I figli sono sempre di chi li accudisce

Ave Socii

Per fare in modo che si realizzi quella che alcuni denominano “libertà”, assistiamo a un continuo tentativo di separazione fra sfera naturale e sfera culturale. Invece di armonizzarle, alcuni vorrebbero cercare di farle venire in contrasto. In nome dell’abbattimento di quelli che loro chiamano “pregiudizi”. Come nel caso della genitorialità e dell’affidamento dei figli. Siamo tutti d’accordo sul fatto che i bambini siano sempre figli di chi li accudisce. Ma a volte e bene ricordarsi anche di chi li fa. L’accudimento dei figli è, in prima battuta, un dovere che spetta alla famiglia biologica che li ha procreati. La legge, in verità, dovrebbe perfino premiare chi si dedica in via esclusiva all’accudimento dei figli, rinunciando ad altri lavori.

Osserviamo il rapporto esistente tra procreazione e accudimento in una qualsiasi famiglia. Nella realtà di tutti i giorni, normalmente genitore biologico e genitore legittimo coincidono. E così dovrebbe presumere anche la legge. Però a volte il genitore legittimo può trovarsi fuori dalla cerchia dei genitori biologici. La legge, quindi, dovrebbe prevedere questa eventualità come eccezione alla regola generale (la corrispondenza fra genitorialità biologica e legittima). Per noi è così che dovrebbe esprimersi il concetto di “famiglia naturale” scritto in Costituzione. In generale, si presume valido l’ordine predisposto dalla natura: accudisce chi procrea. In via eccezionale, se ciò non è possibile, si guarda all’intorno sociale in modo da ricostituire un ordine il più possibile vicino a quello naturale.

In caso di affidamento, i nuclei con all’interno almeno un componente dell’originaria famiglia biologica dovrebbero essere preferiti agli altri. In mancanza, si dovrebbe passare ai nuclei con all’interno almeno un parente o affine di un genitore biologico (entro, ovviamente, un certo grado di parentela). In mancanza anche di questa possibilità, ci si può rivolgere agli altri nuclei familiari. Dato che una famiglia biologica è sempre composta da due genitori, dal punto di vista della “dimensione familiare” la priorità andrebbe data ai nuclei composti da due persone. Solo in via residuale si potrebbe optare per le famiglie “unipersonali”. Il tutto dovrebbe avvenire in ossequio al principio di conservazione della corrispondenza fra genitorialità biologica e legittima.

Tale ricerca di continuità fra natura e diritto risponde in realtà ad un principio ancor più alto, quello dell’interesse superiore del bambino. Principio che, come è facile intuire, va tutelato prioritariamente e non può essere scavalcato dall’interesse di un nucleo familiare qualsiasi. In base all’interesse del bambino, è dunque opportuno e auspicabile che si attui una vera e propria discriminazione tra le famiglie, prediligendo quelle biologicamente più vicine al neonato. Questa ci sembra la migliore sintesi, operabile dalla legge, in grado di tenere adeguatamente in conto sia gli aspetti naturali che quelli socio-educativi del rapporto fra genitori e figli.

Nessuno vieta che possano subentrare anche nuclei familiari costituiti da persone omosessuali. Specie se uno dei componenti di tali nuclei è genitore biologico del bambino. Tuttavia un tale nucleo dovrebbe essere posposto nel diritto all’affidamento, nel caso in cui l’altro genitore biologico faccia parte di un nucleo familiare eterosessuale. In tal caso, sarebbe quest’ultimo nucleo ad essere preferito nell’affidamento. Perché non si può non tener conto del modello della “famiglia naturale”, che molti vorrebbero circondare di interpretazioni che, a nostro parere, rasentano quasi lo stravolgimento. Che piaccia o no, le famiglie non sono tutte uguali, in particolare se viste dal punto di vista dei figli.

La natura prevede che ognuno di noi nasca dall’incontro fra un maschio e una femmina della specie umana. E’ probabile che anche il nascituro abbia sviluppato un metodo innato di riconoscimento dei due diversi genitori. Chissà cosa succede a quei figli affidati a genitori dello stesso sesso. Crescono senza problemi, oppure sviluppano complessi psicologici dovuti alla incoerenza fra natura e cultura? Al momento nessuno può dirlo, magari ancora non esistono studi in merito. Forse però l’uomo non nasce come tabula rasa, come vorrebbero alcuni. Forse l’uomo ha in sé anche un’innata tendenza ad affidarsi a una famiglia “naturale”. Se questo significa avere pregiudizi, allora tutti noi nasciamo con carne ossa e pregiudizi. E allora pure nella Costituzione c’è spazio per i pregiudizi.

Ognuno, chi più chi meno, può limare quanto vuole tutti i pregiudizi che vuole. Che riesca a liberarsene completamente, come vorrebbero i fascio-buonisti, è cosa ben più difficile se non impossibile. Forse costoro intendono, ben più realisticamente, far sentire in colpa quelli che hanno i pregiudizi che a loro danno fastidio. Perché anche i fascio-buonisti, sotto sotto, qualche pregiudizio verso chi la pensa diversamente ce l’hanno. Tuttavia una cosa è certa: chi sostiene l’approvazione di leggi che equiparino tutte le unioni alla “famiglia naturale”, o che riconoscano un “genitore 1” e un “genitore 2” al posto del “padre” e della “madre”, potrà forse ottenere il beneplacito di mille e uno Parlamenti… ma non otterrà mai il beneplacito della natura.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Più diritti per l’Autore

Ave Socii

Siamo e saremo sempre per la libertà di espressione. Siamo e saremo sempre per la libertà di cultura. Tutti coloro i quali vengano a contatto con la cultura dovrebbero essere liberi. Il fruitore come l’autore di opere.

Spesso tendiamo ad appiattirci su chi fruisce della cultura, senza mostrare adeguata attenzione a chi la cultura la crea. L’autore è la fonte della cultura, senza di lui chi ne fruirebbe? Le idee muovono dalla creatività dell’autore, mentre i fruitori possono apprezzare o meno le opere frutto di quelle idee.

Di quali tutele gode l’autore di opere oggi? Siamo nell’era dei social e della dematerializzazione diffusa. Perfino la cultura si sta quasi completamente dematerializzando. Se prima il genio si serviva della materia per plasmare la propria idea, ora la materia prima più pregiata sembra esser diventata la “non materia”.

Ormai l’opera viaggia soprattutto attraverso la rete. Questo ha consentito a tanti autori di emergere, fornendo loro la possibilità di condividere le proprie opere con una maggiore platea potenziale di fruitori. D’altro canto, tuttavia, li ha fatti scontrare con la possibilità di cadere nell’anonimato e nell’assenza di tutele.

Chi tutela l’autore di opere oggi? Il diritto d’autore è sacrosanto e dovrebbe essere rafforzato. Quello delle idee è un mercato potenzialmente redditizio, ma spesso ciò non viene compreso. Dal lato della domanda, i fruitori possono servirsi della rete per scaricare (anche gratuitamente) opere di molteplici autori. Dal lato dell’offerta, cosa raccolgono gli autori? Sembra poco elegante affermare che gli autori “vendono idee”, ma nella realtà è così veramente. Come è vero che i fruitori “consumano idee”.

Volendo trattare le idee alla stregua di beni, potremmo annoverarle tra i beni cosiddetti “intangibili”. Quindi, a differenza dei beni materiali suscettibili di usura, le idee non subiscono logorii e possono essere “utilizzate” più volte e per molteplici scopi. Vero è che nuove idee possono rimpiazzare le più vecchie, ma ciò non diminuisce il prestigio di queste ultime e, a fronte di una eventuale riscoperta della loro modernità, apre loro la strada alla possibilità di rilasciare utilità persino in futuro.

In passato era molto più facile difendere la paternità delle idee, perché queste erano quasi sempre legate ad un risultato materiale. Con l’avvento delle nuove tecnologie, l’autore rischia di avere sempre meno tutele a fronte di un’esplosione di possibilità per i fruitori di opere. Chi diffonde le idee in rete potrebbe danneggiare chi quelle idee le ha concepite, in termini di mancato guadagno per quest’ultimo. Ciò potrebbe scoraggiare gli autori a produrre nuove idee. Il che è, a nostro avviso, inaccettabile. Le idee potrebbero invece costituire il più proficuo capitale del presente e del futuro.

In tempi in cui l’informazione è cruciale pure nella vita quotidiana, la tutela delle idee dovrebbe essere inserita in ogni ordinamento che si professi “democratico”. E’ tuttavia difficile e complesso, per l’autore, controllare la “vendita al dettaglio” delle idee. Così come è difficile e complesso costringere ogni fruitore a pagare per l’opera che scarica dalla rete. Perciò le norme sul copyright, applicate alla rete, dovrebbero tutelare i rapporti non tanto fra autori e fruitori, quanto fra autori e intermediari. Sono gli intermediari, infatti, quelli che rendono possibile la circolazione dell’opera in circuiti difficilmente controllabili come la rete.

Ogni accordo fra autore e intermediario, perciò, dovrebbe prevedere che questi riconosca al creatore d’opere un compenso a titolo di copyright. Tale compenso assolverebbe a una duplice funzione: di semplificazione e di garanzia. Semplificazione perché consentirebbe all’autore di trattare con un numero limitato di intermediari, anziché rivolgersi ai fruitori della rete. Garanzia in quanto tale compenso garantirebbe comunque un minimo di riconoscimento al lavoro dell’artista, anche in previsione di eventuali atti pregiudizievoli a danno dell’autore. Una sorta di “risarcimento preventivo” dovuto all’autore, la cui opera viene distribuita gratuitamente (e non senza rischi) a una platea indistinta e numerosa come quella della rete.

Solo in questo modo è possibile creare un circuito proficuo tra le molteplici necessità in gioco. Da un lato, i consumatori potrebbero continuare a fruire gratuitamente delle opere scaricabili sulla rete. Dall’altro lato, gli intermediari dovrebbero preventivare dei “costi di diffusione” delle opere quantificandoli nel risarcimento all’autore. Da ultimo, ma certamente non ultimo, gli artisti vedrebbero riconosciuta la dignità del proprio lavoro, mediante il diritto al suddetto risarcimento.

Nonostante la nostra semplicistica schematizzazione, crediamo di aver toccato il nucleo della questione. Che i consumatori fruiscano di ogni bene (idee comprese) nelle migliori condizioni è cosa buona. Altrettanto buono ci sembra il riconoscimento di diritti per chi ha prodotto quei beni (idee comprese). Come in un qualsiasi incontro tra domanda e offerta. Ci aspettiamo pertanto maggior coraggio di intervento a favore di autori e artisti. Chiediamo che non si ceda alle richieste di chi vorrebbe addirittura abolire il copyright. Almeno questo. Ne va della dignità di ogni autore.

Vostro affezionatissimo PennaNera