Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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John William Waterhouse, The soul of the rose
Tutto cominciò con una versione di greco e un compagno di scuola molto gentile.
Prima di allora non avevo mai usato profumi.
Avevo una mamma molto "plain", come direbbero gli americani. Essenziale. E i profumi, nel mondo in cui lei ancora viveva, dovevano apparire un po' peccaminosi. Come nella canzone "Balocchi e profumi", appunto.
Gli odori di buono e di mamma che emanava erano assolutamente naturali. Solo in qualche occasione sapeva vagamente di cipria.
Quindi, per me, solo sapone; e borotalco, ma di quest'ultimo mi ero stancata presto, di quell'odore che sapeva troppo di infanzia.
A scuola ero bravina, ma generosa. Non mi facevo pregare e passavo versioni e suggerimenti.
Di solito non ne ricavavo altro che un'aura di cordialità. Solo Andrea si volle sdebitare. E mi regalò il primo profumo della mia vita: l'Acqua di Colonia per eccellenza, la Kholn 4711. Aggiunse che era ora che diventassi un po' più donna.
Gentile e paternalistico, dissi dentro di me. Ma da quel profumo non mi separai per molto molto tempo.
E' stato l'aroma della mia gioventù. E in un'epoca di contestazione, di assemblee studentesche, di sciatteria vissuta come autonomia ed emancipazione, passavo per le aule occupate e per i capannelli di studenti sospesa su quella nuvoletta che il profumo mi conferiva: femminilità, ho imparato poi, si chiamasse.
Poi venne Arrogance: rosa. Aggressivo come può esserlo un rosa carico. Aggressivo come la mia età, ormai consapevole, ormai sicura.
Ricordo che avanzavo nella vita, mi impadronivo a grandi morsi di ciò che volevo, stupita, quasi, della cedevolezza della vita, della facilità con cui mi si spalancava davanti. Quel profumo era il mio: stava insieme alla mia determinatezza, agli anni '80, alla vita che incombeva.
Poi il grande salto: Cocò di Chanel. Il profumo nero della grande maison francese. Il n°5 mi sembrava troppo abusato, invece questo - e lo penso ancora - è un capolavoro: orientale, amaro, sensuale ed elegante. Con quel tocco di maschile che lo rende particolare.
Avevo trovato la mia essenza.
Mi ci sono riconosciuta per anni. Ormai si confondeva e si identificava con me, me lo riconoscevo, come fosse il sapore della mia stessa pelle.
E' stato il profumo del mio essere donna più completo.
Ho provato anche la soddisfazione di regalarmelo per le pietre miliari della mia vita professionale, come consolazione nel momento della malattia, come memento: ci sei e vali!
E adesso: adesso qualcuno che tornava da un viaggio, ha fatto un errore, ha dimenticato il nome giusto....e mi ha regalato LUI, il n°5.
Che si fa? Ho fatto buon viso a cattiva sorte. Sono stata anche magnanima, ho ricordato, nel ringraziare, Marilyn e la sua abitudine di indossarne due gocce per la notte, al posto del pigiama (donna dissennata: io non potrei mai, con il freddo che mi assale nel profondo del buio).
E una volta che l'avevo, l'ho provato.
Un colpo di fulmine: anzi, vista l'origine, un coup-de-foudre.
Insinuante, è la parola giusta. Stabile, persistente, una nota sotto, ma resta e colpisce la mente olfattiva.
La memoria.
Sì, perché indubitabilmente sa di borotalco.
Gira e rigira, la vita mi ha riportata qui: al profumo dell'infanzia.
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