’affidamento della censura repressiva agli organi di polizia. Inoltre l’abbattimento delle molte barriere doganali nella penisola diede la possibilità ai librai-tipografi di commerciare più ampiamente i loro libri. Infine, l’istruzione elementare obbligatoria pose le basi per un futuro allargamento del pubblico dei lettori (all’epoca ridottissimo) e per la nascita di un mercato di testi scolastici.

Va comunque ricordato che con decreto, dato a Monza il 27 novembre 1811, a firma di Eugenio Napoleone, furono elencati e classificati tutti i giornali che potevano trattare di politica; il lavoro di schedatura fu sottoposto all’attenzione del ministro dell’Interno.

Il regime napoleonico cambiò anche i rapporti interni al mercato librario. Tentò di accentrare la produzione libraria in città come Torino, Milano, Firenze e Napoli, a discapito di Genova, Bologna, Venezia (fino all’epoca centro editoriale fondamentale), gli Abruzzi e le Puglie. A Roma la breve parentesi napoleonica non solo non riuscì ad introdurre tali elementi di modernizzazione, ma provocò gravi depauperamenti alle tipografie pontificie. ( Wikipedia )

 

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