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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.
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Post n°329 pubblicato il 16 Novembre 2008 da falco58dgl
“Gli dico che nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino… mi guarda con la faccia un po’ stravolta, poi mi dice ‘sono di Berlino”. Lucio Dalla Arrivare alla libreria Chiari non è stato facilissimo, anche se ero scortato da due toscani doc , la dolce Nuvola Viola e Giacomo Alpini, aretino di origine, ma trapiantato da tempo a Firenze. Ci siamo persi tra le stradine del centro storico che si dipartono dal Duomo e, alla fine, abbiamo individuato il luogo dopo aver chiesto senza esito ad alcuni passanti e dopo essermi infilato per chiedere lumi in un negozio di artigianato. Firenze appare come un cantiere aperto: le numerose transenne, il rifacimento del manto stradale, i lavori per la posa dei binari della tranvia veloce, rendono il centro simile a un gioco dell’oca, dove, per passare da una casella all’altra, occorre lanciare i dadi un numero imprecisato di volte. Una recinzione nasconde parzialmente anche l’ingresso della libreria. Entriamo e ci accoglie Alessandra, la proprietaria, che ci fa visitare le sale, lo spazio per i bimbi, la zona delle presentazioni. E’ una libreria all’antica, con gli scaffali di legno e l’odore della carta che si spande per aria, come se fosse pane fresco che impregna con la sua fragranza un forno. Una donna mi si avvicina sorridente e mi domanda “Indovina chi sono”? Sto per balbettare che non sono un buon fisionomista, poi penso che si tratta probabilmente di una persona conosciuta sul web e mi viene in mente che non dispongo della sfera di cristallo. Lei mi fa “ascolta la mia ‘o’ meridionale…poi aggiunge, forse impietosita dalla mia faccia perplessa, “sono Adriana”. Abbracci, baci, sorrisi,”ma come stai…”, “sono contento…”. Arriva Carlo Menzinger, un amico scrittore conosciuto su Anobii e su un forum di scrittura, che saluto con una vigorosa stretta di mano, presento le persone che giungono via via “lui è Gaetano561”, “vi presento Akhenaton”, “Cloudbreak”, “Sergio Calamandrei”, “Lady Page”, “La Nuvola Viola”. Mi rendo conto che il pubblico è composto in modo pressoché esclusivo da amici di rete: bloggers di Libero, conoscenti di Anobii, amici di Facebook. Poi la chiamano realtà virtuale… Le uniche eccezioni sono rappresentate da Isabella, una collega di Torino approdata miracolosamente in libreria e da due signori che non conosco, forse amici dell’organizzatore. La presentazione è un po’ come ritrovarsi nel salotto di casa a discutere di un libro: c’è un clima rilassato e incuriosito, Carlo presenta il mio libro facendo riferimento al metaromanzo e al “viaggio nella letteratura”, io propongo una chiave di lettura centrata sul recupero dei ricordi e dell’identità, Cate legge un paio di stralci del romanzo in un silenzio udibile. Poi, le domande, la curiosità del pubblico, il botta e risposta che mi è sempre parso il momento più bello della presentazione, il momento in cui autore e lettori dialogano per davvero. Siamo fuori, in una serata fresca e tersa, battuta da un vento teso, dedico qualche libro, bacio sulle guance uomini e donne senza distinzione di genere, ci avviamo verso la casa dei genitori della Nuvola. I genitori di Cate sono persone magnifiche:il papà –Lodovico- è stato uno dei fondatori della rivista “Testimonianze”, ha scritto libri su Maritain, ha conosciuto La Pira, è impegnato da 50 anni in un itinerario che coniuga fede, impegno per la pace e lotta politica. La madre è una persona più taciturna, ma quando parla le sue parole vanno a segno e, inoltre, è una cuoca eccellente. Accogliamo con riconoscenza un risotto al nero di seppia leggendario, un pane di carote fatto in casa che si sposa con uno stracchino ansioso di spalmarglisi addosso e una torta di pere leggera e saporita. I discorsi seri sono alleggeriti dall’ironia fiorentina, fondata su giochi di parole folgoranti. Sandro – il marito della Nuvola- ci fa rotolare a terra dal ridere raccontandoci di una trasferta a Como, in cui i tifosi della Fiorentina hanno innalzato uno striscione su cui c’era scritto “Voi Co’maschi, noi Co’ le donne”… Ci si congeda dai genitori, andiamo a casa di Cate e Sandro. Prima di addormentarmi, penso che scrivere è un buon pretesto per incontrare gente che condivide con te frammenti di esperienza, pezzi di strada, che mette in comune i propri desideri di conoscenza, persone disponibili ad aprire le proprie case e le proprie menti, nuovi compagni di viaggio. Grazie Nuvola, Grazie Sandro, grazie a tutti! Writer |
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LA RECENSIONE
DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO
Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.
E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.
Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.
Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.
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