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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Tra Città del Messico e Torino (seconda parte)

Post n°143 pubblicato il 23 Maggio 2007 da falco58dgl
 

immagine                                        (città di Guanajuato)

Marguerita è andata via, si è messa in viaggio verso direzioni imprecisate. Un sorriso, un saluto con la mano, un bacio dato dalle sue  labbra rotonde, un contatto lieve e caldo. La casa è vuota,  il cuore pure. Passano i giorni, ormai sono trascorsi sei mesi dell’arrivo. Occorre andare avanti, come sempre. Vivere. Lavorare. Arrivare in fondo al mese.

 -Avevo ventisette anni ed ero reduce da esperienze frammentate, triangolazioni rapide, rapporti multipli coincidenti con le fasi alte del movimento del settantasette e sconfortanti, prolungati vuoti. Mi gettai sull'America Latina  con l’entusiasmo e l’energia di un convertito alla vera fede. O la va o la spacca, pensavo. Il Messico, paese di dominazioni e dominati, di  conquistatore e conquistati, di amore e odio verso l’Europa, genitrice crudele e tirannica.  Il Messico, terra di meticci, prodotto di  uomini europei e  donne indigene, consenzienti o prese con la forza, quasi mai il contrario. Da qui l’ambivalenza, i giuramenti di eterna amicizia, l’odio nascosto e le ferite ancora aperte-.

 Una telefonata, un indirizzo ricevuto da un’amica, una nuova telefonata fatta per sfida, un invito (venga a visitarnos, nos darà gusto), un vestito comprato ad Aurrerà. Alla terminal  nord degli  autobus un giovanotto  chiede all’autista se si dirige a Guanajuato. Cinque ore di viaggio tra altopiani delimitati da rilievi astratti e lontani,  campi di mais, campi di fragole, agavi, indicazioni di località sconosciute. Una città coloniale, racchiusa tra montagne e cave minerali.  Una signora che sembra una zia, più che una direttrice di facoltà universitaria. “Abbiamo sei insegnamenti liberi, ne scelga due. Siamo sicuri  che farà bene”. Un frullato quasi sputato per lo stupore al bar della facoltà.

 -Mi ritrovo, come se avessi sfregato la lampada di Aladino, professore universitario a tenere le lezioni in Spagnolo, lingua che allora non dominavo ancora perfettamente. Sono curiose le università del Messico, soprattutto quelle di provincia. Assomigliano più a licei che ad istituti di insegnamento superiore. Gli studenti sono obbligati a frequentare, puoi fare l’appello, sono previste due prove intermedie e una finale nel semestre  molto simili a compiti in classe. Però  i ragazzi si impegnano e la qualità della relazione docente/discente è eccellente. E i contenuti della disciplina li decidi tu, non ti vengono assegnati dall’alto-.

 Quindici  studentesse sedute ordinatamente intorno a tre tavoli rotondi. Sguardi  di curiosità, risa celate, appunti presi in modo minuzioso. Uno sguardo strano da parte di una bellissima ragazza dai capelli rossi e i seni alti.

Professore, vorrebbe venire a casa nostra per  bere un caffè? Grazie, ma non so se posso. Ci farebbe piacere, sia gentile. Va bene,  vi ringrazio.

 -In facoltà ci sono molte studentesse della buona borghesia di Guanajuato. Carine, spigliate, fintamente ingenue, alcune ti fanno decisamente la corte. Adorano l’Europa, le sue vestigia, le sue tradizioni. Anche un  rappresentante imperfetto come me, viene ricercato per questa specie di valore aggiunto da loro attribuito-.

 Roxana, capelli rossi e seni alti. Roxana che sorride civettuola. Roxana dai jeans attillati. Roxana disinvolta e sfacciata, capace di arrossire. Una casa spaziosa, un divano pieno di cuscini multicolori, caffè all’americana, parole, tante parole.  

-Leggera nell’approccio e indifferente nel rapporto, perfettamente in grado di dissociare il sesso dall’amore, infedele senza colpa e desiderosa di uomini che la mettessero al centro del proprio universo, senza richiedere dedizione in cambio,  mi accese i sensi. Mi sentivo in conflitto ed ero consapevole di commettere un’azione scorretta, ma non riuscivo ad evitare di correrle dietro. Facevo l’amore con lei quasi con violenza,  ma dopo l’orgasmo la sentivo lontana, inaccessibile. Si alzava dal letto con un gesto spontaneamente studiato e andava in bagno, così che potessi vedere il suo corpo dalle natiche sottili e i suoi seni alti e tondi. Eppure in un paio di circostanze avvertii il suo desiderio, soprattutto quando le sue labbra e la sua gola arrivarono fino alla radice del mio pene e lì  sostarono  lungamente, mentre un’energia furiosa  mi percorreva-.

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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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