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« Con la sentenza deposita...C’è qualcosa di orrendo ... »

Persone straordinarie. Daniela, tecnico di laboratorio, racconta perché ha scelto di partire e lavorare con MSF

Post n°7594 pubblicato il 05 Aprile 2013 da cile54

Io, con Medici senza Frontiere

Quando a un certo punto mi sono seduta e ho ripensato alla mia scelta cercando di fare un bilancio e capire quanto stavo guadagnando con il mio investimento, il risultato è stato ancora: TANTO!

Nonostante lavorassi da 9 anni, prima di cominciare a partire con MSF la mia strada verso l’assessment  è stata abbastanza lunga e faticosa. Mi sono laureata in Biotecnologie e ho fatto ricerca (incluso un PhD) per tutta la mia vita. Poco dopo la fine del dottorato, ho inviato la mia domanda a MSF ma da allora sono passati 5 anni per raggiungere il tanto sospirato assessment.

MSF voleva essere sicuro che avessi il giusto bagaglio di esperienze prima di cominciare a lavorare con l’associazione e allora mi chiese di fare un corso in medicina tropicale e un’esperienza in loco possibilmente in un paese in via di sviluppo.

La mia reazione iniziale fu di rabbia perché non riuscivo a comprendere tanta esigenza per un lavoro che ero sicura di saper fare. Inoltre sapevo che il mio curriculum dal punto di vista tecnico non poteva essere inferiore alle capacità richieste…ma poi, dopo aver fatto tutto quello che MSF mi aveva chiesto e la mia prima missione mi sono dovuta ricredere e dire che MSF aveva ragione da vendere!!!

Lavorare come lab tech (tecnico di laboratorio) per MSF di per sé è una cosa semplice. Dal punto di vista tecnico non ci sono cose super difficili da fare. Molte volte la diagnostica che viene fatta nei progetti è molto più basilare della diagnostica che in genere possiamo fare nei nostri laboratori.

Paradossalmente, è proprio questa la parte più difficile del lavoro…talvolta le cose sono talmente semplici e ovvie che nel momento in cui bisogna risolvere un problema sembra impossibile pensare a qualcosa che sia andato storto. Allora ti rendi conto che i numeri non sono sempre valori universali, i concetti di tempo e volume hanno significati diversi, la "temperatura ambiente" diventa il tuo nemico più grande!

Arrivi con i tuoi ritmi europei a voler dettare i tempi di un lavoro che ti sembra non funzionare…ma poi ti guardi intorno e troppe volte ti rendi conto della motivazione che deve spingere le persone a lavorare ogni santo giorno in condizioni di lavoro che tu da operatore non devi far altro che tollerare per un po’ per poi poter ritornare nella tua bella e super confortevole vita che ti aspetta a casa.

E allora impari a limare i tuoi obiettivi, impari a imparare e a dare valore a cose un po’ diverse in termini di risultati lavorativi. E ancora una volta, paradossalmente, imparando a rallentare riesci a velocizzare un sistema, un’attività, un processo che prima che arrivassi sembrava semplicemente impossibile, non fattibile, inapplicabile al contesto!

Nei miei 5 anni in cammino verso MSF sono stata 6 mesi in Burkina Faso a lavorare in un laboratorio di una piccola clinica della capitale, Ouagadougou. Lì ho imparato a comprendere il concetto di flessibilità e reattività nei confronti di situazioni inattese come…12 ore di black out, 3 mesi di coprifuoco, lavarsi senza acqua calda, vivere a 50°c…

Dopo il Burkina Faso, ho frequentato il corso post laurea in "International health and tropical medicine" all’istituto di medicina tropicale di Anversa (Belgio). Lì ho imparato a guardare la medicina da una nuova prospettiva. Ho imparato il concetto di priorità applicabile al breve e al lungo periodo. Poi ho anche scoperto tutti i vermi che probabilmente avevo mangiato in Burkina Faso.

Il risultato di queste esperienze è stato che durante la mia prima missione a Donetsk in Ucraina tutti i miei colleghi sono stati concordi sempre e solo su questa cosa pensando a me: "Guardando come lavori, sembra impossibile che questa sia la tua prima missione!"…et voilà! MSF, non sbagliava!

Ogni giorno di lavoro mi sembrava di fare un’esercitazione pratica di ciò che avevo studiato qualche mese prima. Ogni volta che avevo un problema in laboratorio tornavo con la mente al Burkina e cercavo di trovare la chiave d’accesso ai miei problemi.

Ma devo dire che i miei anni di lavoro precedente hanno avuto il loro contributo fondamentale. Sono riusciti a darmi quella sicurezza tecnica e personale senza la quale non avrei potuto tenere testa a 12 donne tra i 35 e i 60 anni che rappresentavano il team di laboratorio nella mia prima missione.

Devo dire che il cammino verso MSF mi è costato tempo e denaro. Magari ho rinunciato a un paio di vacanze, pensando però che dopo avrei vissuto il mondo e non l’avrei visto solo di passaggio la rinuncia non è stata così grande. E quindi sì. L’investimento è stato proprio vincente e se tornassi indietro lo farei sempre per tutta la vita!

Daniela

02/04/2013  www.medicisenzafrontiere.it

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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