Creato da odio_via_col_vento il 03/11/2005

Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

 

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Cable Cars e Big One

Post n°42 pubblicato il 30 Marzo 2006 da odio_via_col_vento
 
Tag: Viaggi
Foto di odio_via_col_vento

Che dire?
Un fascino che non ho provato?
Oppure troppo fascino cinematografico che non ho ritrovato?
Dov'era l'atmosfera cupa di Hitchcock, la Kim Novak di Vertigo il cui fantasma ho inseguito fin dentro una Mission Dolores troppo assolata e troppo bianca, cui nemmeno il sovraccarico altare spagnolo rendeva una perduta atmosfera di morti e reincarnazioni?

Times pass by e anche la buona vecchia San Francisco è ormai troppo da cartolina per i miei gusti: quasi la Disneyland del turista alternativo di qualsiasi posto del mondo che vuole respirare atmosfera di libertà, tolleranza, multietnicità.

Probabilmente niente sarà mai abbastanza "States" per me, dopo New York. Niente abbastanza noir  e gothic, dopo le notti di nebbia e pioggia che nascondono le cime dei grattaceli di quella Gotham City da incubo che io amo tanto.

Ma qui, a  San Francisco, mi pare tutto troppo poco e tutto già andato.
E' senz'altro una città in cui si può vivere: ma io sto bene tra i vecchi ruderi europei.
E' una California di nebbia e di mare gelido, di venti che soffiano dall'oceano, di granchi enormi e di cucina messicana. E' la città delle 43 colline ripidissime, dei Cable Cars su rotaie, in cui ti aspetti sempre che Bruce Willis compaia dalla sommità della prossima salita all'inseguimento del cattivo di turno. Del quartiere di Castro Street, dipinto con i colori che per noi sono quelli della bandiera della pace e che per San Francisco sono quelli della comunità gay. Ma che tanto gaia non è: una atmosfera da gay- pride obbligato, da ostentazione, da safari fotografico.

Una città di pochi musei, di molti bazar cantonesi, di una Little Italy da manuale, con una sfilata infinita di ristoranti dagli improbabili nomi di Tosca, Scalinata Romana, Vedi Napoli e poi Muori, Mamma Rosa, Aglio e Fettuccine (chissà poi come li pronunceranno!). Lungo una (vedi un po'!) Columbus Avenue.
Di Levis (nati qui) e ricordi della Corsa all'Oro. Di casette in legno falso-vittoriano e parchi con imperturbabili vecchiette cinesi intente al loro Tai Chi Chuan quotidiano. Di mescite di tè, una volta forse fumerie d'oppio riconvertite al polutically correct. Di chiese in mattoni rossi, popolate di filippini devoti. Di murales fantastici sulle pareti delle case: murales improvvisati, murales d'autore, scarbocchi di bambini, insegne di pessimo gusto. Di ragazzotti neri che fanno sfoggio di esibizioni da break dance, di musica improvvisata lungo le strade: tanta musica, tanti saltambanchi, tanto rumore.  Come ad esorcizzare la paura, la minaccia costante del famigerato Big One, il prossimo terremoto distruttore:paura con cui si convive con fatalismo, leggerezza, non- chalance, una piccola alzata di spalle e molte misure antisismiche preventive.

Ma poi, alla fin fine, adesso che parto, che dire?
I left my heart in San Francisco: comunque. Maladetto fascino sottile, che resta dentro in gocce di nostalgia.

 

(Fate click sul titolo per sentire la canzone)

 
 
 
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