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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.
SOLIDARIETà CON RED LADY E CON LOCANDA ALMAYER!
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Da un 'idea di "in mezzo alle segale"
Incipit n.2:
2) Il quiz TV col montepremi più ricco. E lei sapeva la risposta. E aveva telefonato. E la linea era libera.
“Pronto, Nababbo?”
“Come dice, scusi?”
“Parlo con la redazione del ‘Nababbo’?
“Eh, magari, qui è Cecconi”
“come Cecconi, non è lo 0643230000?
“Certo, è il mio numero,sono Mario Cecconi”
“Ma il quiz? Cos’è, uno scherzo?”
“Senta, per quello che ne so, lo scherzo potrebbe farlo lei. Qui è casa Cecconi, ha capito?”
“Va bene, mi scusi, devono aver dato un numero sbagliato”
“S’immagini, la saluto”
Angela riattaccò con sconcerto. Sentiva il cuore battere a mille e le pareva di essere oggetto di una puntata di “scherzi a parte”, più che una spettatrice in procinto di vincere un premio da 400.000 euro. E pensare che sapeva la risposta. Qual era il creatore di “Star Trek”? Gene Rodonderry, la sapeva, la sapeva, maledizione. Eppure il numero in sovrimpressione era chiaro, 0643230000. Aspetta, c’era una scritta a caratteri minuscoli sotto il numero di telefono. Cosa diceva? Angela represse un sentimento di feroce esultanza. “Buongiorno, sono Pippo Baldo, come si chiama?” Ad Angela si spalancarono immagini di viaggi in posti preziosi ed esotici, una barca a vela, uomini abbronzati che la trattavano con deferenza e cortesia, la faccia del preside quando gli avrebbe sbattuto in faccia le sue dimissioni. “Po-potrei comprare una casetta per me e i miei”. “Cinque secondi…” “Gene Rodonderry!” urlò Angela, quasi con frenesia Writer
Angela prese una lente d’ingrandimento e vide scorrere allibita le parole “diffidare di Cecconi”.
“Maledizione, faceva parte del gioco”
Si buttò sul telefono e compose nuovamente il numero. Intanto pregava tra sé e sé “fa che sia libero, ti prego, fa che sia libero”
“Pronto”
“Sono di nuovo io, mi passi la redazione di “Nababbo”
“Ancora lei? Le ho già detto che…”
“Adesso basta. So che è un gioco. Mi passi la redazione.”
Un attimo di silenzio, come se il sig. Cecconi si stesse consultando con qualcuno.
“Va bene, un attimo”.
“An-Angela…”
“Da dove?”
“Da Tre- Treviso”, balbettò Angela
“Magnifico, Angela. Cosa fa di bello a Treviso?”
“Insegno in una scuola e-elementare”
“Che splendida professione. Un applauso per Angela!”
Si senti un fragore di mani sbattute tra di loro a comando.
“Come si sente, Angela? E’ emozionata?”
Angela pensò “Vorrei vedere te al mio posto, stronzo”
“Un p- po’, sig. Baldo”.
“E’ normale, Angela. Potrebbe vincere 400.000 euro, una bella sommetta. Ha già pensato cosa potrebbe fare con quei soldi?”
“Va bene, Angela, veniamo al quiz”,
La voce di Baldo aveva assunto all’improvviso un tono professorale, lasciando perdere il timbro fatuo delle prime domande.
“Si ricorda la domanda, vero? Qual è il creatore della fortunata serie “Star Trek”? Trenta secondi di tempo a partire da adesso…”
Angela sentiva le tempie martellarle forte, un movimento pulsante del suo cervello che pareva essersi messo a lavorare con intensità raddoppiata.
“Dieci secondi….”
“Quindici secondi…”
“Come ha detto, scusi?”
“RODONDERRY!”
“Un attimo, signora Angela”.
“Che diavolo stanno aspettando. Che stramaledetto, fottutissimo diavolo stanno aspettando”.
“Ancora un attimo di pazienza, signora Angela. Stiamo consultando i nostri esperti”.
….
“Mi spiace, Signora Angela. La risposta non è corretta. Il creatore della fortunata serie “Star trek” si chiama sì Gene, ma il cognome è Roddenberry, Rod-den-ber-ry, non Ro-don-der-ry come ha detto lei. Mi dispiace molto, un bell’applauso di consolazione…”
Fragore di mani sbattute tra di loro a comando.
Angela si ritrovò a guardare fisso la cornetta. Non riusciva ad articolare neanche un pensiero compiuto.
Solo dopo dieci minuti iniziò a pensare “Cecconi, Cecconi, Cecconi” sempre più forte, fino a trasformare quel nome in un’invocazione, in un urlo interno, in un fiume in piena, in una tormenta, in un uragano di classe cinque.
Prese in mano meccanicamente il telefono, compose il numero. Occupato. Di nuovo. Occupato. Una terza volta. Bip bip bip bip, occupato. Una quarta, una quinta, una sesta volta. Forse al ventesimo tentativo sentì la linea libera.
“Casa Cecconi?”
“Sì, dica”.
“Vaffanculo”.
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IL MIO ROMANZO
CLAUDIO MARTINI
"DIECIMILA E CENTO GIORNI"
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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)
LA RECENSIONE
DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO
Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.
E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.
Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.
Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.
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