Abbandonare Tara

Mare in villeggiatura

Il mare non si vedeva ancora, ma era nell'aria azzurra e in quel vuoto purissimo. Si presentiva in fondo dove sfumava la terra con due torri bianche e tozze cui giravano intorno con ali d'angelo degli uccelli bianchissimi. Più lontano una torre più alta e più scura, dorata dal sole, pareva già nello spazio. Nel canale parallelo alla ferrovia una vela andava rapida tenendo testa al treno. Il mare era nell'aria e rispecchiato dal cielo, già rispondeva alla voracità del petto.

A.Palazzeschi,  Stampe dell'Ottocento

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Il mare, un secolo e più fa, era questo. Era un'attesa prima ancora che un luogo.
Era un racconto, una promessa di libertà e di natura selvaggia.
Non erano molti quelli che andavano al mare, non erano molti quelli che, arrivati alla sospirata villeggiatura, se la potevano godere come avrebbero fatto le generazioni successive.
Il mare era ancora dei poveri, dei pescatori, delle lavandaie.
Degli ammalati.
Si andava in villeggiatura spesso per curare un mal di petto, una tosse insistente, scongiurare la temutissima tubercolosi, guarire la scrofola, le malattie cutanee.

Poi cominciarono ad affacciarsi sul mare le prime famiglie borghesi. Lo guardavano da lontano, al riparo dei capanni, delle verande.

Solo piano piano, lentamente, trovarono l'ardire di scendere sulla spiaggia, di avvicinarsi alla battigia, di stare al riparo meno protetto di tende e ombrelloni.

Le prime signore camminavano sulla riva avvolte in grandi abiti chiari, riparate da cappelli e veli.

Poi, lentamente, qualcuna, più adace, e non successe certo in Italia, cominciò a entrare fra le onde. Si spacciava sempre per salute questo primo mostrarsi, spogliarsi, godere sole e mare.

La villeggiatura diventò un evento di società, un modo di fare amicizia, di incontrare gente.

Di fare e spendere soldi (dipende da quale parte della barricata si sta).