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Messaggi di Ottobre 2017

.. a 100 anni da Caporetto

Post n°4097 pubblicato il 24 Ottobre 2017 da ninograg1
 

100 ne son passati di anni dalla disfatta di Caporetto e, a dispetto della boriosa autocelebrazione di una solenne sconfitta del Regio Esercito italico dovuta sì a Cadorna (un ottuso ufficiale incapace della pur minima empatia verso le decine di migliaia di propri connazionali che giornalmente mandava a morire e a cui attribuì la disfatta.. un vero italiano) ma pure ai suoi tre attendenti (fra cui spiccò per incapacità un certo Badoglio nel cui settore di competenza si verificò uno dei cedimenti più disastrosi della disfatta di Caporetto) e alla eccessiva rigidità della filiera del comando (leggasi burocratizzazione... già allora!!!) e alla incapacità di essere elastici assecondando l'evolversi della situazione (come invece fecero gli austro-ungarici e, soprattutto, un certo Erwin Rommel che fu decisivo invece nell'applicare proprio quell'elasticità necessaria nelle guerre, copiando in questo dai francesi che la sperimentavano in contemporanea sul proprio fronte con discreto successo. E diverse sono anche le opinioni sui perchè (politici e militari... il solito polverone affinchè nessuno dei non addetti ai lavori ci debba capire nulla...) della sconfitta. In realtà la tragedia della guerra e la sofferenza dei fanti al fronte è sempre stata in secondo piano e a memoria di questa parte nascosta della nostra storia (quante parti sono ancora nascoste della storia d'italia?) a me preme ricordare quelle decine di migliaia di soldati che si sono sacrificati in nome di... cosa? Ricordatemelo per favore perchè sinceramente faccio fatica a capire l'essenza della cosa...

Ecco una toccante testimonianza

a perenne ricordo di, veri, italiani che hanno dato la loro vita, non so quanto volontariamente, per il paese (NON DIMENTICHIAMO CHE ANCHE I MALATI, A FORZA DI ELETTROCHOC E DECIMAZIONI, VENIVANO RISPEDITI AL FRONTE TACCIATI DI CODARDIA): senza perdere di vista naturalmente le altre storie che ce la raccontano fra cui quella magistrale di Francesco Rosi dal titolo 'Uomini contro' con un superbo Gian Maria Volontè.

ORA ESULTATE PURE PER I 100 ANNI....

 
 
 

Bufera Tari: “tassa gonfiata per calcoli illegittimi

Post n°4096 pubblicato il 23 Ottobre 2017 da ninograg1
 

WSI 23 ottobre 2017, di Mariangela Tessa

 

 

È polemica sul calcolo della Tari, la tassa sui rifiuti che ha sostituito dal 2014 la vecchia Tares. Quello che non quadra è il calcolo delle parte variabile. Che, a quanto pare, viene computata più di una volta, facendo così salire i costi per famiglia.

Stando ai primi calcoli del Sole 24 Ore l’aggravio dei costi è enorme: per una famiglia di quattro persone che vivono in un appartamento da 100 metri quadrati con box e cantina, il calcolo corretto della Tari sarebbe di 391 euro all’anno, mentre quello illegittimo la gonfia fino a 673 euro.

“Che il cittadino contribuente sia da anni letteralmente depredato da una fiscalità locale fuori controllo e da aliquote ormai insopportabili per strati sempre più ampi della popolazione è una realtà, ma che ogni settimana si debbano scoprire veri e propri inganni ai danni del contribuente non è più sopportabile” ha detto il Presidente Nazionale del Movimento Difesa del Cittadino, Francesco Luongo, dopo che la questione è stata sollevata dal Sottosegretario all’Economia, Pier Carlo Baretta Baretta, in sede di risposta ad una interrogazione parlamentare.

Rilancia Luongo:

“Dopo l’applicazione illecita di tariffe diverse, più alte per i non residenti, che abbiamo denunciato il mese scorso, eccone un’altra ancora più grave. Nella Tares, e quindi anche nella Tari che l’ha sostituita dal 2014, la parte variabile della tariffa va computata una sola volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze situate nello stesso Comune.  Nel caso, di abitazioni a cui siano collegate pertinenze come il garage o la cantina, il calcolo corretto deve sommare i metri quadrati, e poi applicare le tariffe. Il calcolo illegittimo divide invece l’abitazione dalle sue pertinenze e replica la quota variabile per le stesse, come se la presenza di garage e cantine moltiplicasse la capacità degli abitanti di produrre rifiuti (la quota variabile serve a misurare il conto sulla base dell’utilizzo del servizio)”.

Si tratta di un “artificio contabile ai limiti della truffa – conclude il Presidente del Movimento Difesa del Cittadino La tassa rifiuti è tra i balzelli più odiati dai cittadini perché, di fatto, è una vera patrimoniale sui metri quadri della propria casa a prescindere dalla produzione di rifiuti e dal servizio di raccolta e smaltimento spesso inefficiente o del tutto assente. Per fortuna la giurisprudenza sta affermando che i cittadini non sono soltanto bancomat da spremere a piacimento da parte di Comuni incapaci di gestire i servizi indispensabili.

 

 
 
 

Smog, il trasporto pubblico può risolvere il problema?

Post n°4095 pubblicato il 22 Ottobre 2017 da ninograg1
 

di | 22 ottobre 2017  Il Fatto Quotidiano

Tutte le istituzioni (Regioni e Comuni) sembrano sorprese, o quasi, per gli alti livelli di smog che si registrano in tutta la valle padana da settimane. Ancor prima dell’accensione delle caldaie per il riscaldamento domestico, i livelli di Pm10 sono saliti alle stelle complici le temperature estive, l’assenza di pioggia e vento. I limiti di 50 microgrammi per metro cubo di Pm10 sono sforati da troppo tempo. Fanno la parte da leone le emissioni derivanti dal massiccio e squilibrato utilizzo di automobili e tir per i trasporti di persone e merci.

Mentre sale l’allarme per l’ aggravamento dello stato dell’aria in quasi tutta la pianura padana, le regioni del nord e i piccoli Comuni, come l’armata Brancaleone, adottano dei provvedimenti emergenziali venduti come successi, che si sono però sempre rivelati inutili “panniccelli caldi”. Alcune misure vengono prese ma non fatte rispettare, sia sulla circolazione di auto e tir diesel più inquinanti sia sui livelli delle temperature da tenere in casa e negli uffici pubblici.

La massiccia deindustrializzazione e delocalizzazione di questi anni ha sì spostato una parte delle emissioni in altri Paesi; c’è sicuramente ancora molto da fare per ridurre l’inquinamento di fonderie, cementifici, acciaierie e altre attività industriali, visto che sono rimasti gli impianti più obsoleti. Un contributo all’avvelenamento dell’aria viene da tempo apportato anche da un’altra sorgente, l’agricoltura. L’inquinamento da traffico, che contribuisce al 30/40% del Pm10, si mischia non solo con quello industriale, ma anche con l’ammoniaca prodotta in agricoltura. Se per le industrie e l’agricoltura una traiettoria di investimenti per la riduzione dell’impatto ambientale (rinnovamento impianti, nuove tecnologie e riduzione dell’uso dei prodotti chimici) comporta tempi lunghi, dipendendo da azioni pubbliche (regole e risorse) e private (mercato e risorse), per quanto riguarda i trasporti  le cose stanno andando sempre peggio. Infatti la quota modale dell’uso del trasporto pubblico tra il 2002 e il 2016 (passando dal 37,2% al 31,1% – dati Isfort/Aci) è peggiorata. Peggiorata nonostante un volume consistente di risorse pubbliche garantite e trasferite a Regioni, Comuni, provincie ed aziende pubbliche, come le Ferrovie dello Stato e Ferrovie in concessione.

La quota di trasporto merci su ferrovia con il 7% è il fanalino di coda europeo. Serve un’Autority dei trasporti. Servono scelte di rilancio del trasporto pubblico con l’adozione di un’Autority per l’integrazione dei servizi di trasporto, almeno nelle capitali di regione, non solo del nord, come avviene in tutta Europa. Non c’è il miracolo dietro l’angolo. Per battere lo smog non bastano, anche se sono le benvenute, poche e scoordinate misure d’emergenza, che peraltro ogni anno scattano in ritardo. La salute dei cittadini è sempre più compromessa. Si può offrire un efficiente servizio pubblico integrato tra autobus e ferrovia in tutte le città e provincie, mentre aumentano i pendolari costretti a usare l’automobile. Le aziende di trasporto urbane ed extraurbane non dialogano, non hanno obiettivi comuni se non quello di portarsi a casa i sussidi pubblici. Basti pensare che non ci sono ancora i biglietti integrati validi per tutti i mezzi, come in ogni città europea. Il divario di produttività ed efficienza delle aziende di trasporto italiane (Atac) è molto distante dalle medie comunitarie. Da decenni i contratti di servizio sono prorogati senza gara e il settore vive con modelli di organizzazione carenti e garantiti dall’assenza di elementi competizione. Competizione che, negli ultimi trent’anni, ha rivoluzionato e rilanciato il trasporto pubblico in tutta Europa.

di | 22 ottobre 2017

 
 
 

In Italia l’inquinamento uccide più che negli Usa. 9 i milioni di morti nel mondo all’anno

Post n°4094 pubblicato il 20 Ottobre 2017 da ninograg1
 

Green report ([20 ottobre 2017]) di Luca Aterini

 

Quindici volte più di guerre e conflitti, oltre il triplo rispetto a Aids, tubercolosi e malaria messe insieme: è l’inquinamento il grande killer che l’umanità si auto-inflitta, in grado di provocare (nel solo 2015) 9 milioni di morti premature a livello globale, il 16% di tutti i decessi nel mondo. In altre parole, un sesto di tutte le morti al mondo, quota che sale ancora (dati Oms) a 12,6 milioni allargando il quadro a tutte le morti legate a cause ambientali evitabili. Una tragedia che dunque ci riguarda tutti, ma è tutt’altro che cieca. Il 92% delle morti legate all’inquinamento è circoscritto ai Paesi a reddito medio-basso, e ovunque l’aria, l’acqua e il suolo inquinati opprimono in particolar modo le minoranze e gli emarginati. L’apoteosi dell’ingiustizia che travalica la morte.

È un mondo sporco e cattivo quello descritto dalla prestigiosa rivista medico-scientifica The Lancet, la cui Commissione sull’inquinamento e la salute ha appena pubblicato il suo ultimo rapporto. Una pubblicazione che giunge in un’Italia già asserragliata dallo smog ben prima della consueta emergenza invernale, anticipata quest’anno da caldo e assenza di piogge – anch’essi fenomeni legati all’impatto dell’uomo sull’ambiente, attraverso il cambiamento climatico. Un’emergenza che, in ogni caso, parte da lontano. Gli stessi dati elaborati da Lancet ci descrivono come un Paese dove il numero di morti attribuibili all’inquinamento ogni 100mila abitanti (si veda l’immagine a lato, ndr) è superiore a quello registrato in buona parte d’Europa – Francia, Spagna, Portogallo o l’intera Scandinavia, ad esempio – ma anche a quello che affligge l’intero continente americano, Stati Uniti compresi.

«Anche in Italia – commenta al proposito il leader dei Verdi, Angelo Bonelli – un decesso ogni sei è attribuibile all’inquinamento. Infatti secondo l’Istat, la mortalità nel 2014 nel nostro paese è pari a 598.670 morti, e se confrontiamo questo dato con le vittime per inquinamento (secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente) si registra nel 2014 il più alto numero di decessi di sempre pari a 95.930 a causa delle Pm 2,5, NO2 e O3». Si tratta di una realtà molto costosa, oltre che dolorosa, da accettare. A livello globale le perdite di benessere economico legate all’inquinamento sono stimate in 4,6 trilioni di dollari, ovvero il 6,2% della produzione economica mondiale.

Mentre l’inquinamento domestico dell’aria e dell’acqua o le forme di inquinamento associate a profonda povertà e stili di vita tradizionale stanno lentamente diminuendo, l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento chimico e l’inquinamento del suolo sono tutti in aumento. Il più grande problema è ancora rappresentato dall’inquinamento atmosferico, individuato come causa di 6,5 milioni di morti all’anno nel mondo, seguito dall’inquinamento idrico e del suolo (1,8 milioni di decessi) e da quello legato al posto di lavoro (0,8). Anche l’inquinamento chimico rappresenta un dramma in crescendo: come ricorda Lancet, oltre 140mila nuovi prodotti chimici e pesticidi sono stati sintetizzati dall’uomo a partire dal 1950, e di questi 5mila che sono stati prodotti in gran volume sono anche stati ampiamente dispersi nell’ambiente rendendosi responsabili di un’esposizione umana «quasi universale». Non sappiamo neanche bene quali siano i loro effetti: meno della metà di questi prodotti chimici sono stati sottoposti a test rigorosi in merito a sicurezza e a-tossicità, divenuti obbligatori sono negli ultimi 10 e anni e solo in pochi paesi ad alto reddito al mondo.

Per quanto drammatica, quella che stiamo vivendo non è una storia dal destino segnato. «La buona notizia – osservano da Lancet – è che un sacco di inquinamento può essere eliminato, e che la prevenzione dell’inquinamento può essere molto conveniente». È la storia a dimostrarlo. negli Stati Uniti, ad esempio, le concentrazioni di sei comuni inquinanti atmosferici sono diminuite di circa il 70% dall’approvazione del Clean air act nel 1970 e, da allora il Pil Usa è aumentato di quasi il 250%: ogni dollaro investito nella lotta contro l’inquinamento dell’aria negli Stati Uniti migliora non solo la salute, ma porta anche benefici economici pari 30 dollari.

Si tratta di continuare a credere, investendo in ciò che già abbiamo dimostrato essere possibile, anche in Italia. Se nel mondo ben l’85% del particolato atmosferico insieme all’inquinamento da ossidi di azoto e zolfo arriva dai combustibili fossili e (nei paesi poveri) da biomasse, come ricordato da ultimo in seno al ministero della Salute in Italia i principali interventi per migliorare la qualità dell’aria devono concentrarsi sul traffico veicolare e sul riscaldamento residenziale: è una partita che possiamo vincere, ma dove occorre investire capitale economico e politico. E oggi il secondo sembra scarseggiare ancor più del primo.

 
 
 

Farmaci, come lo Stato può trasformarli da costo in risorsa

Post n°4093 pubblicato il 19 Ottobre 2017 da ninograg1
 

di | 19 ottobre 2017  Il Fatto Quotidiano

Il mercato dei farmaci generici (legali) nel mondo sta vivendo da tempo un autentico boom. Secondo le stime di Quintilesims, riprese da L’economia, l’inserto del lunedì del Corriere della Sera, il mercato dei farmaci generici dovrebbe passare nel mondo dai 267 miliardi di dollari del 2013 ai 442 del 2018, con una crescita annua stabile al 10,6%. Tra i Paesi in forte crescita per il mercato degli equivalenti. Il Giappone punta a raggiungere i dieci miliardi di dollari/anno nel 2018 e di arrivare all’80% delle prescrizioni nel 2020.

I dati pubblicati in questi giorni sulla evasione fiscale attestano che anche in Italia spendiamo non meno di 11,8 miliardi di euro (e in contanti) all’anno per farmaci generici, ma non si tratti di quelli legali ma di quelli psicoattivi affidati in monopolio alla malavita organizzata (mafia, camorra, ndrangheta), di fatto come un brevetto senza scadenza grazie al vigente, quanto inutile, proibizionismo.

L’intera spesa farmaceutica pubblica italiana nel Sistema Sanitario Nazionale (SSN) si aggira ormai a circa 17,7 miliardi di euro/anno (dati 2016). E’ veramente atroce essere quindi costretti alla semplice considerazione che in Italia il consumo di droga in spesa contante equivale a circa i due terzi dell’intera spesa farmaceutica pubblica del SSN. E’ una cifra assolutamente eccezionale e troppo spropositata sulla quale non possiamo continuare tutti a chiudere gli occhi senza fare nulla per contenerla. Non possiamo lasciare che la spesa per droga appartenga solo alla narrazione coraggiosa di Roberto Saviano senza trarne, da tecnici, le necessarie conseguenze di proposte operative politiche.

I nuovi farmaci oncologici, specie quelli che si basano sulla attivazione del sistema immunitario, mostrano un profilo di efficacia interessante ma pongono un serissimo problema di sostenibilità economica dell’intero sistema sanitario pubblico. Occorrono con urgenza non meno di due miliardi di euro l’anno per evitare entro i prossimi due anni il sostanziale collasso dell’equilibrio gestionale della intera spesa farmaceutica.

E’stato proposto (Cipomo) un incremento della tassazione sulle sigarette per recuperare risorse per garantire le migliori cure innovative ai nostri malati di cancro. Ma non sono d’accordo: oltre a essere moralmente non etica come medici, non consentirebbe un recupero adeguato di risorse economiche e avrebbe come unica conseguenza l’incremento del contrabbando.

Il prossimo 12 novembre 2017 sarà una data importante per sottolineare quest’anno d’oro dei farmaci generici, droghe comprese. Dopo quello dei viagra, in quella data scadrà anche il brevetto del Cialis, farmaco per la disfunzione erettile: è stato calcolato che il risparmio per le tasche dei consumatori potrà arrivare anche al 60% del costo attuale. Si stima quindi un risparmio non inferiore ai 600 milioni l’anno “cash” per il solo Cialis.

Lo Stato italiano decenni fa non si vergognò di diventare “spacciatore di droghe” producendo in monopolio sigarette “nazionali”. In questo momento storico in cui lo Stato sta perdendo il proprio equilibrio economico, in particolare per l’esplosione dei costi dei farmaci innovativi sotto brevetto (quasi esclusivamente oncologici), magari si decidesse di trasformare il “costo” farmaco in “risorsa” farmaco, come accade già da tempo in diversi altri Paesi nel mondo.

Sia per farmaci generici efficaci ma venduti  in “outbranding” su Internet senza garanzie di qualità certificata – come i farmaci contro la disfunzione erettile – ma soprattutto per farmaci generici psicoattivi a noi meglio noti come “droghe di abuso”, è giunta l’ora di assicurare una produzione di qualità che per un monitoraggio efficace (almeno 1 consumatore su 4 di farmaci per la disfunzione erettile ha meno di 40 anni e ne fa uso a scopo ricreazionale e non terapeutico) e che lo Stato entri in produzione diretta:
1. i farmaci generici efficaci in qualità produttiva ( tipo cialis e viagra per intenderci)
2. di farmaci biosimilari a basso costo (esempio fattori di crescita ematopoietici)
3. farmaci generici psicoattivi (droghe di abuso tipo hashish) al duplice scopo di recuperare ingenti risorse economiche per sostenere il Sistema Sanitario Pubblico e dall’altro sottrarre ingenti risorse economiche alla malavita organizzata.

Entro due anni il SSN sarà ufficialmente in default innanzitutto per eccesso di spesa farmaceutica ospedaliera oncologica. Allora, se non ora quando?

di | 19 ottobre 2017

 
 
 

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