E' una mattina di ordinaria quotidianità.
I primi freddi notturni, il semplice piacere di trovarsi, al risveglio, al calore della trapunta: chissà mai perché si deve passare da un risveglio impreparato, un freddo che ti ghermisce sotto un copriletto troppo estivo, ancora, per poi arrivare a questa gioia semplice, a questo sentirsi protetti da una leggera barriera di cotone tra due strati di tessuto colorato.
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Il gatto miagola flebile e si arrotola intorno alle mie gambe nude, dando calore e cercando coccole e cibo.
Dalla finestra si svela ancora quel ricordo del buio e quell'anticipo del giorno che concilia un risveglio lento e dolce. Se soffi, il tuo alito adesso comincia ad appannare i vetri: è arrivato l'autunno.
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Il piacere della mattina è questo: sola in una casa ancora addormentata e calda del sonno dei figli.
Fra pochi minuti sarà tutto un vociare, uno sbadiglio prolungato e rumoroso, uno scalpiccio, rumore di pagine sfogliate mentre i biscotti cadono nel latte alla ricerca dell'imparare dell'ultimo minuto, uno sbattere di cassetti, una richiesta continua: "dov'è....?".
Ma adesso la casa è mia: lentezza, penombra che si rischiara lentamente, acqua calda nella vasca, odore di caffè e di bagnoschiuma che si mescolano, luce azzurrina del televisore, notizie in sottofondo.
Oggi non è una mattina di ordinaria quotidianità: esperimenti nucleari in Corea, terremoto sotterraneo e "felicità di un popolo".
O forse sì: forse ormai l'ordinario è questo. Guerre e massacri in atto, guerre e massacri che si preparano.
Svegliare i miei figli a questa giornata: perché? Sarebbe bello lasciarli dormire.
Sarebbe bello tornare anch'io nel tepore del sonno.
Forse se mi tiro le coperte sulla testa, forse posso far finta che non sia mai avvenuto. Nulla.
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