Un blog creato da lorifu il 31/12/2009

la memoria dispersa

un mondo di affetti perduto (ricordi, pensieri, riflessioni)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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« IL BACIO SULLA BOCCATHE CIRCLE REVIEW N. 4 »

C'é poca aria di stelle


Nel grembo umido, scuro del tempio

l'ombra era fredda, gonfia d'incenso;

l'angelo scese, come ogni sera,

ad insegnarmi una nuova preghiera:

poi, d'improvviso, mi sciolse le mani

e le mie braccia divennero ali ,

quando mi chiese "conosci l'estate"

io, per un giorno, per un momento,

corsi a vedere il colore del vento.

Volammo davvero sopra le case

oltre i cancelli, gli orti le strade:

poi scivolammo tra valli fiorite

dove all'ulivo si abbraccia la vite.

Scendemmo là, dove il giorno si perde

a cercarsi, da solo nascosto tra il verde,

e lui parlò come quando si prega,

ed alla fine d'ogni preghiera

contava una vertebra della mia schiena.


... e l'angelo disse "Non temere, Maria, infatti hai trovato grazia presso

il Signore e per opera Sua concepirai un figlio..."

Le ombre lunghe dei sacerdoti

costrinsero il sogno in un cerchio di voci.

Con le ali di prima pensai di scappare

ma il braccio era nudo e non seppe volare:

poi vidi l'angelo mutarsi in cometa

e i volti severi divennero pietra,

le loro braccia profili di rami,

nei gesti immobili d'un'altra vita

foglie le mani, spine le dita.

Voci di strada, rumori di gente,

mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.

Sbiadì l'immagine, stinse il colore,

ma l'eco lontana di brevi parole

ripeteva d'un angelo la strana preghiera

dove forse era sogno ma sonno non era

"lo chiameranno figlio di Dio"

parole confuse nella mia mente,

svanite in un sogno , ma impresse nel ventre.


E la parola ormai sfinita

si sciolse in pianto, 

ma la paura dalle labbra

si raccolse negli occhi

semichiusi nel gesto

d'una quiete apparente

che si consuma nell'attesa

d'uno sguardo indulgente.

E tu, piano, posasti le dita

all'orlo della sua fronte:

i vecchi quando accarezzano

hanno il timore di far troppo forte.


...

- Mi avevi detto - osservò il bue - che era la festa della serenità, della pace.
- Già - rispose l'asinello. - Una volta infatti era così. Ma, cosa vuoi, da qualche anno, sarà questione della società dei consumi... Li ha morsi una misteriosa tarantola. Ascoltali, ascoltali.
Il bue tese le orecchie.
Per le strade nei negozi negli uffici nelle fabbriche uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi come automi delle monotone formule buon Natale auguri auguri a lei grazie altrettanto auguri buon Natale. Un brusio che riempiva la città.
- Ma ci credono? - chiese il bue - Lo dicono sul serio? Vogliono davvero tanto bene al prossimo?
L'asinello tacque.
- E se ci ritirassimo un poco in disparte? - suggerì il bovino. - Ho ormai la testa che è un pallone... Sei proprio sicuro che non sono usciti tutti matti?
- No, no. È semplicemente Natale.
- Ce n'è troppo, allora. Ti ricordi quella notte a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino. Era freddo anche lì, eppure c'era una pace, una soddisfazione. Come era diverso.
- E quelle zampogne lontane che si sentivano appena appena.
- E sul tetto, ti ricordi, come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano.
- Uccelli? Testone che non sei altro. Angeli erano.
- E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle hanno una vita lunga.
- Ho idea di no - disse l'asino - c'è poca aria di stelle, qui. 
Alzarono il muso a guardare, e infatti non si vedeva niente, sulla città c'era un soffitto di caligine e di smog.

Racconto di Natale di Dino Buzzati. "C'è poca aria di stelle."


Quella caligine che oggi ci si è appiccicata addosso,  si è infiltrata dappertutto impedendoci persino di  respirare,  soffocando sul nascere gioie  e allegrezze legate al Natale.

Le piazze affollate e assediate non da spostati ma da gente normale che invoca giustizia e la dignità di un lavoro non può  predisporci a piacevolezze e festeggiamenti e  diventa difficile anche trovare le parole giuste per non scivolare nei soliti luoghi comuni.

Un Italia mortificata, umiliata che ha perso la sua identità di Paese dinamico, vivace, con un invidiabile Stato Sociale e un sempre più lontano benessere diffuso.

Dov'è quell'Italia? Dove stiamo andando?

Quali chine pericolose stiamo  percorrendo stremati da  una situazione divenuta ormai insostenibile a causa di governi parassitari che uniti ai danni della globalizzazione,  autoritarismi bancari, un massacrante modello "Europa"  hanno  fatto sì che la corda si spezzasse con ben pochi margini di cucitura?

Il Natale alle porte, per molti, troppi,  a tasche vuote, non può che acuire contrasti e conflitti e l'annunzio della prossima buona novella  me ne porta alla mente un'altra, quella di Fabrizio De André che in un album di altissima  poesia, coi toni che appartenevano al suo essere unico racconta il  '68 e gli anni di piombo secondo una coraggiosa lettura non oleografica dei Vangeli dove la violenza e  l'arroganza del potere hanno  sempre lo stesso volto.

 
 
 
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BURANO 2020

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 

 


Tu credi di incontrare l’amore,

in realtà è l’amore che incontra te

nei modi più strani,

inaspettati, involontari, casuali.

A volte lo confondiamo col bene

e lo surroghiamo.

Spesso siamo convinti sia amore,

fingiamo sia amore,

e leghiamo noi stessi

a una indistruttibile catena

frutto dei nostri desideri mancati

dei nostri sogni sopiti

delle nostre abitudini

delle nostre paure

delle nostre comodità

delle nostre viltà

dei nostri calcoli

della nostra apatia

dei nostri falsi moralismi.

Ma quando arriva, se arriva,

lo riconosci,

come  “il sole all’improvviso”

sconvolgente, coinvolgente,

totalizzante, esclusivo,

fusione di corpo e anima

osmosi perfetta.

Se finisce,

un dolore muto, senza fine.

loretta

 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 

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