Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Vittorio Matteo Corcos
Il povero Vittorio Matteo Corcos: non gli si fa un buon servizio ad ospitarne la retrospettiva a poche centinaia di metri dalla Cappella degli Scrovegni!
Stai in una mostra (molto bella, per altro, anche se priva di grandi novità), piena di quei bei ritratti del mondo appena passato, volti che potrebbero essere la tua galleria familiare; abiti e acconciature, particolari e curisità (come era bella Lina Cavlieri, davvero; e come era brutta Isadora Duncan). Ed è stato tutto un gioco a cercare somiglianze, a ricordare foto di famiglia, a chiedersi se quel certo dipinto avrebbe potuto stare in una certa parte della casa. Adoro queste mostre in compagnia, soprattutto quando si hanno riferimenti in comune, quando senti dire:
"Ho sbagliato epoca, avrei dovuto vivere allora"
"Quel quadro me lo prendo io, non provare nemmeno a rivendicarlo: l'ho visto prima io!"
"Certo che vestita così starebbe bene chiunque"
"Ma guarda come le vestivano queste povere bambine!"
E poi la meraviglia di fronte ai personaggi noti, i commenti su Carducci o Mascagni, le illazioni e il gioco al riconoscimento delle modelle o la meraviglia di fronte a paesaggi noti, per come erano un secolo e più fa.
Dopo un paio di sale ti sembra di sfogliare un album di famiglia.
E poi.
Poi c'è un'altra dimensione.
Entri in quel mondo blu e oro e capisci di essere in un'altra dimensione.
Lo stordimento della prima volta, sempre.
Nessun gioco, nessuna risata sommessa: i custodi, alla Cappella degli Scrovegni, non devono passare il tempo a richiamarti perché parli troppo o troppo ad alta voce.
Il silenzio: il silenzio e lo stupore.
Ogni volta.
Pazienza il freddo dell'attesa, i disagi, i filmati da scuola elementare che ti costringono a vedere prima.
Entri e dimentichi tutto.
Giotto, particolare della Cappella degli Scrovegni
Sì, molto probabilmente, nonostante gli anni a Parigi, Corcos un po' di accento livornese se lo era portato dietro.
Ma Giotto?
Cosa ti importa se Giotto parlava con inconfondibile accento fiorentino anche nella Padova nebbiosa di quell'inizio Trecento?
Giotto non ha bisogno di parlare, Giotto non deve rivelarci segreti della sua biografia, Giotto non ha bisogno di effetti speciali.
Giotto ti fa tacere e ti schiaccia. Sempre
E questo non è poco.
La differenza tra l'immanente e l'eterno.
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E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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