Abbandonare Tara

Il fascino del tempo

Questo è San Vigilio, un paese sul lago di Garda, anzi, nemmeno un paese, un piccolo porticciolo.
All'epoca un cui John Singer Sargent (1856-1925) lo dipinse, era davvero un porticciolo di pescatori, di barche, di gialle mura cadenti che si rispecchiavano sull'acqua calma e verde del lago, di una spiaggetta sassosa, di gradini che scendevano alle rocce da un molo che, quasi in forma di pozzo, creava la baia.

E questo è San Vigilio oggi.

Siamo arrivate un tardo pomeriggio di ottobre. Sulle orme di Sargent, senza nemmeno sapere se questo porticciolo c'era ancora, con il timore di perdere, di fronte alle realtà, un sogno caldo di oro e giallo.
San Vigilio c'è ancora. E in quel tardo autunno che già nelle nebbie anticipava l'inverno in arrivo, il luogo immaginato non era così dissimile dal reale, sia pure dopo quasi un secolo. E' adesso un buen ritiro esclusivo, le vecchie case gialle sono diventate un costosissimo hotel de charme, mancano le barche dalle vele gialle, i pescatori; al loro posto camerieri impeccabili camminano sul molo che d'estate si riempie di tavolini di bar.

Ma eravamo le sole visitatrici del luogo. La risacca dell'onda batteva lenta solo per noi su quegli stessi gradini consumati, sulle rocce affioranti.
Io, mia sorella e un'amica pittrice: una americana cresciuta all'ombra mistica di Sargent, come lui innamorata dell'Italia, alla ricerca dei suoi luoghi magici, che ci aveva convinte ad accompagnarla nel pellegrinaggio della memoria.

Lungo la strada che portava al porticciolo, dalla nebbia della collina, si materializzò un vecchio, col cappello a larghe falde, incredibili occhi azzurri, che parlava il più bel veneto che abbia mai ascoltato; con una cadenza lenta, lenta come il tempo, lenta come i suoi passi, cantilenante come il racconto di un'intera vita che ci regalò in quei pochi passi. Era forse stupito da tre donne che in un pomeriggio che ormai volgeva a termine venivano a cercare l'americano e le sue tracce. Forse aveva desiderio di parole, di passato, di rievocazione. Di compagnia.

Era come vivere una fiaba, incontrare l'apparizione di Gandalf sulla strada di Lothlorien.
Piano piano, da quello che sembrava un vecchio contadino, emerse il bambino di un tempo remotissimo, le cui sorelle erano state ritratte da Sargent, bambine, sul lago.
Emerse un passato di guerra, onori, bel mondo, un fascino antico, scolpito nella pietra del volto, illuminato dallo sgardo azzurro.

Il tempo passa, ma le sue tracce rimangono. Il vecchio elegantissimo nobiluomo di campagna che per un breve pomeriggio ebbe l'occasione di rivivere il passato in cui tutto San Vigilio era della sua famiglia, in cui uno stravagante pittore di belle donne e bella vita veniva a passare estati dorate in quel brandello di mondo.
Un'epoca in cui la speranza e le aspettative andavano ben al di là dell'altra riva del lago.

Un pomeriggio di ottobre di un anno fa, in cui tre donne di oggi - inquietudini, stanchezze, serenità, appagamenti, desideri, apprensioni - si sono ritrovate immerse in un fluire del tempo, di fronte ad uno di quei momenti di stranimento assoluto, in cui passato e presente per un breve attimo si toccano.
In cui capisci che sei solo un breve battito di ciglia di fronte a un'eternità che si chiama lago, che si chiama tempo, che si chiama risacca delle onde minute sui sassi.
In cui tu sei come il gabbiano sul palo conficcato nel fondale: uguale a quello che volò su Sargent, uguale a quello che si posa oggi, che si addormenta appagato di questo esistere, senza chiedersi quanto durerà, se sarà ricordato, se avrà un futuro. Perché il tempo è eterno.

Della vita si apprezza sovente
più tardi del dovuto
l’intima leggerezza, il senso muto
di quel vuoto apparente

(Silvio Raffo)