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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.
SOLIDARIETÀ CON RED LADY E CON LOCANDA ALMAYER!
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Una notizia terribile, che ho appena appreso. Vittorio Arrigoni, militante pacifista, amico del popolo palestinese, blogger conosciuto internazionalmente per i suoi reportage da Gaza su Guerrilla Radio, organizzatore della "Freedom flotilla" alla volta di Gaza, iniziativa pensata per rompere il blocco navale imposto dagli israeliani lungo le coste della striscia di Gaza, corrispondente de Il Manifesto", è stato rapito e ucciso da un gruppetto di estremisti salafiti nella città di Gaza. Vittorio era una persona splendida, generosa, intransigente nel portare avanti le sue idee e i suoi valori. Hanno ammazzato un amico, un testimone, un militante della causa dei popoli oppressi. A lui e alla sua famiglia il mio cordoglio e il mio personale dolore.
(immigrati a Lampedusa)
Per qualche tempo non ho scritto sul mio blog. Un po’ per l’aumentata mole di impegni, un po’ perché sopraffatto da una sensazione di schifo che progressivamente si è fatta strada dentro di me e che ha prosciugato le parole.
Ho seguito gli avvenimenti di queste ultime settimane con una sensazione indefinibile; non era sdegno (non solo), non era solo incredulità e neanche sgomento. Si trattava di qualcosa di più primordiale ed elementare, una sensazione di ribrezzo, la consapevolezza che in questo paese stanno trionfando le pulsioni peggiori, la difesa di un ordine che preserva il potere di pochissimi in spregio delle esigenze di tutti.
Nel giro di due settimane abbiamo assistito ai seguenti orrori:
- Un parlamento che approva il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale contro i PM di Milano, sostenendo che i reati contestati a Berlusconi (concussione e prostituzione minorile) dovrebbero essere giudicati dal Tribunale dei Ministri. In sostanza, Berlusconi avrebbe agito nell’esercizio delle sue funzioni, convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Sembra una pessima barzelletta ed invece è la tesi ufficiale della maggioranza;
- L’annuncio di una riforma “epocale” della giustizia, in cui si limita l’autonomia dei PM e l’obbligatorietà dell’azione penale e s’introduce nell’ordinamento una responsabilità civile per i magistrati che aprirà un contenzioso di proporzioni gigantesche;
- Come succulento antipasto della “riforma epocale”, il Parlamento è impegnato ad approvare il cosiddetto processo breve (3 anni per il primo grado, due per l’appello e un anno e mezzo per la Cassazione) che porterà all’estinzione di numerosi processi per reati anche gravissimi (stupro, strage colposa come quelle del treno di Viareggio o della casa dello sudente dell’Aquila, corruzione, truffa, ecc) e, udite udite, la prescrizione breve per gli incensurati, con l’obiettivo di dischiarare estinti alcuni procedimenti a carico di Berlusconi, primo fra tutti il processo Mills. Come qualcuno ha dichiarato, è come se un treno in ritardo sulla tratta Milano Roma, obbligasse i passeggeri a scendere a Firenze per “raggiunti limiti di orario”;
- In Parlamento abbiamo assistito a una sequela di insulti, risse e dichiarazioni irresponsabili che fanno impallidire lo scontro tra ultras di diverse squadre di calcio: il Ministro della Difesa ha mandato “affanculo” il Presidente della Camera, una deputata disabile dell’opposizione è stata apostrofata con un elegante “handicappata di merda”, Maroni è stato definito “assassino” da un cartello di un deputato dell’IDV, Il Presidente del Consiglio ha affermato di “voler liberare il paese dai giudici” ed ha definito varie volte i giudici “politicizzati” come un “cancro”, una “metastasi” o autori di iniziative degne del brigatismo rosso, Castelli e Speroni si sono lamentati di non poter sparare -almeno adesso- agli immigrati per arginare i flussi migratori (affermazione criminale, basti pensare ai più di 300 immigrati morti in mare a causa del naufragio del barcone su cui navigavano), Maroni e Berlusconi hanno manifestato l’intenzione di “uscire dall’Europa” perché Bruxelles non condivide le nostre politiche di gestione dell’immigrazione, Berlusconi racconta barzellette “hard” e invita studenti e ministre a partecipare al “Bunga bunga”;
- Gli immigrati tunisini e i profughi eritrei, somali, etiopi, sono stati prima trattenuti a Lampedusa in una condizione subumana per loro e per i residenti (seimila immigrati sull’isola a fronte di una popolazione di 5.000 abitanti), poi concentrati a migliaia in tendopoli come quella di Manduria, da cui sono scappati in massa, mentre Bossi affermava che i migranti dovevano andare “fuori dalle balle”. Poi sono stati concessi permessi di soggiorno temporanei a circa ventimila Tunisini, con la speranza che la maggioranza dei nordafricani si riversasse in Francia e in altri paesi europei e si togliesse effettivamente dalle palle. Di fronte al rifiuto di Francia e Germania ad accogliere i migranti in spregio alle regole dell’accordo di Schengen, dal governo si sono levate proteste vibranti all’indirizzo dell’Europa che avrebbe lasciato l’Italia da sola a fronteggiare l’emergenza, adombrando la minaccia di “uscire dall’Europa”. I paesi dell’Unione stanno ancora ridendo di noi, a fronte di questa miscela micidiale di improvvisazione, disorganizzazione e affermazioni irresponsabili. Berlusconi è andato a Lampedusa, promettendo la zona franca, un casinò e la costruzione di un campo da golf. I Lampedusani ringraziano…
- Con Gheddafi siamo passati dal “Non voglio disturbarlo” e dal baciamano alla partecipazione all’azione militare sancita dalle Nazioni Unite e gestita dalla Nato. Non si capisce se i nostri aerei elimino attivamente le difese contraeree delle forze leali a Gheddafi, ma poco importa. L’importante è polemizzare con la Francia che vuole accaparrarsi il petrolio libico e proporre strategie comuni con la Germania di cui i tedeschi non sanno nulla.
L’Italia appare come un paese allo sfascio in cui le principali preoccupazioni del governo e della maggioranza sono quelle di fare quadrato intorno a Berlusconi per proteggerlo dalle sue pesanti imputazioni giudiziarie e di comprare deputati dell’opposizione (in cambio di posti nel governo e posizioni di favore) per consolidare la propria sopravvivenza. Di fronte ai problemi reali del paese (disoccupazione giovanile, crescita prossima allo zero dopo una pesante recessione nel 2009-2010, sostegno alle piccole imprese, sostegno alla ricerca e all’innovazione, riforma fiscale, sottosviluppo del Mezzogiorno, infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto produttivo del paese, miglioramento delle rete disastrosa delle infrastrutture, gestione efficiente della sanità e della previdenza) c’è un vuoto di iniziativa politica totale e assordante.
In compenso, si moltiplicano le presenze dell’esercito dei Berluscones nei programmi di informazione politica con il ruolo di guastatori e di difensori acritici e urlanti dell’azione del governo e la militarizzazione degli organi d’informazione, con il TG1 e la prima rete che manipolano le notizie per accreditare un immagine del governo assolutamente smentita dagli eventi.
E’ una situazione grottesca, umiliante, terrorizzante, che pare preludere a un regime sul modello della Federazione Russa, col potere legislativo usato come una clava dal potere esecutivo per combattere il potere giudiziario. A poco vale pensare che si tratti di una farsa, dei colpi di coda di una fase politica che volge al termine.
Stanno mettendo in gioco gli equilibri e il futuro del paese. Il nostro futuro e quello dei nostri figli.
W.
IL MIO ROMANZO
CLAUDIO MARTINI
"DIECIMILA E CENTO GIORNI"
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LA RECENSIONE
DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO
Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.
E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.
Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.
Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.
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