Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Una bella festa, quella di oggi, forse la mia preferita nel pacco-dono delle festività natalizie.
Perché meno stressante, meno condita di doveri e di rituali, meno commercializzata, meno carica di aspettative. E di conseguenza più facile che non si porti dietro delusioni, rimpianti e amarezze.
Le tipiche calze della Befana ormai le abbiamo abbandonate, una volta cresciuti i ragazzi. Ci riposiamo. Al limite facciamo una festa fra cugini. Poi una controllata alle agende perché da domani si riparte.
Una festa un po' in sordina, eppure una bella festa anche nel simbolo religioso della apertura alle genti, specie oggi, in epoca di grande migrazioni. I miei Re Magi del presepe sono da tempo immemorabile tutti e tre neri.
Frutto di un errore di mio padre, via via che si rompevano quelli originali (di cui solo il re sul dorso del cammello sopravvive), ma nel tempo ho letto questa casualità come un bell'insegnamento e non ho mai cercato di ripristinare l'ordine tradizionale del giovane re, del vecchio re e del re nero.
Oggi è il loro momento, oggi escono dalla carta velina, col loro seguito di animali esotici (più o meno raccogliticci) e, soprattutto, con il mio personaggio preferito del presepe, la donna mediorientale
Uno dei valori aggiunti del presepe italiano (napoletano, se vogliamo: anche se il mio se la sogna la ricchezza e la fantasia immaginifica dei presepi napoletani veri!) è proprio l'inserimento di questi personaggi anomali, rispetto alla storia tradizionale, che è scarna ed essenziale e non lascerebbe spazio a nient'altro che alla contemplazione del mistero.
Ma qui abbiamo tutti i corollari possibili, tutte le storie parallele, tutto lo spazio a costruire fiabe.
Da Benino (il pastorello addormentato); a Stefanino e Stefania (la madre mancata con la pietra che Gesù trasforma in bambino, il futuro Santo Stefano, non a caso martirizzato per via di lapidazione); alla lavandaia che lava le fasce del divin Bambino; ai vari artigiani, ambulanti, storpi e mendicanti.
Chissà chi era e cosa simboleggiava questa portatrice d'acqua, a cavallo di un modesto mulo, vestita all'orientale, con il velo da odalisca davanti al viso.
Mia madre ci raccontava una storia che magicamente ricollegava presepio e tradizione popolare, includendo anche la Befana nella storia sacra.
L'odalisca, di nome Epifania, sarebbe stata una donna nobile e bella del corteo regale dei Magi, che volle rimanere vicino alla Sacra Famiglia, conquistata dal Bambino, facendosi umile servitrice. Col viso coperto in omaggio al nascondimento e all'oscuramento della propria bellezza e della propria nobile origine. E che, in dono per la propria fedeltà, ricevette la possibilità di sopravvivere al tempo, ormai vecchia e brutta, per continuare a dispensare il dono, frutto della sua bontà, a tutti i bimbi: diventò quindi la Befana.
Nemmeno a dirlo l'odalisca diventava, attraverso il mistero e attraverso questa storia, il personaggio più affascinante del presepe.
Un dono che oggi io, da novella befana (ma mica tanto "novella".....), dedico a voi.
Buona Epifania, che tutte le feste se le porta via
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