Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Al di là

Post n°135 pubblicato il 07 Maggio 2007 da falco58dgl
 

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Due giorni fa mi sono ammazzato. Faccio fatica a raccontare quello che
è  successo, anche se mantengo un ricordo preciso di ciò che è
accaduto.  Un  sentimento simile al pudore  frena il mio impulso.

Ero così incapace di vivere che la scelta del suicidio mi parve una via
d'uscita agevole e rassicurante. Non era avvenuto nulla di speciale,
nulla di traumatico, come direbbero gli specialisti dell'anima. Solo un
insieme di situazioni mortificanti,  piccoli delusioni,  rancori
irrisolti,  energie usate contro se stessi.

Non voglio annoiarvi con la descrizione della mia vita, so benissimo
che  non vi interessa affatto, anche se m'immagino di  vedervi mentre
scuotete la testa e fate cenni  diniego troppo ampi per essere
plausibili. Perché dovrebbe interessarvi la mia vita se io, che la
possedevo, l'ho abbandonata come si lascia un vecchio cappotto o una
giacca troppo logora?

Dirò solo questo: ci sono a volte momenti in cui una mortale stanchezza
prende il sopravvento e non hai nemmeno voglia di dormire, desideri
unicamente  non essere,  sparire per sempre dalla scena.  Suicidarsi,
tuttavia,  richiede una forte determinazione, un'intenzione tenace che
contrasta con la voglia di rinuncia che sentivo crescere e imporsi
dentro di me.

Ho scelto, per questa ragione, un modo dolce e poco faticoso di morire.
Ho scartato i suicidi spettacolari - tagliarsi le vene e morire
dissanguato nella vasca da bagno, buttarsi dal nono piano, impiccarsi a
una trave del soffitto -. Non avevo energie sufficienti e poi, a dirla
tutta, mi sembrano azioni poco responsabili. Non volevo consegnare ai
miei tardivi soccorritori un corpo schiacciato o reso irriconoscibile
dall'asfissia o obbligarli a drenare litri di acqua rossa simile a un
fiume inquinato da residui industriali.

Ho inghiottito una manciata di pastiglie. Prima gli ansiolitici, per
stare calmo e non agitarmi troppo, poi una buona quantità di ipnotici e
infine alcune sostanze che inibiscono l'attività del sistema nervoso
centrale e l'attività respiratoria.

Non è stato facile morire. Ma non dovete pensare a spasmi atroci, crisi
di vomito o ad estremi ripensamenti.

Mi è parso di attraversare tutta una serie di passaggi, di effettuare un
insieme complesso di transizioni che stento a descrivere. Era come
aprire cancelli che t'introducono in territori amorfi e occorreva
percorrere la distanza che conduce ad altre  porte, ad altri territori,
a nuove zone neutre prive di contorni riconoscibili. Mi sembrava di
perdere corporeità in ognuna di queste fasi, era come entrare in un sogno
capace di sognare solo se stesso eppure così concreto, così reale. Non
sentivo neanche una percepibile angoscia, solo il desiderio (ma si può
parlare di desiderio quando sei sul punto di morire?) di annullarmi in
quella sensazione indistinta.

Dopo aver varcato tante porte ed essere passato attraverso infinite
ripetizioni, riconoscibili solo per le loro impercettibili differenze,
mi sono finalmente acquietato. Non sapevo cosa pensare. Temevo mi
avessero salvato in extremis e trascinato in un'unità di rianimazione.

Poi ho finalmente capito. Ero riuscito nel mio intento. Ero morto.

Me ne sono reso conto quando ho avvertito una sensazione di distacco
assoluto. Tutti gli eventi, le piccole miserie, le meschinità che mi
avevano indotto a farla finita erano ben presenti e nitidi. Ma avevano
perso ogni spessore, fluttuavano sopra la mia testa come  uccelli in
volo.

Mi sentivo così in pace che provai l'ombra di un rimpianto. Avrei dovuto
suicidarmi prima, ma distolsi quel pensiero fugace, ricordo della vita
ormai terminata.

Cercavo di guardarmi intorno, ma non scorgevo nulla di riconoscibile.
Provavo una sensazione analoga a quella di chi sta sdraiato su un letto
ad occhi chiusi e "sa" che ci sono oggetti intorno a lui, anche se non
li vede.

Ho cercato di aprire gli occhi, ma non vi erano più occhi da aprire. Era
tutto vuoto, rimaneva solo quella strana calma, simile ad un rio che
scorre tranquillo.

Non ho neanche provato a parlare, sapevo che non avrei potuto. Potevo
solo pensare, dare forma alle parole e comunicarle mediante un canale
misterioso, un codice segreto di cui mi sfugge l'origine e la natura.

Perché morire è proprio questo. Trattenere pensieri e parole dentro di
te che nessuno potrà udire, che nessuno potrà ricevere, se non
attraverso vie oblique e segni allusivi, che fanno dubitare e inquietano.

La morte non è la fine di tutto. E' solo un passaggio verso una deriva
infinitamente lunga, così lunga che la vita ne costituisce   una
porzione insignificante.

Tutto ciò l'ho capito oggi. Sono sollevato, quasi felice. Penso "sono
felice", ma in realtà sento solo scorrere dentro di me  rapide correnti
di pace.

Oggi la morte mi ha sorriso.

Writer

Commenti al Post:
Gioiasole
Gioiasole il 07/05/07 alle 00:56 via WEB
Cia Wri: puoi immaginare lo sconcerto che mi ha presa quando, dopo quasi un minuto e mezzo che mi è parso interminabile, mi si è finalmente aperto il tuo blog ed ho trovato questo pezzo? A quest'ora poi... Viene facile pensare che, chi desidera smettere di vivere, lo faccia con la certezza che finalmente troverà la pace, come quando ci si vuole abbandonare al sonno profondo per smettere di pensare. Però a volte mi ha colpita il pensiero di come possano essere gli ultimi attimi di consapevolezza di chi ha compiuto da sè l'atto estremo, quando è magari ancora in grado di rendersi conto che non c'è più possibilità di tornare indietro. E devo dirti che, mentre leggevo, temevo quasi di trovare un finale sull'onda di quel pensiero. Per fortuna, qui un lieto fine, a modo suo, c'è. Ma, mi chiedo, perchè voi scrittori ogni tanto vi lanciate in percorsi 'impossibili'? Un grande abbraccio, Gioia
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 01:13 via WEB
Cara Gioia, innanzi tutto, benritrovata. Ho appena modificato le impostazioni del mio blog. Adesso si visualizzano solo 5 messaggi per pagina, così i tempi di attesa per chi non dispone di Adsl dovrebbero dimezzarsi. "Al di là" è un testo che ho scritto diversi anni fa, è un racconto verso cui provo una certa ambivalenza, anche perché non mi sembra particolarmente riuscito. Infatti, avevo riscritto il finale in una seconda versione e lui si rendeva conto che tutto ciò che aveva provato era una reverie onirica e il suono della sveglia lo consegnava al suo "inferno quotidiano". Poi, però, ho mantenuto la versione originale, anche se più mistica e "new age". Mi chiedevi perché ci si misura con percorsi "impossibili". Credo che sia una sfida per chi scrive. Pensare come una donna, affrontare misteri, descrivere la morte, vedere la realtà come un bambino. Ti mando un forte abbraccio. Writer.
 
   
Midnight_Shadow
Midnight_Shadow il 15/05/07 alle 01:41 via WEB
Ecco, te pareva, e io che stavo per scriverti che, soprattutto per il tono che hai scelto e mantenuto, a me era piaciuto veramente molto. Sciabordante (mi capisco da me)
 
     
falco58dgl
falco58dgl il 15/05/07 alle 11:54 via WEB
Ciao, Ombretta. In ogni caso, ho mantenuto la versione che ho postato :) Tutto bene dalle tue parti? W.
 
claudiane
claudiane il 07/05/07 alle 08:43 via WEB
scrivi veramente molto bene!
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 14:38 via WEB
grazie, Claudiane. Mi fa piacere che lo pensi. W.
 
vomiworld
vomiworld il 07/05/07 alle 11:48 via WEB
ciao! complimenti per il racconto. Leggendo il commento e la tua risposta, preferisco di gran lunga il finale che hai scelto :))) Buona giornata!
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 14:40 via WEB
Benvenuto, vomiworki. Sono d'accordo con la tua osservazione. Nella seconda versione, il racconto sembrava un po' scontato. Un caro saluto :) W.
 
unadonnaperAMICAdgl
unadonnaperAMICAdgl il 07/05/07 alle 13:24 via WEB
misurarsi con percorsi impossibili...è questa la grande sfida dello scrittore...percorsi che fanno parlare l'anima e riflettere su quanto di invisibile galleggia intorno a noi...complimenti davvero...l'ho letto velocemente per vedere la fine e poi riletto con calma per assaporarne il messaggio
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 14:44 via WEB
Credo che il talento di chi scrive debba rendere facili e fruibili anche le situazioni più complesse e intricate. Chi scrive sa benissimo se le proprie parole squarciano il velo e dicono la "verità" o se sono solo artifici che nascondono mancanza di ispirazione e di dedideri di comunicazione. ciao, Donnaamica, un bacio. W.
 
adriana_ar
adriana_ar il 07/05/07 alle 15:27 via WEB
Questo tema, quello della morte, credo sia uno dei percorsi più difficili da descrivere in assoluto. Tu l'hai esaminata senza drammaticità e questo a mio avviso ha determinato di fatto l'intensità emotiva dell'evento. Sei un grande Writer. Un caro saluto Adriana
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 17:06 via WEB
Ciao, Adriana. Ho descritto il percorso verso la morte del protagonista con distacco perché mi pareva la scelta stilistica migliore, anche per evitare effettacci che avrebbero reso il testo illeggibile. Grazie dell'apprezzamento, un bacio. W.
 
laura_1969
laura_1969 il 07/05/07 alle 15:42 via WEB
... L'argomento è molto duro da digerire... ma tu scrivi cosi magnificamente che riesci a farmi apprezzare anche questo scritto cosi "difficile"... un sorriso Laura
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 17:07 via WEB
Ti ringrazio molto per le tue parole gentili, Laura. Un sorriso a te :) W.
 
apocrif_a
apocrif_a il 07/05/07 alle 15:43 via WEB
muoio ogni giorno, consegnando il mio corpo alle tenebre dei miei pensieri...cancello opo cancello, porta dopo porta...fino ad arrivare all'oblio dei sensi e alla pace dell'assoluto...ora so di poter incontrare te al di là della soglia...
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 17:09 via WEB
Speriamo di incontrarci al di là della soglia il più tardi possibile, apocrif_a :-D saluti tenebrosi :-) Writer.
 
nenicchia
nenicchia il 07/05/07 alle 18:17 via WEB
"Mamma, ma quando si festeggia il compleanno in cielo?" Ora puoi non credermi, ma mentre ti commentavo mio figlio (che non sa leggere e scrivere) mi ha detto così! Non so se per materialismo, per paura di ciò che non si conosce o semplicemente perchè non riesco a "trattenere pensieri e parole" dentro di me, ma non è ancora venuto il momento di ricevere quel sorriso. Resta la delicatezza disarmante con cui hai saputo narrare di una lacrima che regala un sorriso. Grazie, Serena.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 23:52 via WEB
Benvenuta, nenicchia. La coincidenza che riporti è straordinaria, anche se i bambini hanno un modo di andare all'essenziale delle cose che mette i brividi. Ti ringrazio per aver rilevato l'approccio del testo che affronta con dolcezza un tema particolarmente duro. Un forte abbraccio. Writer.
 
diavolettoincielo
diavolettoincielo il 07/05/07 alle 19:29 via WEB
Bellissimo scritto, anche se parla della morte... così coinvolgente che quasai quasi.,.. ci provo... bacioni
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 23:54 via WEB
Diavoletto, ti sei dimenticata la faccina in fondo alla frase. Non mi vorrai far passare per un istigatore al suicidio, voglio sperare :) Grazie dell'apprezzamento, un bacio a te. W.
 
onice0
onice0 il 07/05/07 alle 19:37 via WEB
"Perché morire è proprio questo. Trattenere pensieri e parole dentro di te che nessuno potrà udire, che nessuno potrà ricevere, se non attraverso vie oblique e segni allusivi, che fanno dubitare e inquietano......" Per qualcuno, anche vivere è proprio questo, quindi come dici bene tu "la morte non è la fine di tutto" è proseguire la strada, questa, a differenza della "vita", è infinita.E piena di pace.Kiss
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 23:58 via WEB
Onice, ho molte difficoltà a credere a una vita dopo la morte, almeno una "vita" come la s'intende comunemente. Certo, può darsi che i nostri atomi si riaggreghino in qualche altra forma vivente, ma dubito che la consapevolezza rimarrebbe quella originaria. Il mio testo è un esercizio di stile sulla morte, che cerca di rappresentarla come un momento di transizione verso altre forme(indeterminate e inocoscibili) di esistenza. Un abbraccio. W.
 
   
onice0
onice0 il 09/05/07 alle 19:29 via WEB
Il tuo esercizio di stile sulla morte è sicuramente riuscito bene,ma ciò che volevo dire è ben diverso dall'intendere una vita dopo la morte.Per me non vi è novità nel morire, nel vivere, si.La vita è un'esperienza sicuramente più faticosa della morte che, sopraggiungendo, ti porta a una forma diversa di esistenza, forse meno faticosa. La vita è ogni giorno novità, la morte, no.Se nasci(questa è la novità),poi devi morire(questa non è novità). A noi, è dato solo di immaginare la morte come meglio crediamo o desideriamo.Tu lo hai fatto con il tuo esercizio e la morte...ti ha sorriso.E' sempre un piacere, kiss
 
     
falco58dgl
falco58dgl il 09/05/07 alle 19:52 via WEB
"A noi, è dato solo di immaginare la morte come meglio crediamo o desideriamo.". Questa frase mi piace, Onice. Qualcuno ha costruito mitologie e religioni proprio per contrastare la paura della morte. Bacio. W.
 
Uto88
Uto88 il 07/05/07 alle 20:45 via WEB
ciao, ti ho scelto per un "meme", se vai sul mio blog puoi capire meglio. in pratica invito i blogger che leggo più spesso a scrivere un post sui 5 libri che più li hanno segnati. non sentirti obbligato, fallo solo se ti va. uto88
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/07 alle 23:59 via WEB
Adesso faccio un salto sul tuo blog e ti dico. Il tema mi sembra interessante. Un saluto, uto. W.
 
sigune1
sigune1 il 07/05/07 alle 21:24 via WEB
...mi hai riportato alla mente..una frase.. a mio parere bellissima..di Ghianis Ritsos..."vita, una ferita nell'inesistenza"... un sorriso....
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 08/05/07 alle 00:01 via WEB
benritrovata, Sigune. Credo che tutta la narrativa sia un esercizio sospeso tra vita e morte. La frase che citi è molto bella, perché rappresenta la vita come una discontinuità nel continuum dell'inesistenza. Un bacio. W.
 
baciamiancora2006
baciamiancora2006 il 08/05/07 alle 00:26 via WEB
Molti considerano la morte come una specie di limbo, con soggiorno a tempo indeterminato. Una semplice obbligatoria prima o poi, tappa di passaggio. Un ponte dal quale puoi guardarti indietro e andare avanti...mah... Desiderare il non essere, scrivi. Vero, questa è la morte...la negazione dell'essere...null'altro. Buona notte Writer...un sorriso...jess
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 08/05/07 alle 12:39 via WEB
Jess, nel racconto non ho voluto sostenere una concezione della morte. Vale a dire, il mio testo non contiene alcuna tesi. Personalmente credo che la morte coincida con la fine della consapevolezza e quindi dell'esistenza. Ti ringrazio del commento e della preferenza. W.
 
   
baciamiancora2006
baciamiancora2006 il 08/05/07 alle 13:11 via WEB
So che non hai voluto sostenere nessuna concezione circa la morte, forse anche di proposito. Ma quella frase combacia perfettamente con l'idea che ho io della morte, per questo ha catturato la mia attenzione. Il significato del tuo racconto credo sia chiaro per tutti, ma penso anche che ci sia altro oltre le parole e dentro chi, come te, ha il dono di scrivere. Pensieri, convinzioni, un pò di vita propria per intenderci. E a me piace cogliere le virgole sottili e impercettibili di quei pensieri, per riflettere e confrontarmi. Un sorriso e buona giornata...:)...jess
 
     
falco58dgl
falco58dgl il 08/05/07 alle 19:43 via WEB
Certo, nello scrivere si impastano fantasie, letture, eventi vissuti, desideri e paure. Mi fa piacere cogliere in te questa disposizione a "cogliere le virgole sottili e impercettibili di quei pensieri". Per chi scrive è un dono prezioso. Writer.
 
DONNADISTRADA
DONNADISTRADA il 08/05/07 alle 22:50 via WEB
Ti sorrido oggi. Però bada bene che non son io la morte!

:))

 
 
falco58dgl
falco58dgl il 09/05/07 alle 00:40 via WEB
Hai fatto bene a sottolinearlo, Angi. Ero già molto spaventato :-). W. P.S. bacio.
 
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LA RECENSIONE

usumacinta

DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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