Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Se il ritratto ha sempre avuto una sua funzione politica, sociale e quindi una sua collocazione artistica, l'autoritratto presuppone da parte dell'artista una consapevolezza di se stesso e del proprio status sociale, prima, poi una interpretazione del visibile che necessariamente astrae dall'oggettivo per entrare in quella sfera straordinariamente soggettiva ed introspettiva che è propria dell'esaminare e, soprattutto, riprodure se stesso per offrirsi alla fruizione di un pubblico. E' quindi, principalmente, un atto di analisi, scelta (cosa mostro e cosa non mostro), diplomazia (attraverso quali particolari mi dichiaro), censura (cosa non vorrei mai venisse conosciuto di me). Per questo, in un certo qual modo, l'autoritratto è uno dei generi artistici più complessi, che mette in campo da parte del riguardante una capacità di lettura che dovrebbe andare al di là del semplice apprezzamento immediato (mi piace, non mi piace), che certo nell'intenzionalità dell'artista veicolava messaggi più o meno espliciti molto importanti. Che certo, nel passare del tempo e nel mutare dell'immediato retroterra culturale comune, risultano oggi persi, o soltanto oscurati, o appena percettibili. Autoritratto come blog? Facciamo alcuni esempi? cominciando con artisti moderni, forse (ma sottolineo il "forse") di più immediata comprensione: anche per la possibilità di confrontare autoritratto con fotografia. E autoritratto con ritratto dipinto dall'altro artista, quasi in un gioco di specchi. Adesso uno dei suoi autoritratti: Il suo autoritratto: E adesso Bacon vede Freud: E Freud vede Bacon: E nelle loro stesse parole: Lucian Freud A voi la parola... |
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Un po' come accade nei blog. Ciascuno di noi offre di sè un'immagine che è necessariamente parziale. E non si tratta solo di ciò che uno racconta di sè, ma di una parzialità che manca di una serie di caratteristiche fisiche e sensoriali importanti per comprendere quell'unicum che una persona è.
Sempre per restare in questo ambito, ci sono poi le selezioni: ciò che uno può, vuole, riesce a dire di sè. E le chiavi di lettura dell'interlocutore.
Se dovessi descriverti, senza filtri, penso che il ritratto che potrei fare di te non sarebbe lo stesso che tu faresti raccontandoti. E se ti raccontassimo in due, probabilmente non ti racconteremmo allo stesso modo. Potrebbe essere un nuovo giochino. Ma non passarmi il testimone. :)
sì, per grandi tagli si potrebbe dire così.
e poi nessuno mi toglie di mente che per Lucian Freud il cognome abbia avuto un suo peso. non credo che potrei portare addosso una eredità del genere in modo leggero.
ma devo dire che io sono molto più prosaica. credo che Bacon avesse tanti di quei fantasmi interiori che avrebbe vissuto come ossessione anche l'essere un impiegato delle poste e timbrare le raccomandate.
:)
parlare di blog solo come chiave da decodificare sarebbe negargli ogni funzione rappresentativa. io credo invece che il raccontarsi non sia così asettico, così "naturale". penso che ciascuno di noi (chi più chi meno) metta in atto scelte, appunto, modalità, e quant'altro in modo anche più conscio di quello che si voglia ammettere. di per sé la rappresentazione obbedisce a regole che non sono naturali. di per sé ogni rappresentazione sceglie (non necessariamente inventa) uno dei molti aspetti, che spesso diviene talmente eccessivo rispetto all'intero originale da potersi dire che non gli corrisponde più.
(non che sia alcunché di originale, è un discorso quasi ovvio, ma lo si può fare e dire in tanti modi....:)
grazie cate:)
meno ovvio, comunque, concordo, che la vita stessa sia un costante palesarsi di mometanee e parziali facce.
i blog chiusi? sì, posso credere che qualcuno si faccia prendere la mano dal raccontarsi e poi non si riconosa, o l'autoitratto diventi vampirizzante. blog come Ritratto di Dorian Grey?:)
da parte mia sottolineo che sempre, necessariamente, un'immagine pubblica è un'immagine "costruita".
non solo nei blog.