Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Petrus Christus, Portrait of a Young Girl
Tutto questo nero una volta sarebbe stato inaudito. E non solo nei secoli passati, quando il nero non era il colore della distinzione, ma del lutto (almeno nei paesi occidentali, perché poi, si sa, che colori e abbigliamento hanno i loro codici non universalmente condivisi e in Giappone, per esempio, il colore del lutto è il bianco).
O il colore della umiliazione auto-imposta, come nelle uniformi delle suore.
Non solo nei secoli passati, dicevo, vestirsi di nero sarebbe stato inconcepibile senza un motivo ed un simbolo da rispettare e comunicare.
Era anche un colore destinato a condizione modeste, quello degli abiti e dei grandi fazzolettoni delle delle donne di paese, specialmente dell'Italia del Sud, chiuse nel lutto stretto e perenne, che si nascondevano nell'ombra delle porte sui vicoli o delle finestre semichiuse.
Comunque un colore da donna matura: in tutti i ritratti della buona borghesia o piccola aristocrazia del nostro Ottocento vi sfido a trovare una ragazza giovane vestita di nero (se non per lutto).
Probabilmente sdoganato e reinventato da Coco Chanel, il nero fu scelto all'inizio del nuovo secolo per il famoso "tubino", la Petite robe noire, appunto, con l'intenzione di creare un abito adatto per qualunque occasione, che permettesse anche a donne nuove l'accesso ad eventi del bel mondo.
La popolarità del capo aumentò vertiginosamente dopo che Audrey Hepburn lo indossò in Colazione da Tiffany facendone un simbolo di classe alla portata anche di donne non di alto ceto sociale o francamente fuori ceto (il personaggio da lei interpretato, Holly, era infatti una prostituta).
Ma ancora pochi decenni fa io non ricordo affatto di aver mai visto mia madre vestita di nero, un colore destinato ad eventi molto formali, forse qualche prima a teatro o una gran sera, ma niente nero nel nostro quotidiano.
Soprattutto niente di nero per una ragazzina, come ero io allora.
Ad un certo punto, invece, il nero ha cominciato a dilagare.
Vi ricordate quando? A quale moda o a quale evento lo possiamo collegare? Forse al punk degli anni 80?
Fino a che, oggi, per molte donne è diventato simbolo di "esigenze" o aspirazioni spesso in totale antitesi tra loro: si veste di nero quella che vuole sentirsi sexy; quella che vuole sbandierare al mondo il suo essere "perbene" e a posto in ogni situazione; la modaiola; quella con complessi di peso (quante volte avete sentito dire e avete pensato che il nero "sfina"?); quella che non sapendo cosa mettere si sente protetta da un colore che non può fare discutere; quella che non vuole perdere tempo a pensare ad abbinamenti nel prepararsi un bagaglio da volo low cost.
Adesso abbiamo anche il nero in estate (cosa un tempo impensabile) e il nero ai matrimoni (questa è una cosa che io ancora non digerisco).
Bisogna ammettere, comunque, che un abito nero risolve tante situazioni e che può facilmente mimetizzarsi o cambiare con una scelta accurata di collane, sciarpe e stole colorate, scarpe, o qualsiasi altro accessorio.
Così come importante è anche la scelta del tessuto e del "punto" di nero: si fa presto infatti a dire nero. C'è il nero lucido e il nero polveroso, il nero quasi blu e il nero quasi rosso (dipende, in realtà, dal bagno di colore)......
Ma, secondo me, dipende soprattutto dall'umore e dallo spirito con cui si porta il nero. E, diciamoci la verità, con il nero più che con qualsiasi altro colore ci vuole davvero fantasia e carattere per non farsi schiacciare e dominare, per essere noi a indossare il nero e non il nero a "indossare" noi!
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