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Anziani non autosufficienti: Progetto "Restare a casa" è fattibile e utile. "Non separare il sanitario dal sociale".

Post n°8264 pubblicato il 11 Novembre 2013 da cile54

Anziani, nelle Rsa si muore prima.

“Non è fantascienza una presa in carico globale della persona a casa. E’ una battaglia che portiamo avanti da vent’anni e ha le sue basi nella libertà di scelta dei luoghi di cura e dei curanti prevista dal Sistema sanitario nazionale.  Una libertà di scelta che va regolamentata ”. Così Maria Giulia Marini, responsabile dell’area Sanità e salute della Fondazione Istud , che si pronuncia sulla fattibilità e sulla sostenibilità economica del progetto “Restare a casa” per il quale si sta battendo il Comitato 16 novembre.

E se è vero che l’assistenza a casa è particolarmente gradita dai pazienti (lo chiede dall’86 al 92% degli intervistati dall’istituto), e meno dai familiari (per il carico di cura che grava sugli stessi), va sottolineato un aspetto: nel restare a casa non ci sarebbero vantaggi economici, ma ci sono di sicuro vantaggi qualitativi. Con un daato emblematico, riferito dalla stessa responsabile Istud: “Da studi pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche sappiamo che  la durata della vita è più lunga quando la persona è assistita a domicilio. Nel caso degli ultranovantenni il dato è che nelle Rsa si muore sei mesi prima, nel caso degli over 65 si registra un’accelerazione della morte di 10 anni rispetto alla gestione a domicilio”.
Quella dei luoghi di cura, comunque, “è una libertà di scelta che va regolamentata
”.

"Non separare il sanitario dal sociale" . Ma da dove cominciare per mettere in piedi un’assistenza domiciliare che rispetti la libertà di cura? “Bisogna non separare il sanitario dal sociale, e questo va fatto a cominciare dall’alto, a livello ministeriale – afferma Maria Giulia Marini -. Poi serve che Comuni e aziende sanitarie si parlino. A livello organizzativo la macchina è pronta: la base è il team multidisciplinare di medico, infermiere, assistente sociale, psicologo, fisioterapista”. Secondo l’esperta dell’Istud occorre anche “non farsi fregare dalle ideologie, perché la differenza la fa la qualità: se il pubblico non funziona, si guarda al privato, quello accreditato e rimborsato dalla Regione. Però lo devo poter scegliere”.

Un aspetto su cui la responsabile Istud insiste è la sostenibilità per tutta la famiglia del malato : “E’ fondamentale non mandare la famiglia nel caos”.

Su  RS Agenzia giornalistica  l’intervista completa alla responsabile dell’area Sanità e salute della Fondazione Istud, su assistenza e Rsa e sulla libertà di cura .

8/11/2013 Fonte: redattoresociale.it

 
 
 
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