Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Raffaello, Fornarina, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini, Roma
E allora? Ti ricordi di me?
Ricordi quelle lunghe mattinate lattiginose di febbraio, la luce bianca e grigia che entrava dalle antiche finestre, stampando l'ombra delle sbarre (le antiche sbarre, fatte per contenere, inutili e ridicole per la gioventù che venne poi)?
Ricordi il freddo delle stanze enormi, con il buio che indugiava negli angoli e che solo il pulviscolo luminoso di maggio avrebbe potuto cacciare?
Ricordi lo spiare, per gioco, per evadere, per lasciar vagare mente e cuore, per continuare a navigare nel soffice sonno di poche ore prima, interrotto e poi quasi riacciuffato, nella nenia di parole, silenzi e mormorii?
Ricordi quell'eterno presente, guardare verso un futuro che nemmeno si chiamava tale? Che ci immaginavamo così, un giorno e poi un giorno ancora, e un anno, e una vita, sempre così, sempre uguali, solo migliori, solo più pieni, più ricchi, più lunghi?
Ricordi lo sfuggire dagli obblighi, dalla routine, far camminare per noi fantasia, mondi immaginari, mondi sussidiarii, una libertà che non avevamo, una libertà che non conoscevamo?
Eppure per un attimo, dietro la cortina dei capelli striati di grigio, dentro il lungo cappotto di cammello, dietro i chili di troppo (tantissimi, ma cosa ti è successo?), per un attimo, nel buio, i tuoi occhi hanno avuto quel guizzo. Ti ho riconosciuta.
Era la tua ironia, era lo scintillio della tua risata, prima sottile, poi sonora e ironica e contagiosa.
Eppure per un attimo a quella donna invecchiata, ricca, grassa, stravagante, non tintinnavano i bracciali d'oro al polso, ma eri tu, la tu di allora, a emettere un suono leggero, di vita ancora tutta da vivere.
Mi hai riconosciuta? Io ti ho riconosciuta, nel buio dell'atrio di una stazione, valigie eleganti, un uomo quasi anziano, la fretta, un cane a guinzaglio. Ma eri tu: solo il nome, no, il nome non lo ricordo.
Ricordo il guizzo dello sguardo, ricordo la risata e il tempo e la stravaganza. Il vecchio liceo, la vita nemmeno immaginata e già passata.
Forse saresti felice di sapere che ti ho riconosciuta. C'è sempre qualcosa che resta indenne. La falce di luna che sorge e quella che cala hanno sempre la stessa luce.
Incontrai i miei amici : alcuni erano morti
alcuni erano vecchi
alcuni erano traditori
La falce di luna sorgente sul Bosforo dopo la prima notte
e alcuni erano come li avevo lasciati
viaggiando nei disegni, i versi, il vino e l'amore
per la città del sogno
(Nazim Hikmet)
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E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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