Abbiamo bisogno di ritrovare la nostra identità

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Mai come oggi la nostra identità è messa così in seria discussione. L’identità dell’Italia, l’identità dell’Europa, l’identità della cultura occidentale tutta. E forse alcuni fingono di non accorgersene. Le urne del 26 maggio ci hanno mostrato un’Europa che, lungi da fantomatici scossoni sovranisti, desidera tuttavia che qualcosa cambi. Evidentemente chi sinora ci ha governato non ha soddisfatto le nostre aspettative, visto che adesso non ha più la maggioranza all’Europarlamento.

Forse il primo fra i desideri emersi dalle recenti elezioni è quello di ricostruire un’identità. Quanti in Europa si sentono davvero europei? O piuttosto solo francesi, inglesi, tedeschi, italiani o ungheresi? Quanto possiamo sentirci europei, ad esempio, noi italiani che forse ancora ci vantiamo di essere polentoni piuttosto che terroni? Prima di costituire un’identità europea, dobbiamo raggiungere un’identità nazionale.

Il tentativo di aprirci a tutto e a tutti, in nome del “non avere limiti” o “non avere frontiere” o “non innalzare muri” o “non avere pregiudizi”, ha sortito l’effetto esattamente opposto a quello sperato. Magari non siamo ancora pronti. Magari un giorno riusciremo a raggiungere una tale apertura mentale. Ma non è ancora arrivato il momento. Non si possono saltare i passaggi: prima gli italiani, poi gli europei, infine tutti gli altri. Se non raggiungeremo noi stessi un’identità forte, avremo sempre timore di confrontarci apertamente con le identità di chi è diverso da noi.

Quando l’apertura mentale diviene un’imposizione, il “diverso” ne approfitta. Specie quando la sua è un’identità forte e spregiudicata, a discapito della nostra. La globalizzazione è certo un bene in quanto arricchisce tutti, tuttavia realizza un inevitabile scontro fra culture. Se una cultura ha un’identità più debole di altre, soccombe. L’integrazione è opportuna quando si ha da offrire qualcosa della nostra cultura alle altre. Se la nostra identità culturale si indebolisce, le altre prevarranno su di essa.

Prima del confronto alla pari con i “diversi”, dunque, è necessario e opportuno radunare gli “uguali” sotto un’unica bandiera. L’Europa sarà grande se e solo se riuscirà a realizzare questa ardua riunificazione. Finché non ricostruiremo la nostra comune identità, dapprima nazionale e poi europea, i “diversi” saranno sempre visti da noi come “nemici”. Avere un’Europa unita solo perché i conti tornino, per quanto detto, non è certamente la strada giusta da percorrere.

Se noi siamo deboli, gli altri acquistano forza ai nostri occhi. Se gli altri si rafforzano e noi ci indeboliamo, nel giro di qualche decennio subiremo vere e proprie invasioni culturali. Dobbiamo dunque rinforzare anzitutto la nostra appartenenza, rivendicando i valori che ci accomunano e senza vergognarcene. A volte si ha come l’impressione che ci si debba far da parte per accogliere l’altro, come spinti da una sorta di indistinto senso di colpa… Provare vergogna per la nostra identità ci rende ridicoli e manipolabili agli occhi degli altri: questa è la realtà che alcuni non vogliono capire.

Dei nostri valori democratici dovremmo andare fieri. Dov’è garantita la libertà d’espressione, per esempio, se non nelle democrazie? Eppure ancora oggi ci troviamo in difficoltà ad ammettere idee di un certo colore politico alla Fiera del Libro, o a prorogare l’attività di radio storiche che per anni hanno raccontato il nostro Parlamento. Abbiamo bisogno di riaffermare con forza i nostri valori, per difenderci dalle moderne dittature che rischiano di ridurci in schiavitù.

Oggi forse i veri dittatori non sono quelli che ai fascio-buonisti piace denunciare. Incominciamo a fare nomi e cognomi senza vergognarci. Oggi i veri fascisti vengono in primo luogo dalla Cina, dall’Islam e dall’Africa. Dalla Cina, quelli che vorrebbero conquistarci a livello economico, attraverso concorrenza sleale nel mercato dei beni e del lavoro. Dall’Islam, quelli che vorrebbero soggiogarci a livello religioso, attraverso guerre sante o forme di conflitto più subdole. Dall’Africa, quelli che vorrebbero imporsi a livello demografico e sociale, attraverso immigrazione incontrollata e guerre fra poveri. Questi tre fascismi sono talvolta alleati fra loro e cercheranno in ogni modo di distruggere la nostra cultura occidentale, loro comune nemico.

I fascisti del Sol Levante sono i più spregiudicati. Da decenni sono presenti in Europa e stanno inquinando i nostri mercati con prodotti taroccati e manodopera priva di qualsiasi tutela. In silenzio, come se non bastasse, stanno pure colonizzando intere zone dell’Africa. E poi l’Africa emigra in Europa… Secondo alcuni ne avremmo bisogno, visto che il nostro tasso di crescita demografica è pressoché nullo. Se poi non abbiamo modo di integrarli cosa importa? Per non parlare della cultura rom, che spesso non vede di buon occhio noi “stanziali” (invece loro, “nomadi”, che vivono nei campi e pretendono di ottenere delle case? Da quale pulpito…). Infine gli Islamici, che vorrebbero conquistarci alla maniera classica (guerre sante, attentati, terrorismi vari…) o in maniere più subdole… Magari inculcandoci idee ambientaliste che facciano il gioco dei petrolieri (provenienti in gran parte proprio dalla cultura islamica, guarda caso).

Non possiamo permetterci di chinare il capo di fronte a questi moderni dittatori. Dobbiamo rispondere con forza a chi proviene da certe culture e magari, beffa nella beffa, vorrebbe insegnare a noi come integrare il “diverso”. Ci fossero più persone a difendere i nostri simboli! Invece ci scandalizziamo pure se qualcuno bacia un rosario in pubblico… Oppure diamo ai cristiani l’appellativo di “adoratori della Pasqua”… Fino a quando dovremo subire questa autentica “politica del senso di colpa e del pudore”? Quando torneremo finalmente padroni della nostra identità? Recuperiamo i nostri valori, vantiamoci di essere parte di una democrazia e di appartenere alla cultura occidentale. Ricominciamo a sventolare le nostre bandiere, non quelle degli altri.

Vostro affezionatissimo PennaNera