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Anche per lo schiavista di Torino il lavoro è il puro servire. Si deve servire, non lavorare
Post n°4231 pubblicato il 13 Gennaio 2011 da cile54
Il signore e i servi. Marchionne hai letto Hegel?
Per rispolverare le delizie del lavoro servile non era necessario inneggiare a Marchionne, bastava conoscere Hegel, leggere o rileggere il celebre passo del rapporto signore-servo, della Fenomenologia dello spirito del 1807: «Il signore è la coscienza che è per sé [...] e si rapporta […] a una cosa come tale, all'oggetto cioè dell'appetito e alla coscienza cui l'essenziale è la cosalità». Traduco: il signore è un essere indipendente - la coscienza per sé - ed ha a che fare con un essere dipendente - una cosa - che tratta sia come pezzo d'uso - oggetto d'appetito - sia a livello di cosa, neppure di uomo. Il servo deve lavorare per il signore e solo in questo servire raggiunge una diversità, solo tendenziale, dall'essere solo cosa, diventa utile macchina, pezzo animato, e riesce in qualche modo a vivere, ma solo finché lavora, finche serve. Non ha diritto a nulla se non a lavorare. Il servo non potrà mai essere tanto diverso dall'esser servo - si legga, gli operai della nuova fabbrica di Marchionne - ed al massimo potrà «con il suo lavoro […] trasformarla» intende Hegel, la sua servitù in una servitù al lavoro. La coscienza del servo si pone, nel rapporto con il signore «come qualcosa di inessenziale» in quanto «l'operare della seconda coscienza - il servo - è l'operare proprio della prima - il signore -; perché ciò che fa il servo è propriamente il fare del padrone; a quest'ultimo è soltanto l‘essere-per-sé, è soltanto l'essenza; egli è la pura potenza negativa cui la cosa non è niente; ed è dunque il puro, essenziale operare in questa relazione; il servo peraltro non è un operare puro, sì bene un operare inessenziale». Quindi Marchionne potrà, grazie anche alla condiscendenza di alcuni sindacati, che hanno deciso di difendere gli interessi padronali invece che operai o dei lavoratori della fabbrica - i servi -, guidare, come il signore hegeliano, il processo produttivo. Egli è il puro essenziale operare in questa relazione. E' lui che decide. Solo il lavoro, dice Hegel, in qualche modo cambia la posizione del servo, lo fa diventare, tendenzialmente, qualcosa d'altro. Possiamo ancora aggiungere alcune similitudini tra Marchionne ed Hegel nel valutare il lavoro del/dei servi . Il lavoro servile, in Hegel, che non era un materialista, e la figura del padrone erano tipologie: un signore in sé ed un servo in sé; ed il lavoro era il puro servire. Lavoro in genere. Anche per Marchionne il lavoro è il puro servire. Si deve servire, non lavorare. L'apprendere capacità lavorative non interessa certo il signore, ma non deve interessare neppure il servo. Egli deve portare a termine, nella continuità, un'attività in genere. Deve solo servire. Così come il lavoro nell'intenzione di Marchionne deve essere solo un'esplosione di forza fisica che deve durare per tutta la giornata per produrre, cioè servire, costruire automobili e similari. Un pianeta ricoperto di automobili, che il servo-operaio deve produrre incessantemente, senza ricavare dal suo lavoro alcunché di utile da usare in altro modo. L'esperienza. Al massimo può illudersi di diventare qualcosa d'altro. Lo può intuire: «nel lavoro, esce fuori di sé nell'elemento del permanere; così, quindi, la coscienza che lavora giunge all'intuizione dell'essere indipendente come di se stessa». Non le è dato altro che intuire, sperare: angoscia. Quando il servo-operaio non serve più ri-diventa immediatamente cosa, ciò che la sua coscienza, al massimo, gli permette di essere veramente e viene trattato come tale. La cosa inessenziale, non serve più. Viene perciò accantonato, in favore di un altro servo - le cosiddette delocalizzazioni. Ed egli, digiuno di specializzazioni lavorative e politiche, reclamerà la sola sostanza che lo fa sentire, tendenzialmente, diverso dalla cosa che è, e cioè il lavoro. Il lavoro in genere. Non vi è altro in quel rapporto, non c'è crescita, maturazione, reale evoluzione: il signore rimane signore, il servo resta servo. L'illusione di avvicinamento dura sinché dura il lavoro in genere del servo. Oggetto d'appetito per il signore. Un rapporto squilibrato che soddisfa il signore ma non certo il servo, che resta tale. Tutte queste contraddizioni hanno trovato un'uscita risolutiva, in termini teorici, in Karl Marx. Naturalmente da mettere in pratica se si vuole uscire dall'empasse signore-servo così come magistralmente Hegel ci ha tratteggiato nel 1807.
Tiziano Tussi 11/01/2011 |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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