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Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

 

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A Cristina, Mauro, Roberto, con me a Londra, l'11 settembre 2001 

Post n°178 pubblicato il 11 Settembre 2007 da odio_via_col_vento

Quasi nessuno oggi ha ricordato quella tragedia di 6 anni fa che ha cambiato il nostro mondo.
Devo dire che ho avuto anche io una giornata un po' convulsa, che certo non ho avuto tempo per televisione e revocazioni varie. Ma stamattina non c'era nemmeno una accenno sull'edizione on line dei maggiori quotidiani. Da qualche parte qualcuno mi ha poi detto che anche negli Stati Uniti si sono detti stanchi delle celebrazioni della memoria.
Sembra che l'unico a ricordare sia stato Osama Bin Laden, con quella incredibile barba tinta di nero.

Noi abbiamo ricordato. Noi quattro che eravamo a Londra, insieme, quel pomeriggio, al meridiano 0, Greenwich, mentre di là dall'Oceano, 5 ore indietro a noi, quei quattro aerei seminavano morte, paura, sgomento. E poi ancora la morte delle nostre illusioni e di un mondo che credevamo di conoscere.
La notizia mi arrivò sul cellulare, uno squillo dall'Italia. Ma ero in museo e il severissimo guardiano inglese alzò appena un sopracciglio in segno di biasimo estremo, senza assolutamente alcuna considerazione per il cartellino che avevo appuntato sulla giacca. Democraticamente ero solo una visitatrice molesta, indiscipilanta, riprovevole.
Un po' seccata (mi telefonano sempre da casa agli orari più incredibili), cercai di rimediare con qualche sms, nascondendomi: "non posso rispondere; sono in Museo".
Impietoso (e incredibile) l'sms di risposta (mio marito si rifiuta di usarli): "Chiama appena puoi".
E io di rimando: "Alla fine della conferenza stampa. Tra un'ora".
"No! Subito, allora. Tragedia su New York e Washington"-
Mi precipitai fuori di corsa. Devo aver urtato anche qualcuno. Il custode, sempre più attonito di tanta intemperanza e mancanza di osservazione delle regole vide, nell'ordine, catapultarsi fuori altri tre individui dietro di me.
Dovevo avere una faccia spaventata, se senza dire niente anche gli altri mi seguirono.
Appena arrivata sulla scalinata, ancora quella interna, presi il cellulare e chiamai.
Lo vedo sempre quel momento: un fotogramma nitido e freddo. La lattiginosa luce londinese che piove dalla vetrata, la scale di pietra lucida, tutto è grigio. Io appoggiata alla parete che ripeto come un automa, tremando, quello che il marito, incollato al televisore, in Italia, mi dice. Frasi smozzicate. Io avevo pensato ad un terremoto. Ma la realtà era ancora più incredibile, assurda, da incubo.
Il ricordo passa poi ai flash della Londra che corre, dei telefoni isolati da subito, dello spazio aereo chiuso, della rapida chiusura di centri commerciali, grandi magazzi i di lusso, musei: ovunque ci fosse folla che adesso veniva immediatamente identificata come un obiettivo sensibile.
Le facce prima ignare, poi sempre più chiuse, infreddolite di un freddo che veniva dall'interno, buie, man mano che la notizia si diffondeva. Solo saltuariamente riuscivo a riprendere la linea con l'Italia, per avere qualche notizia.
Poi tutti dentro un pub, gli occhi attacati alla CNN; tutta la notte con la televisione accesa. Il terrore, l'essere lontani da casa in un momento che non avresti mai immaginato postesse succedere. Come fare a tornare? I voli soppressi....e poi?

Mi addormentai verso l'alba. Un brusco risveglio, mentre la mente ancor annaspava, qualcuno picchiava debolmente alla porta: avevano fatto scivolare il giornale del mattino.
Una fitta di terrore, il brivido giaccio che saliva fino alla testa e poi giù, lungo tutta la schiena: il gionale, aperto, aveva un'unica immagine a doppia pagina, quello che avremmo imparato presto a chiamare Ground Zero.
Macerie desolanti viste dall'alto e una scritta enorme che campeggiava: DICHIARAZIONE DI GUERRA.
Ho creduto che fosse vero. LETTERALMENTE VERO.
Purtroppo era vero, al di là della mia immaginazione e della mia immediata paura. Era vero in senso più ampio e subdolo.
La nostra pace, forse illusoria, forse prevaricatrice, il nostro piccolo sentirsi al sicuro, tutto era finito. Seppellito.
C'è un nuovo caos che non capisco e che non so gestire. Hanno distrutto anche una parte delle mie certezze e della mia pace interiore.

 
 
 
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