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« IL TEMPO CHE NON RITORNALA DONNA GIUSTA »

FRIDA KAHLO - UN MITO DA SCOPRIRE

Post n°438 pubblicato il 20 Ottobre 2013 da lorifu
 

 

 

 

 

 

"Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni" Frida Kahlo



Parlare di Frida Kahlo e dire qualcosa che non sia già stato scritto nei tanti libri, siti che la riguardano non è cosa facile perchè questa grande artista messicana ha fatto dei suoi limiti fisici e della sofferenza che ne è derivata  centro e oggetto della sua arte.

Anche inquadrarla soltanto come pittrice,  una delle massime espressioni artistiche del '900,  non è rendere giustizia a una donna che ha riassunto nella sua pur breve vita i fermenti di un'epoca e le fibrillazioni di un cuore che hanno  animato tutte le sue scelte rendendola un'irraggiungibile icona femminile.

Voleva essere definita figlia della rivoluzione messicana   e aveva sostenuto il falso quando disse  di essere nata nel 1910, anno in   cui Emiliano Zapata iniziò a far  sognare il popolo messicano.

Nata con la spina bifida dovette fare i conti con il dolore e la mortificazione sin da piccola.

Minuta, dai bellissimi lineamenti,  aveva sei anni quando a letto, immobile per la malattia si inventò un'amica immaginaria

«per andare da lei alitava sul vetro della finestra e disegnava in fretta una porta piccolissima e invisibile» 

Amava i colori smaglianti Frida, il rosso soprattutto che inconsapevolmente sarebbe diventato il suo colore dominante: il rosso fuoco della passione e il rosso vermiglio del sangue quello uscito copioso dalle sue orribili mutilazioni  e dai tanti aborti che subì.

Aveva 17 anni quando  ebbe l'incidente che le devastò il corpo.

Si trovava su un autobus che si scontrò con un tram e un corrimano la trafisse privandola della sua verginità e della possibilità di diventare madre, la crocefissione subita divenne il suo calvario quello che la accompagnò tutta la vita sfregiandone la femminilità.

Non si arrese però e nacque allora il suo amore per l'arte,  in un bisogno di riversare sulla tela tutto il dolore di un corpo mutilato.

Non accademie, corsi di pittura dunque intervennero in  questa sua vocazione ma solo la certezza  che dipingendo se stessa avrebbe potuto raccontarsi e svelare al mondo tutto il travaglio che la affliggeva.

Attraverso i suoi dipinti le si legge  l'anima, i suoi quadri la raccontano, segnano i vari passaggi della sua vita,  ne rappresentano le tappe più dolorose



Dal letto a baldacchino  dal  cui soffitto pendevano  numerosi specchi,  per mesi e mesi non fece altro che rappresentare i mille volti di sé, un'infinità di autoritratti dove il suo corpo martoriato, offeso, sanguinante veniva offerto nudo e crudo  senza spiragli o letture di natura religiosa,  semmai  emergeva  tutta la fierezza, la volontà di reagire a quello scempio irreversibile che le aveva riservato il destino.



"Dipingo me stessa perché trascorro molto tempo da sola e perché sono il soggetto che conosco meglio", diceva ma non per esibizionimo o per attirare sentimenti di compassione.

Aveva una straordinaria sensibilità  che riusciva a tradurre in poesia o in profonde riflessioni.

«Le cicatrici sono aperture attraverso le quali un essere entra nella solitudine dell'altro»

Fu allora che conobbe Diego Rivera già affermato pittore messicano al quale, in un tentativo di rendersi indipendente economicamente mostrò i suoi lavori per riceverne un giudizio. Iniziò così un lungo sodalizio  d'arte e d'amore che li tenne uniti fino alla sua morte nonostante  le tempeste della vita che nel loro caso furono più violente che mai.

C'è da chiedersi cosa avesse trovato lei,  così bella, sensuale, luminosa in un uomo brutto e grasso peraltro al suo terzo matrimonio e con la fama di gran seduttore. Probabilmente fu l'ardore con cui l'amò,  oltre che  l'ossequio al suo  talento e femminilità.


Furono anni di grande fervore artistico per entrambi. Frida lo  seguì un po' dappertutto rimanendo incinta  tre volte senza mai riuscire  a concludere la gravidanza..

La camera volante


Furono anni febbrili fatti  di viaggi e tradimenti che a un certo punto diventarono insopportabili tanto da indurla a tradire a sua volta  divenendo amante di uomini illustri come Trotsky e André Breton ma anche di donne, una su tutte Tina Modotti, con la quale condivideva un innato anticonformismo e la passione per le battaglie politiche e sociali ma non perse  mai il filo che la legava indissolubilmente a Diego anche dopo la ferita più grande, il tradimento con sua sorella.


Le due Frida

Lo lasciò per risposarlo anni dopo.

«Lui era continuamente dentro di me, un tutt'uno con la mia persona, con tutte le mie azioni, con tutte le mie parole. Ciò che ero sembrava esistere solo per lui, essere rivolto solo a lui; quali che fossero i miei scopi apparenti, si allontanavano da me. Mi spersonalizzavo, mentre da un lato ero investita ad ogni passo da una forza sovrannaturale. Una vera ossessione, un piacere irritante, appagante. Una muta di primavera, forse sì. Era questo».

Rauda Jamis, "Frida Kahlo"


Tutti questi traumi li espresse mgistralmente nella pittura. Ogni suo quadro è la raffigurazione di un frammento  della sua vita e i simboli rappresentati non sono altro che il racconto di se stessa.


La colonna spezzata

Il suo carattere indomito e la sua fierezza non fiaccarono mai il suo spirito, lottò sempre anche quando, ormai debilitata e priva di forze  subì l'amputazione di una gamba e poco prima di morire ebbe ancora la forza di scrivere sul suo diario:

"Attendo con gioia la mia dipartita. E spero di non tornare mai più".

Il rosso, quel rosso che l'aveva accompagnata in tutta la sua vita fu l'ultimo suo quadro , una natura morta composta da due cocomeri succosi e palpitanti come la vita che aveva vissuto e sul quale si poteva leggere Viva la vida


Viva la vida


 
 
 
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Tu credi di incontrare l’amore,

in realtà è l’amore che incontra te

nei modi più strani,

inaspettati, involontari, casuali.

A volte lo confondiamo col bene

e lo surroghiamo.

Spesso siamo convinti sia amore,

fingiamo sia amore,

e leghiamo noi stessi

a una indistruttibile catena

frutto dei nostri desideri mancati

dei nostri sogni sopiti

delle nostre abitudini

delle nostre paure

delle nostre comodità

delle nostre viltà

dei nostri calcoli

della nostra apatia

dei nostri falsi moralismi.

Ma quando arriva, se arriva,

lo riconosci,

come  “il sole all’improvviso”

sconvolgente, coinvolgente,

totalizzante, esclusivo,

fusione di corpo e anima

osmosi perfetta.

Se finisce,

un dolore muto, senza fine.

loretta

 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 

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