Creato da Vasilissaskunk il 16/06/2008

ALIVE IN THE NIGHT

(foto di viaggioMIE)

 

 

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Trockenseit.. Hurrikane e la siccità

Post n°237 pubblicato il 18 Maggio 2017 da Vasilissaskunk

Uragano osservava ipnotizzata cio' che restava del grande fiume …non era piu quello di una volta … solo li nella magica buca dalle acque color giada con le rocce a picco e nsacosta tra le fronde del bosco risplendeva ancora la sua antica beltà .....

Ricordo _ in gioventu’  si tuffava gioiosa controcorrente ed osservava i temoli verdi nuotare in parallelo, quale meraviglia  …. Che splendida sensazione sentire la potenza dello scorrere dell’acqua contro il proprio corpo …. Sbracciare furibonda per rimanere ferma seppur in movimento tra le rapide  …. Che godimento quella sferzante carezza _ STOP

Purtroppo  pero’ arrivo’ la siccità_ emozionale_ non sapeva se fosse inevitabile o meno …si presento’ un di bussando  arsa  e basta   … e, per lei che era solita travolgere in onde, questo divento’ presto ragione di sofferenza si sentiva racchiusa nel barattolo ermetico del suo essere essenziale –respiro …..ma lo spazio  a disposizione non  le era “abbastanza” e il tempo dell’attesa lo temeva  insufficiente .,..

Fu così che si ritrovo ad ingoiare il suo cuore cercando di soffocare la furia di un temporale di lacrime infinite insite nella profonda e radicata tristezza del suo essere.

Dove era il vento ora? poteva Uragano esplodere senza di lui? Si accorse che poteva aprire il tappo del barattolo e graffiare solchi caldi tra la sabbia con i suoi polpastrelli…

“ lascia che io ti respiri ora ..donami potenza ..donami Ardore “

 
 
 
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Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare  ...

 

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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)

Signor, e’ non passò mai peregrino,
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.

 

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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA

(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.

 

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