di Giancarlo Bertocco*
I media hanno dato molto risalto alla recente pubblicazione del libro di Matteo Renzi (Avanti. Perché l’Italia non si ferma, Feltrinelli). Meno attenzione ha suscitato la contemporanea uscita del libro di Romano Prodi (Il Piano Inclinato, Crescita senza Uguaglianza). Le due opere hanno, evidentemente, caratteristiche differenti. Renzi si pone l’obiettivo di ricordare i successi e gli insuccessi dei suoi mille giorni di governo e di presentare un programma politico per la prossima legislatura. Prodi si concentra sulle cause del profondo deterioramento delle condizioni economiche e sociali della classe media in tutto l’occidente e in particolare in Italia, e sottolinea il ruolo fondamentale che la politica deve svolgere per superare questo problema. Nonostante il diverso profilo, i due libri offrono l’occasione di confrontare il programma economico dei due leader del centrosinistra.
I due autori concordano nell’individuare il problema centrale che schiaccia la società italiana:
la profonda sfiducia nel futuro prodotta dalla grave crisi economica. Si distinguono invece, quando spiegano l’origine del problema e presentano le proposte per superarlo. Questa distanza si coglie osservando il punto del libro in cui i due autori sollevano
il problema della sfiducia.
Prodi lo esplicita nella prima pagina. Renzi invece, ne parla nel penultimo capitolo intitolato
Il futuro della sinistra. La diversa collocazione riflette una significativa differenza di analisi.
Prodi dedica molto spazio alla spiegazione delle cause della Grande Recessione, che ha provocato una
profonda incertezza nei confronti del futuro. Renzi, invece, non fa alcun cenno all’evoluzione del sistema economico negli ultimi decenni e ai fattori che hanno provocato la crisi. Ciò emerge ad esempio, quando Renzi considera
l’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori come
il simbolo di un mondo, quello del 1970, che è scomparso, senza ricordare né le caratteristiche di quel mondo, né di quello che l’ha sostituito nei decenni successivi. Egli esprime un riferimento indiretto alla condizione economica della classe media italiana quando ricorda che l’obiettivo del
bonus 80 euro consiste nel: “difendere le fasce medio-basse dal rischio di essere risucchiate nella zona di povertà” (Renzi, p. 66), e quando sottolinea le difficoltà delle donne ad affrontare la maternità.
Prodi fornisce
una descrizione incisiva del deterioramento delle condizioni della classe media e delle sue cause. Egli divide il periodo che va dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi in due sottoperiodi. Durante il primo, che arriva fino agli anni Settanta, si sviluppa nei paesi occidentali un modello economico che è stato definito
capitalismo regolato, le cui caratteristiche sono state influenzate dalle politiche keynesiane.
La crisi degli anni Settanta, associata al fenomeno della
stagflazione (stagnazione e inflazione) indusse gli economisti ad abbandonare le teorie keynesiane e a recuperare le conclusioni fondamentali della teoria neoclassica prekeynesiana. La controrivoluzione teorica iniziata negli anni Settanta costituì il fondamento teorico
dell’ideologia neoliberista che spinse i governi occidentali, a partire dagli Stati Uniti con
Ronald Reagan e dalla Gran Bretagna con Margaret Thatcher, ad adottare politiche di liberalizzazione dei movimenti di capitale, di deregolamentazione dei mercati e di privatizzazione delle aziende pubbliche.
Prodi sottolinea almeno due conseguenze negative del passaggio dal capitalismo regolato a quello che è stato definito
capitalismo neoliberista. La prima riguarda il forte peggioramento della condizione dei lavoratori. La seconda conseguenza è costituita dalla
crisi finanziaria che ha dato origine alla grande recessione. La crisi è stata provocata
dall’ipertrofia del settore finanziario resa possibile dalle politiche di deregolamentazione dei mercati finanziari e di liberalizzazione dei movimenti di capitale adottate a partire dagli anni Ottanta (Prodi, p. 40).
Il diverso modo in cui Renzi e Prodi analizzano i fattori che generano il diffuso sentimento di
sfiducia nel futuro condiziona, evidentemente, la definizione del loro programma economico.
Continua su Economia e politica *Università degli Studi dell’Insubria
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