Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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John Millias, The Martyr of Solway (detail)
Amati.
Sentirsi sempre amati. Apprezzati. Credere che tutti capiscano le nostre ragioni, che la comprensione che abbiamo di noi stessi si diffonda per effusione, contagio, fuori di noi.
E poi le ragioni degli altri e le nostre ragioni. Che spesso non coincidono.
Eppure le nostre ci sembrano sempre così logiche, condivisibili, intuibili anche senza spiegazioni.
Quelle altrui un po' meno. Soprattutto quando non coincidono con le nostre, peggio ancora se ad esse si oppongono.
Eppure spesso non è questione di vero o falso. Spesso si tratta di sfumature. O di interpretazione dei fattii
Spesso dietro c'è un vissuto, un'esperienza che poggia su un passato che non conosciamo, che ci è ignoto. Reciprocamente.
Poche sono le persone sul cui appoggio incondizionato possiamo contare,
Certo meno di quelle il cui nome, per abitudine, per presunzione, o genericamente per superficiale compiacimento di noi stessi, metteremmo nel novero dei nostri apprezzatori.
C'è sempre un momento in cui tirare la linea delle somme.
O delle sottrazioni.
E non è un bel momento.
Rimane un amaro in bocca che il più delle volte non ha il vero sapore della disillusione, ma quello, piuttosto, delle domande senza risposte.
Difficile infatti venirlo a sapere dal diretto interessato. Difficile quindi avere una spiegazione diretta.
Più facile che ci siano dei pettegolezzi, delle voci, una insinuazione, un cumulo di "detto-non detto".
Che si fa?
Si vanno a chiedere spiegazioni? Si chiede un confronto all'americana (col pettegolo di turno come terzo lato del traballante tavolino)?
Si viene a patti col nostro lato oscuro?
O non piuttosto, dopo un paio di notti agitate, un attento esame del passato, il vagare della mente dietro a ipotesi senza costrutto, ci si lascia tutto dietro, con una scrollata di spalle?
Ognun per sé e Dio per tutti? Amo il mio lato oscuro? Il mondo è abbastanza grande per entrambi? Frankly, my dear, I don't give a damn?
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Spesso qui non c'è posto per il mio personale rapporto tra pensiero e immagine.
E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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