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Il grido

Post n°700 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da odio_via_col_vento
 

 

Antoine Twan Stevens, The cry

 

Ieri sera pioveva fitto fitto, buio presto, un'atmosfera poco confortante, indubbiamente.
Tornavamo in auto; le solite difficoltà a trovare parcheggio; giriamo un po', su e giù intorno a casa a cercare se si libera qualcosa, sull'ora in cui chiudono i negozi.

C'è una figura scura, addossata al muro, vicino al nostro portone, un berretto, le mani in tasca, mal messo.
Mentre scendiamo dall'auto sentiamo che ogni tanto lancia un grido, non parole, solo un grido. Non sembra di dolore fisico; non sembra un richiamo. Solo un grido, come di animale.

I rari passanti scantonano, cercano di allargarsi passando, preferiscono camminare in mezzo alla pioggia, ma evitare di avvicinarsi.

Lì per lì mio marito mi dice: "Meno male sei con me" .
Poi vedo che si sofferma, guarda verso quel fagotto umano. Conosco quel suo soffermarsi, quel suo secondo pensiero.
Mi apre il portone, quasi mi sospinge dentro, mi dice: "Sali in casa. Io vado a vedere".

Salgo. TRE, uno dei figli mi apre e chiede:"Il babbo?"
"E' rimasto giù. C'era un tizio, non so, forse un barbone"
Ci guardiamo: sappiamo tutti e due bene cosa c'è nel cuore di lui.

Chiedo a TRE: "Ti affacci al balcone, ti dispiace? Dai un'occhiata giù?"
E lui:"Lascialo fare. Sa quello che fa".
Del resto anche TRE è esattamente come suo padre: almeno in questo. Nel cuore. 

Dopo un po' mio marito risale.
"Era un immigrato. Era solo disperato. Solo. Mi ha detto che in Marocco si era laureato in legge. Che aveva avuto questa idea di venire in Italia. Che la rimpiangeva ma non sapeva come fare a tornare via. Non ha voluto soldi, non ha voluto niente. Voleva solo parlare con qualcuno."

Dopo dieci minuti TRE è sceso anche lui: ma l'uomo non c'era più.

Non mi tolgo di mente quel grido da animale ferito. 
Non ha voluto nemmeno l'ombrello che mio marito voleva dargli. Niente.
Voleva solo un po' di solidarietà umana. In una notte buia e piovosa.
Qualcosa che non costa niente. Solo un briciolo di fiducia nel genere umano, un po' di forza per scendere dal nostro piedistallo, un po' di coraggio per credere che anche un gesto può fare la differenza.
 
Che solo mio marito, in tutta quella serata, ha trovato dentro di sé ed ha condiviso con l'altro.
Ora capite perché amo quest'uomo? 

 

 
Rispondi al commento:
magdalene57
magdalene57 il 21/01/14 alle 08:53 via WEB
Leggo che rifuggi qualsiasi merito. In realtà sei uguale a tuo marito, magari con modalità diverse, ma uguale. Mi ha stretto il cuore quello che hai raccontato, è bellissimo e vero. Quando parlavo di concretezza era di questo che parlavo. Crediamo che le persone vogliano sempre toglierci qualcosa, in realtà può capitare e spesso, ma succede anche che abbiano solo bisogno di sentirsi viste, di sentirsi vive. La disperazione di questi esseri è tangibile. Come la è quella dei tanti che non hanno più niente, ne un lavoro, ne una casa. Ne cibo. E se affogano nell'alcool non condanniamoli soltanto. Stordisce, ti fa sentire meno solo, ti da la forza di camminare fino all'alba, fino al prossimo bar, alla prossima bottiglia al caldo. E ti da la forza di urlare, di piangere senza vergognarti. E' doloroso quello che hai raccontato. Fa male.
 
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