Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Dedicato a...

Post n°214 pubblicato il 09 Dicembre 2007 da falco58dgl
 

Tutti i lettori di questo blog che ringrazio di cuore e, in particolare, a Onice , Gioiasole, Alina3, Sogni sulla luna, Milena.

                                ( Chagall, "Sopra la città")

Una ragazza prende un pezzo di legno e lo butta in acqua, guarda la debole corrente del fiume che lo trascina via  pian piano, e si mette a pensare.
Passa un uomo vestito di scuro. Guarda la ragazza e il pezzo di legno, s’incuriosisce, s’avvicina, dice alla ragazza:
-         Come ti chiami?
 La ragazza si volta e risponde tranquilla:

 -     Dolores. E tu?
-    Giovanni, Giovanni Ant…  Giovanni e basta.

-         Giovanni e basta? E’ un bel nome.
-         Tu dici? Ho sempre odiato il mio nome.
-         No, a me piace. Vedi laggiù?
-         Cosa?
-         Quel pezzo di legno  che s’allontana.
-         Si, lo vedo.

-         Quel pezzo di legno ha una storia.
-         Quale storia?
-         Se vuoi, te la racconto.

 ***

Sono nata in un paese lontano, ma così lontano che mia nonna diceva che occorreva bucare il mondo da parte a parte per trovarlo.
Ho vissuto la mia infanzia in un luogo meraviglioso che si chiamava  El Zapote.
C’era tanta acqua che scorreva ovunque, e un vulcano alto, ma così alto che non riuscivamo a vederne la cima. Le nubi  coprivano la punta e formavano una specie di buffo cappello. Quel vulcano ha un nome difficile da pronunciare, Xicotencatl. Nel villaggio ero contenta. Correvo davanti a casa  con gli altri bambini miei vicini e ci andavamo a nascondere nelle stalle o dietro gli alberi di mango.
Il mio posto preferito era una fonte, una polla d’acqua non distante dal paese, dove andavo a fare il bagno. C’era un ruscello che alimentava lo specchio d’acqua e che d’estate diventava un fiume. Era tutto così  pulito e verde da sembrare un ricordo. M’immergevo nell’acqua con calma e nuotavo, nuotavo sott’acqua con agilità e poi riemergevo poco più in là, quasi danzando. Ci andavo da sola o insieme ad altri amici e, quando eravamo in compagnia, sollevavamo schizzi d’acqua rumorosi e giocavamo fino a rimanere sfiniti.

Stavo bene, proprio bene. Fino a quando giunsero i soldati. Li vidi arrivare su veicoli sconosciuti, alti e dalle ruote grandi. Anche loro erano alti e grandi. E correvano urlando  a gruppi, entravano nelle case. Sentivo rumori come di cose che si rompono, rumori metallici, grida.

Non so perché, ma scappai, andai alla fonte. Sentivo colpi strani, forti, tanti colpi, che facevano sdeng o zin, qualcosa di simile. Avevo paura, non sapevo di cosa, ma avevo paura. M’immersi per un po’, ma quei colpi non cessavano, e allora decisi di arrampicarmi su un albero alto per vedere cosa stesse succedendo. Sono brava ad arrampicarmi, molto brava. Ma non ero mai salita su quella jacaranda così alta. Mi dovetti fermare più di una volta ed ero proprio stanca, ma riuscii a salire fino in cima, dove il tronco si apre in una cupola di fiori azzurri.

Non vedevo bene, avevo altri alberi davanti a me, tanta vegetazione, ma il fumo che veniva su l’ho notato. Prima una colonna sottile, poi più spessa e densa, infine vidi alcune fiamme come lingue protese verso il cielo. Rimasi sull’albero a lungo e stavo per scendere quando sentii rumori di voci e di passi pesanti che s’avvicinavano. Mi nascosi  su  tra i rami e le foglie, in alto, ma così in alto che mi sembrava di essere in cima al vulcano, protetta dalle nuvole, invisibile.

*** 

Ecco, arrivano i soldati. Sospingono alcune persone davanti a loro, le colpiscono con  armi che non ho mai visto prima, lunghe e scure. Ci sono almeno una decina di persone, quasi tutti uomini. C’è anche mio zio e diverse persone “maggiori”. Non capisco quasi nulla di quello che dicono, uno dei soldati parla in fretta, gridando domande ripetute. Davanti qualcuno prova a rispondere, ma viene preso a botte. Forse i soldati non vogliono risposte, vogliono parlare, tenere un discorso. Ho paura. E se mi scoprono e pensano che mi sono nascosta per fargli un dispetto? No, qui non mi trovano, sono in cima al vulcano, nessuno mi potrà scoprire.

I soldati sembrano proprio arrabbiati, urlano sempre di più. Mettono gli uomini in ginocchio con le mani appoggiate dietro la testa e s’avvicinano con le armi puntate.
Cosa vorranno fare? Gli vorranno fare paura? E perché, cosa gli hanno fatto gli uomini del villaggio?    
 I colpi, all’improvviso. Tanti. Le persone che cadono di fianco, davanti, dietro e sembra che giochino a cadere, cadono in modo buffo , strano. Ma ho paura che non sia un gioco. Giù è pieno di sangue e non si risollevano.

Adesso i soldati stanno zitti e cercano qualcosa nelle tasche di mio zio e degli altri.
Poi se ne vanno, in colonna e in silenzio.

 ***  

Sono scesa. Ho provato a scuotere mio zio e qualcun altro, ma non si muovevano. Sono rimasta vicino a loro per vedere se  qualcuno s’alzava, poi, piano piano, ho preso la stada del villaggio. Non sentivo più niente, nessun rumore e il silenzio mi faceva più paura dei colpi di prima.
Il villaggio bruciava. La scuola, tante case, l’ufficio dell’alcalde.
Sono corsa verso casa mia, ma  non sono riuscita ad entrare. C’era tanto fumo che usciva dalla porta e i muri in fiamme. Mi sono messa a piangere, e in quel momento ho scoperto di aver in mano, chissà da quanto tempo, un pezzo di legno, un rametto della jacaranda.

    *** 

 -         Dolores, mi dispiace. Davvero.
-         Anch’io ero molto dispiaciuta. Ma adesso non più.
-         Non più?
-         Sì, avevo giurato di  conservare il ramo fino a che il mio dolore non fosse scomparso.
-         E adesso è scomparso?
-         Sì, sei arrivato tu.
-         Ma  tu hai buttato il pezzo di legno prima di vedermi.
-         Che ne sai? Non c’è mica una risposta a tutto. Sapevo che saresti venuto.
-         E perché proprio io?
-         Perché tu sei un ascoltatore infaticabile. Mi hai seguito fin qui con pazienza, con partecipazione, con simpatia.  Hai ascoltato tutte le mie vicende, anche quelle meno verosimili. Perché non avrei dovuto dedicarti il mio racconto?
-          Tu mi hai dedicato il tuo racconto?
-         Certo, a te  e a tutti gli altri.
-         Ma allora la storia che mi hai raccontato non era vera?
-     L’importante è che sembri vera, che crei emozioni. Non so se ci sono riuscita, Giovanni.

 

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Commenti al Post:
vi_di
vi_di il 09/12/07 alle 20:27 via WEB
Embè, amico mio, se scrivi queste cose ECCELSE poi non ti devi sorprendere di non essere nei blog segnalati da libero! :-)
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 09/12/07 alle 23:43 via WEB
Ti ringrazio per la valutazione lusinghiera, vi_di. Delle segnalazioni di Libero m'importa poco, anche se il mio blog è all'interno delle loro classifiche. ciao. W.
 
SogniSullaLuna
SogniSullaLuna il 10/12/07 alle 08:25 via WEB
e tu sei capacissimo di creare emozioni, leggerti è immergersi nell'atmosfera di ciò che racconti, è vedere quel ramo portato via dalla corrente e cogliere anche ogni piccola increspatura dell'acqua. Questo racconto è per me oggi ben augurale forse perchè ho appena raccolto un pezzo di legno che aspetta di essere buttato nel fiume. Grazie W. grazie di cuore
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 10/12/07 alle 12:59 via WEB
Sono veramente contento che tu abbia trovato un oggetto che ha stimolato in te emozioni e ricordi, Sogni. In fondo, scrivere vuol dire proprio questo: affidare alla corrente dei lettori parti del passato (reale o immaginario) e renderli partecipi del proprio mondo interiore. un abbraccio. W.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 10/12/07 alle 11:40 via WEB
Leggerti ed "ascoltarti" è stato facile...tu rendi molto gradevole ogni lettura e, sotto sotto a volte, ci conduci per mano alla riflessione. Trovo questa virtù molto rara tra gli scrittori e sono fortunata di averti incontrata.Grazie per la dedica sono davvero molto onorata. Un bacio, Carmen/onice0
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 10/12/07 alle 13:01 via WEB
Tu sei una delle mie lettrici più attente e assidue, Carmen. Dedicarti il racconto mi è venuto spontaneo. Sono felice di sapere che accetti di essere trasportata per mano sul territorio del mio immaginario. Un bacione a te. W.
 
animafragile11
animafragile11 il 10/12/07 alle 13:17 via WEB
Ottimo, Writer...come sempre ci sei riuscito...A CREARE EMOZIONI, intendo....!!!e...se permetti...per quanto non sia troppo assidua...io la tua dedica..me la prendo eccome!!!E' sempre un piacere passare da te...perchè quando si torna a "casa propria"...non si va mai via..a mani (cuore/mente) vuote!!un bacio e un abbraccio sincero...e dolce...come sei tu!
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 10/12/07 alle 14:37 via WEB
Animafragile, tu sei una persona sensibile e attenta agli echi e alle suggestioni dei testi. Ho dedicato il racconto solo a 5 bloggers, perché l'elenco completo sarebbe stato troppo lungo, ma il mio testo è rivolto proprio a persone come te. Un saluto affettuoso. W.
 
lauretta85LI
lauretta85LI il 10/12/07 alle 22:00 via WEB
Buona serata! Laura
 
carmen46c
carmen46c il 10/12/07 alle 22:26 via WEB
Ci sei riuscito ed io sono uno dei tanti Giovanni. Caspita, sei bravo davvero!
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 10/12/07 alle 22:50 via WEB
Obiettivo raggiunto, allora ;-) Grazie dell'apprezzamento, carmen, un bacione. W.
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 11/12/07 alle 01:33 via WEB
Grazie, Milena
 
     
falco58dgl
falco58dgl il 11/12/07 alle 01:39 via WEB
Tu sei stata una delle mie prime commentatrici, Milena. La dedica era doverosa... :) Bacio. W.
 
cateviola
cateviola il 10/12/07 alle 23:43 via WEB
Una favola deliziosa. Come ogni vera favola, parla a ciascuno in modo diverso... rivedevo il mio "albero". Contenta di essere scesa dall'albero... perché giù ci sono i soldati, ma anche i Giovanni che sanno ascoltare e le Dolores che incantano con le parole
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 11/12/07 alle 01:42 via WEB
Mi fa piacere che tu abbia colto il carattere fiabesco (anche se è una fiaba triste) del testo, Cate. Ho provato a scrivere un apologo che è in realtà un omaggio ai lettori, alla loro capacità di "re-inventare" il testo attraverso la loro sensibilità. Un abbraccio. W.
 
sabrina_ergo_sum
sabrina_ergo_sum il 11/12/07 alle 16:06 via WEB
Una storia...una fiaba..cosa importa? L'essenziale non è visibile agli occhi...ma attraverso le tue parole trasporti con te non una storia ..ma le storie delle vite di tutti o di nessuno...storie che ti entrano nelle carni come aculei...storie indefinite e provate sulla propria pelle..storie di vita vissuta realmente o vissuta all'interno come storia vera...quello che conta sono le emozioni che suscita dentro...e tu mi emozioni fino al limite del sopportabile...ho paura a volte di non riuscire a contenere tutto quello che provo...perche a nessuno interessa la mia storia...un saluto al tuo cuore Sabrina
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 11/12/07 alle 16:55 via WEB
Credo che riuscire a emozionare un lettore "fino al sopportabile", come hai scritto, sia un traguardo che ogni scrittore ambirebbe di raggiungere, Sabrina. E' una cosa grande e la percepisco anche come una responsabilità di un certo peso, innanzi tutto verso me stesso. Perché dici che a nessuno interessa la tua storia? Un abbraccio. W.
 
erinn78
erinn78 il 11/12/07 alle 16:47 via WEB
Quando qualcosa ha tanta anima da sembrare vera, vera lo diventa. Come le tue parole tutte.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 11/12/07 alle 17:03 via WEB
Ottavia, sono felice di queste tue parole. Riuscire a creare piccoli mondi inventati ma veri e' un obiettivo per chiunque voglia comunicare la propria scrittura. Un bacio. W.
 
   
sinemoiaquai
sinemoiaquai il 11/12/07 alle 23:21 via WEB
ciao Caludio, infatti il problema è il mondo reale ;(
 
brubus1
brubus1 il 11/12/07 alle 21:24 via WEB
E' sempre coinvolgente leggerti e in particolare ancora di più quando alla narrazione incanali alcuni malesseri e ingiustizie di ciò che sicuramente hai visto o sentito contro un invasore che punta le sue 'baionette' portando morte e disperazione.... cicatrici difficile da rimarginare. Caro Writer mi farebbe piacere un tuo commento sull'ultimo mio post. Vedo che sei un poco restìo a volte a lasciar tua traccia. Un abbraccio.
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 11/12/07 alle 23:29 via WEB
Non sono restio a commentare, Brubus. il problema è il tempo, Cerco di dedicare ai blog amici un rapidissimo passaggio tutti i giorni, ma siete quasi 200... in ogni caso sono lieto che tu ti sia sentito coinvolto nella narrazione. Un abbraccio a te. W.
 
lafatadelmare
lafatadelmare il 11/12/07 alle 22:26 via WEB
Emozioni di zucchero filato, dolci e incosistenti, da tutti desiderate, assaggiate a fior di labbra...mi piace il tuo racconto...ciao falco...
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 11/12/07 alle 23:31 via WEB
Ti ringrazio per l'apprezzamento, Fata, anche se il mio testo non veicola proprio emozioni dolci e zuccherose. ciao. W.
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 12/12/07 alle 02:27 via WEB
Beh, io mi riferivo all'evanescenza delle emozioni in generale, a cosa rappresentano per l'animo umano, un'anima senza emozioni è senza vita e la ragazza aveva ancora la capacità di cercarle...ma a te piace bacchettarmi, chissà perchè poi!...buonanotte lo stesso...
 
     
falco58dgl
falco58dgl il 12/12/07 alle 13:52 via WEB
Quale bacchettata, fata? Ho semplicemente espresso il mio punto di vista. A volte lo faccio in modo diretto, ma voglio dirti che mi fa piacere averti su queste pagine. Un abbraccio. W.
 
Gioiasole
Gioiasole il 11/12/07 alle 22:59 via WEB
Arrivo per ultima a commentare, ma non meno emozionata: dal racconto, dalla dedica... E' una storia molto bella, intensa, seppur triste: quante storie di vita ci sarebbero da raccogliere, e quante Dolores avranno bisogno di qualcuno che ascolti la loro storia, che partecipi del loro bisogno di comunicare? Scrivere è bellissimo; pur non possedendo in alcuna misura - e quanto lo vorrei - il tuo talento, ne conosco bene il potere appagante e vivo che se ne ricava. Ma soprattutto è straordinario il senso di trasversalità che si prova, quando si è in grado di trasmettere emozioni, come te. Grazie di cuore, Wri, è stato davvero un bellissimo regalo. Un bacione, Gioia :-))
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 11/12/07 alle 23:38 via WEB
Sono veramente contento che tu abbia gradito la dedica, Gioia. Nel film "La leggenda del pianista sull'oceano" uno dei protagonisti dice " non sei fregato veramente finché hai una buona storia da raccontare e qualcuno che la ascolti". Scrivere, suscitare interesse, coinvolgimento, stimolare identificazioni, costruire piccoli mondi, scambiare emozioni e visioni del mondo, mi appassiona moltissimo. Credo che quel senso di trasversalità a cui alludi è una delle molle che rendono significativa la vita. Un bacione a te e un forte abbraccio.
 
Girasole753
Girasole753 il 14/12/07 alle 11:31 via WEB
ciao Falco, di tanto in tanto faccio capolino nella rete e passo a fare un salto. grazie della storia anche se a me il finale non è piaciuto molto, credo che emozionare sia importante ma non quanto il senso di ciò che ci emoziona. l'emozione ci fa sentire vivi in quell'attimo, il senso di ciò che ci emoziona invece ci tiene in vita. un caro abbraccio
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 14/12/07 alle 13:32 via WEB
Mi pare molto giusta questa tua notazione, Girasole. Il testo, in realtà, è un omaggio ai lettori, a coloro che si accostano alle storie. Però, è sicuramente vero che le emozioni acquisiscono pregnanza se sono legate ad eventi pieni di significato. Ciao. W.
 
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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

usumacinta

DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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