Abbandonare Tara

Arselle e ostriche

Joaquim Sorolla, Niños en la playa

Settembre era ancora un mese di vacanze, quando ero bambina.
Vacanze al mare, sempre mare, ed un mare bellissimo, finita la folla e l'afa di agosto.
Ricordo con tenerezza le gite in bicicletta, l'ombra dei viali di pini, l'arietta fresca di primo mattino, la sensazione inusitata e bellissima della lana che pungeva la pelle nuda e abbronzata. Lana, sì, non erano ancora tempi di felpe: un golfino di lana, indossato di prima mattina sul costume, per poi spogliarsi direttamente in spiaggia, non appena il sole si faceva più caldo.

Settembre era il mese delle arselle: si tiravano su con le mani, a riva, tante. Poi a casa la zia cucinava un sugo veloce e gustoso, con quei molluschetti dal guscio oblungo che sapevano ancora, e tanto, di mare.

Un sapore così, il sapore e l'odore della salsedine, della sabbia, del mare profondo, l'ho sentito solo molti anni dopo, la prima volta che ho assaggiato le ostriche.

Curioso: arselle e ostriche.
Vita semplice, mare antico, da una parte; e simbolo di raffinatezze e lussi, dall'altro. Eppure sono convinta che altrove, su altre spiagge e su altri mari, su quella nera e ventosa costa irlandese dove le assaggiai la prima volta, per esempio, sono convinta che anche le ostriche siano un piatto semplice. Sanno talmente di povertà!