Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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E si ricomincia.
Non solo perché è lunedì. Ma si ricomincia a scrivere, con il fiato degli editori sul collo. Poveretti: sono una inguaribile procrastinatrice: mai scrivere oggi quello che comunque l'editore non si aspetta nemmeno per domani. Sono una inguaribile perfezionista. Sempre in ritardo con le consegne, sempre ad aggiustare, limare, integrare.
Sono una inguaribile ruminante: penso, ripenso, correggo le idee, aggiusto il tiro, focalizzo il bersaglio, cancello e ricomincio da capo.
Sono un tormento.
Ma stasera mi sono portata il lavoro a casa (capita) e ho deciso che farò nottata a scrivere: ma ne vale la pena.
Non scrivo per loro, i miei "nemici".
Ma scrivo per lui: per una delle persone più importanti della mia vita.
Il mio maestro.
Scrivo di lui. So già che mi commuoverò e piangerò un po'. Ancora dopo 15 anni.
Era un uomo di una statura gigantesca: morale e fisica. Era un pezzo di storia: aveva studiato con Gaetano Salvemini, era stato amico dei fratelli Rosselli, aveva fondato il Partito d'Azione, si era preso le bastonate dei fascisti; aveva salvato opere d'arte dalle razzie dei nazisti. Dalle bombe. Dall'acqua dell'Arno nel 1966.
Lo ascoltavi raccontare: quella bella parlata antica, quasi ottocentesca, quel bel fiorentino colto. Sembravano novelle ed era storia.
Aveva un dono unico per trasmettere idee, coraggio, rigore morale, metodo di studio e di lavoro. Affascinava e affabulava. Lo ascoltavi e imparavi. Lo ascoltavi e ti innamoravi delle idee. Lo ascoltavi e avevi già scelto che volevi modellare il tuo futuro sulle sue parole, sulla sua vita unica, sulla sua lezione.
Era un uomo di straordinaria dirittura morale, che aveva attraversato il secolo più difficile, indenne da compromessi e cadute. Che non concepiva la cattiveria altrui, che vedeva sempre il bene ovunque, non per ingenuità ma per fiducia nell'umanità.
Alla fine della vita scelse di essere maestro di noi giovani: non si poteva chiedere di più alla sorte, ad un destino che ti veniva incontro con i suoi occhi acuti e pungenti, con la sua lezione di vita.
E' stata uno dei grandi incontri della mia vita: il più grande nel campo degli studi.
Oggi faccio il suo stesso lavoro, nel luogo che lui ha fondato. Ho continuato i suoi studi. Ho dato ad uno dei miei figli il nome dell'artista che lui più amava. Siedo al computer sotto una sua grande foto, scattata da Leeds, nei chiostri di Santa Croce immersi nel fango dell'alluvione: lui si gira un attimo verso l'obiettivo, gli stivali di gomma, il volto scavato dall'ansia e dalla disperazione del disastro.
Un monito per l'oggi. Per un'epoca infame, senza più alcun senso del dovere, in cui parole come sacrificio, rigore e onestà sono derise.
Che abbiano il coraggio di guardare quel fantasma negli occhi, molti di quelli che entrano nella mia stanza: che abbiano il coraggio di sentirsi giudicati da lui.
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Spesso qui non c'è posto per il mio personale rapporto tra pensiero e immagine.
E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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