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Del perdere la testa

Post n°208 pubblicato il 12 Dicembre 2007 da odio_via_col_vento
 


E' un'espressione un po' buffa, se ci si pensa sul serio: una di quelle che avrebbero istigato Oscar Wilde a proferire uno dei suoi sagaci e rapidissimi motti di humor. Mi ricorda un po' quella stizzosissima e sussiegosa lady inglese che in "The importance of being Earnest" ascolta lo sgradito corteggiatore della figlia dire che è orfano e replica: "Mr.Worthing, perdere un genitore può essere una tragica fatalità, ma perderli entrambi è una gravissima trascuratezza".

Ecco: perdere la testa, in fondo, potrebbe essere considerata così. Una sbadataggine terribile. Se non fosse che noi, da sempre, abbiamo attribuito all'espressione un valore passionale e amoroso altissimo, caricandola di tutto un vissuto, personale e collettivo, che ben poco, di solito, fa ridere.

Oggi, però, mi sono imbattuta nella rappresentazione visiva di una delle possibili ambivalenze di significato: perché perdere la testa - meno scioccamente - può anche voler dire morire per mano di un boia (e soprattutto una volta, certo, il nesso era molto più chiaro).

Questo è il dipinto:






Non sappiamo nemmeno bene se vi sia raffigurata una Salomè  o una Giuditta  ( e di conseguenza la testa sul vassoio potrebbe essere Giovanni Battista o Oloferne).
Ma ai fini della nostra analisi (e dell'intento del pittore) forse poco importa.
Lo straordinario apologo dell'amour fou è stato dipinto da Tiziano, che con una calma quasi olimpica ed una rassegnazione splendida consegna se stesso, ai posteri, proprio come colui che ha, letteralmente, perso la testa.

L'artista si ritrae infatti nella testa decapitata: come può dimostrare il confronto con altri suoi autoritratti giovanili. Qui è il giovane al centro, di profilo (che probabilmente si volge proprio a parlare con la stessa donna, l'oggetto della sua passione):




oppure qui, in una redazione tradizionalmente intitolata "L'invalido" (e come non pensare alla malattia d'amore?):



Nella Salomè-Giuditta, Tiziano ritrae la sua amante, Violante, figlia di un altro artista dell'epoca, Palma il Vecchio, più volte usata come modella.
Qui sotto c'è un suo ritratto (di cui la critica varie volte ha indicato l'autore o nel padre di lei, Palma, o in Tizano stesso) con una viola nella scollatura, indizio per risalire al suo nome, un ritratto intitolato anche "La bella gatta", certo a sottolineare la stupenda interpretazione psicologica del personaggio, dallo sguardo lievemente canzonatorio e dalla profonda, pigra, sensualità:





Insomma Tiziano, colui che sarebbe diventato uno dei più importanti e ricercati pittori del suo tempo, travalicando mode e mietendo successi, ricercato da imperatori e papi, non ha alcuna remora a rappresentarsi come colui che ha perso completamente e letteralmente la testa per Violante, consegnandogliela per così dire, su un piatto d'argento. Arrendendosi alla passione.
Martire come Giovanni Battista o tracotante aggressore vinto dalla donna più bella di Betulia, come Oloferne? Corrisposto o dominato? Sedotto o seduttore?




 
Rispondi al commento:
bimbadepoca
bimbadepoca il 14/12/07 alle 17:59 via WEB
Non solo Tiziano ha reso questa donna immortale, ma le ha consegnato la sua testa tra le mani. Non ci può essere dichiarazione d'amore più bella.
 
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