Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Mi costa molto scrivere questo post.
Non so nemmeno se lo finirò.
Volevo parlare di sette e coercizione - plagio: anche se il nostro codice penale non riconosce più il plagio come un reato - .
Questo post mi costa molto perché ho conosciuto da vicino persone che sono finite nelle sabbie mobili della manipolazione, diventata poi coercizione psicologica, coercizione fisica, lavaggio del cervello, prigionia vera e propria.
Mi costa perché se ne può parlare in tanti modi: prendendo spunto da articoli di giornale, puntando il dito e accusando, stracciandosi le vesti, sprezzantemente o criticamente.
Ma sempre dall'esterno. E questo è il primo modo. Che oggi non adoprerò.
Oppure non se ne parla, si copre, si nasconde, si giustifica, a se stessi e agli altri - se proprio si è costretti. E questo succede quando si è vicini, coinvolti, toccati negli affetti. E anche questo è sempre vivere il problema dall'esterno, un esterno un po' meno tale, un po' più prossimo. Ma al quale si sopravvive, ancora con una relativa facilità.
E questo è il secondo modo. Che non mi appartiene.
Poi c'è un'altra maniera ancora di affrontare il problema: è quando hai provato sulla tua pelle (sulla pelle dell'anima) cosa significa. Quando hai sfiorato l'orlo della palude, quando nelle acque putride della palude dei morti la tua ombra riflessa si è per un attimo confusa con le ombre dei morti affondati là.
Quando hai accolto dentro di te la ferita, profonda, definitiva, della constatazione che avresti potuto essere anche tu una vittima; che solo un filo di rasoio separa chi viene risucchaiato da colui che si salva e che sarà il testimone della tragedia altrui.
C'è stato un momento, infinitesimale, fragilissimo, quasi irriconoscibile, in cui si è giocata la tua appartenenza ad una storia o ad un'altra. C'è stato un momento in cui ti è stato dato di scegliere il futuro: e quello che è più terribile è che quando quel momento si presenta, difficilmente ne sei consapevole.
E questo terzo modo lo sento mio.
Mi costa parlare dell'argomento perché sfiorando l'incubo ho scoperto anche un lato fragile e vulnerabile di me, di alcuni che mi sono stati cari, che preferisco seppellire.
Ho scoperto quanto sicurezze e certezze, senso critico, cultura, educazione, siano facilmente soffiate via da fascinazione, rapimento, accecamento, seduzione.
Quanto uno smarrimento momentaneo, una perdita, una malattia, vengano sfruttate da tecniche consolidate di reclutamento. Con quale abilità qualcuno sappia trovare il punto vulnerabile del tuo essere più profondo.
Come sia facile abdicare a ragione, salute fisica e mentale, in nome di una promessa irreale, che qualcuno fa materializzare, diventare concreta, al di là e contro ogni ragionavolezza, ogni constatazione. Si nega il vero, si nega se stessi, si nega ogni legame, per annullarsi in un senso di appartenenza che gratifica, evidentemente, l'essere umano più di qualsiasi altra cosa. Un'appartenenza ad un gruppo, ad un sistema di pensiero, ad una tecnica di elevazione spirituale o di guarigione fisica, per esempio. O appartenenza ad un un unico individuo: guru, santone, guaritore; ma anche amante, marito, capo clan.
Ho amici persi, annegati in questi mondi.
Spariti, letteralmente.
Spariti, annullati mentalmente: irriconoscibili automi.
Oppure distruttori del proprio corpo (alcoolizzati, anoressici) per fuggire il senso di colpa, una volta che l'esperienza è finita.
Di alcuni ho saputo che sono divenuti a loro volta carnefici di altri.
Ma come parlarne? Perchè questo sarebbe il quarto modo: ma è un modo che non esiste. E' il modo di chi è precipitato, delle ombre morte delle paludi.
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"Ci sono cose morte, facce morte nell'acqua" disse pieno d'orrore. "Facce morte!"
(...)
"Anch'io li ho veduti. ...Ci sono in tutti gli stagni, pallidi visi, in fondo alle acque buie.
Li vidi: volti crudeli e cattivi, volti nobili e tristi. Molti volti orgogliosi e belli, con alghe fra gli argentei capelli. Ma tutti sporchi, putridi, tutti morti. In loro brilla una tetra luce"
(...)
"Non puoi raggiungerli, non puoi toccarli...Forse sono solo forme che si vedono e non si toccano...."
(...)
Rimasero per qualche minuto immobili, come chi, sull'orlo del sonno ove l'incubo sta in agguato, cerca di difendersi, pur sapendo che si giunge al mattino soltanto attraversando le ombre.
J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli
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